In Time: recensione del film di Andrew Niccol

Con In Time Andrew Niccol trasforma Justin TImberlake in un Robin Hood che ruba il tempo ai ricchi e lo dona ai poveri. Nel cast anche Amanda Seyfried.

Will Salas (Justin Timberlake) ha venticinque anni da 2 anni e resiste in un mondo in cui il tempo è denaro. In un futuro indeterminato, gli uomini e le donne sono fatti per raggiungere i venticinque anni e per vivere nell’affanno, consumandosi a guardare il proprio orologio biologico; tutti infatti hanno un “timer” sul braccio che segna secondi, mesi, anni che gli individui acquisiscono lavorando e rubando. Will, che abita con la madre sempre giovane, un giorno, salva la vita a un uomo “ricco di tempo” e come ricompensa riceve in cambio un “secolo”. Proprio da qui si muove In Time, il film di Andrew Niccol con Justin Timberlake e Amanda Seyfried.

In Time cinematographe.itIn Time: Andrew Niccol fa interpretare a Justin Timberlake un uomo “del futuro” in cui, come moneta di scambio, si usa il tempo

Il regista mostra un uomo che usa il tempo come merce di scambio, per pagare una cena, per comprare una macchina, per prendere un caffè. I minuti, le ore che si hanno impresse sul braccio scivolano inesorabilmente in un countdown inserito nell’avambraccio di ogni individuo, visibile sottopelle; è così che la vita decresce, il corpo implode e l’esistenza finisce. Per ottenere ciò di cui si ha bisogno, i nostri antenati usavano il baratto, noi ora usiamo il danaro, nello scenario immaginato da Niccol la “moneta” è proprio quel tempo che non si può solitamente comprare né vendere.

“Quanto tempo ti è rimasto?”
“Solo un giorno!”
“In un giorno si possono fare tante cose!”

Quando Will riceve in dono quegli anni, decide a sua volta di donarli perché a lui basta un giorno per fare tutto ciò che vuole e proprio per la forza e la caparbietà che lo contraddistinguono preferisce dibattersi per non morire cercando di “racimolare” qualche ora in più invece che tirare avanti per secoli. Nel film si racconta l’immortalità, o meglio, si pone al centro la storia di coloro che fanno di tutto per opporsi alla morte. Timberlake incarna un eroe che tenta l’impresa impossibile: lui, mortale, si ribella al suo destino. L’inquietudine febbrile e il suo vagare si scontrano con gli altri, gli immortali che si muovono quasi come degli automi, bloccati in una stanca flemma e in una inconsapevole noncuranza propria di chi non conosce il bene che ha. In Time prende le forme anche di un racconto sulla discriminazione, su una sorta di lotta proletaria nata da chi ha pochissimo verso chi ha tantissimo. Will insorge sia quando è nella palude sia quando ha il potere nelle sue mani – eppure lo condivide -, rivendica nella sua battaglia assieme alla compagna, l’autodeterminazione degli individui.

In Time cinematographe.itIn Time: Andrew Niccol racconta di un Robin Hood moderno

In Time è un discorso che riguarda anche l’ingiustizia sociale; il giovane proprio mentre sta facendo “del bene” – un bene che diventa motore per lui e che viene celebrato a ogni passo fino al finale -, dividendo e condividendo i “suoi anni”, viene indagato per la morte del ricco individuo. Quella vissuta da Will è un’esistenza infelice: dopo aver perso la madre, si vede incolpato di qualcosa che non ha commesso e dunque è ancora più convinto che l’unica cosa che lui può fare sia restituire alla società, malata e “disonesta”, un po’ di giustizia. Il destino vuole che Will incontri la bella Silvia Weis, interpretata da Amanda Seyfried, figlia di un magnate del tempo, che resterà a sua volta abbagliata dal ragazzo, così diverso da tutti quelli che ha incontrato nella sua giovane vita (lei ha 25 anni da tre). I due rappresentano mondi opposti: lui è povero, lei è ricca, lui vive in un sobborgo, lei nei quartieri alti.

Dal loro rapporto emerge ancora di più quanto sia disonesto questo luogo: le persone ricchissime potrebbero vivere per più di un millennio, mentre i poveri sono destinati a una morte veloce – come è accaduto alla madre di Will. Gli uomini e le donne rubano il tempo, lo “prestano”, si formano delle vere e proprie bande di ladri che cominciano a seminare terrore. Will e Silvia iniziano una “guerra” contro una filosofia, una legge del/sul tempo che li vede uniti come Bonnie e Clyde, in una fuga alla ricerca di ore, giorni utili per fare del bene. Il loro rapporto che all’inizio era nato come un “rapimento” si trasforma in una storia d’amore delle più passionali e vitali: Will si dona totalmente al mondo e così Silvia impara, di giorno in giorno, a vivere i sentimenti, a tramutare la sua vita di prima in vita vera tra le braccia di un Robin Hood moderno – che ruba il tempo ai ricchi per darlo ai poveri.

In Time cinematographe.itIn Time: è una storia che avrebbe potuto dare di più

Quello presentato allo spettatore da Andrew Niccol è un mondo futuribile in cui lo spazio è diviso in modo rigoroso, ricchi e poveri, dentro e fuori, uno spazio dove i confini sono talmente netti da separare drasticamente gli uni dagli altri. Niccol però non va fino in fondo nel suo intento, vuole fare molto ma si ferma un po’ prima del salto decisivo. Se In Time intrattiene bene lo spettatore soprattutto quando gioca con l’azione e con la nuova “moneta”, a venir meno è l’approfondimento dei personaggi. Will e Silvia restano più o meno uguali a se stessi, non hanno un loro arco; e i dialoghi tra i personaggi sono piuttosto poveri nonostante vari siano gli spunti interessanti su cui si sarebbe potuto lavorare. 

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.7