Il settimo sigillo: recensione del film di Ingmar Bergman

Un gioco a scacchi che tiene in sospeso la vita dei protagonisti de Il Settimo Sigillo. Nella pellicola di Ingmar Bergman le convinzioni e le ideologie vengono messe costantemente in discussione.

Il 1957 è l’anno de Il settimo sigillo, scritto e diretto da Ingmar Bergman e disponibile su Amazon Prime Video, che mette in primo piano un reduce dalle crociate, il cavaliere Antonius Block (Max von Sidow), che torna in patria trovandovi solo miseria. La Morte in persona (Bengt Ekerot) lo attende per una partita a scacchi, costringendo Antonius a mettere in dubbio il suo credo e la battaglia condotta in precedenza per dei valori che sfuggono al suo raziocinio. Tratto dalla pièce teatrale Pittura su Legno, che lo stesso Bergman aveva scritto nel 1955 per la sua compagnia, la pellicola si affida alle interpretazioni del cast d’insieme e ad un occhio navigato, capace di destrutturare dalla radice qualsiasi interprete in scena.

Il settimo sigillo: l’Apocalisse di Bergman

il settimo sigillo recensione - cinematographe.it

Quando l’agnello aprì il settimo sigillo, nel cielo si fece un silenzio di circa mezz’ora e vedi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono loro date sette trombe”. La frase, tratta dal Libro della Rivelazione dell’apostolo Giovanni, apre il film e ci introduce in una realtà percepibile ma anche sospesa nel tempo. La condizione di isolamento di un collettivo in balia degli eventi è un elemento centrale nell’impostazione dei toni di Bergman; la morte è in agguato e non conosce scappatoie. La figura sinistra e tenebrosa agisce indisturbata, pronta a mietere vittime sul suo cammino e dando poco spazio alla ragione.

Il settimo sigillo rielabora il trapasso e la consapevolezza di una vita dopo la morte, con una direzione attenta a disegnare dei personaggi umani pieni di dubbi, di insicurezze, dominati da un discutibile senso di appartenenza. Il crociato Antonius Block va incontro ad un gruppo di artisti di strada, che si interrogano sul futuro della loro specie: lo spunto è vincente per aumentare le possibilità che la Morte si ripresenti, con una durata ottimale per definire un arco completo e totalizzante. Non c’è spazio per risposte certe. L’antagonista qui ritratto costringe i deboli a domandarsi sugli obiettivi da porsi, sul credo religioso da sposare, sulle etichette buono – cattivo e sulle posizioni ricoperte in una gerarchia messa a soqquadro.

Il settimo sigillo: una partita a scacchi senza possibilità di ripresa

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Lo scontro contro la Morte è teso, ricco di linee di dialogo geniali che si soffermano sulla netta convinzione di un mondo ultraterreno da visualizzare. Antonius e il suo scudiero Jons (Gunnar Björnstrand) sono uomini colti che hanno fronteggiato diversi scontri politici e ideologici. La parola è un arma essenziale che può assumere molto più potere di una spada: se sfruttata nella maniera corretta, è capace di portare le persone a ragionare sotto la loro stessa ottica. La pellicola applica intelligentemente la stessa dinamica anche nell’iconica partita a scacchi con la Morte; Max von Sidow è una presenza possente, valorosa, convinta dei suoi ideali da proteggere.

L’immedesimazione è garantita con un attore così versatile, o perlomeno dovrebbe essere così; Bergman, in una direzione che non si lascia condizionare dai sentimentalismi, non cede di fronte al carisma di un personaggio positivo di assoluto rilievo, e lo mette alla prova con uno scontro ad armi pari contro un essere ambiguo, dotato anch’esso di una lingua tagliente. Concentrare gli sforzi sulla disamina di una morte sovrastante e imminente è un atto necessario per ripristinare gli equilibri di un mondo dominato dal caos. L’impostazione teatrale cede il passo alle immagini evocative, con un cineasta che ha già disposto le mosse sulla sua scacchiera. Distante da estetismi di maniera, Bergman rende il film pregevole e indimenticabile, un vero e proprio emblema della grandezza della tradizione cinematografica svedese della prima metà del novecento.

Il settimo sigillo: un comparto tecnico di prim’ordine e da valorizzare in ogni suo dettaglio

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Menzione a parte per la scenografia presentata, originale e sempre ben equilibrata: lande desolate vengono riempite da una serie di personalità in contrasto fra loro e da dialoghi pregnanti e solenni. L’intento è quello di creare attese cariche di tensioni, ben sciolte da un atto conclusivo di rara bellezza espressiva. Con Il Settimo Sigillo si può certamente parlare di effetto d’insieme: l’influenza suggestiva rilasciata va a manipolare una pagina storica del quattordicesimo secolo svedese, dando l’impressione di trovarsi di fronte ad uno specchio che riflette i drammi esistenziali e l’accecante sete di conoscenza di uomini destinati a perire.

Nella confezione perfetta nella composizione e nell’accentuazione di un bianco e nero d’impatto, Bergman conserva un valore meditativo da distribuire nei temi esposti: sono di nuovo da sottolineare il conflitto tra ragione e sentimento, preso tra l’idea della morte e la ricerca della felicità, e i piaceri carnali attribuiti ad una presenza demoniaca. Temi pronti ad ardere e riscaldare gli animi dei suoi protagonisti, ma trattenuti da una patina lucente, resa limpida da una luce sempre ben misurata. La cura tecnica della fotografia evidenzia espressioni confuse che compongono un mosaico di emozioni messe alla berlina dalla morte. Viene riprodotta un’atmosfera filmica irripetibile, ricca di contrasti impressionanti che ipnotizzano e seducono lo spettatore.

Regia - 5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 5
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.5