Il Fondamentalista Riluttante: recensione del film di Mira Nair

Pochi film hanno la stessa potenza de Il Fondamentalista Riluttante, diretto dall’esperta regista indiana Mira Nair (Kamasutra, La Fiera della Vanità, Amelia e New York i Love U) del 2012 e tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore britannico di origini pakistane Mohsin Hamid.

Non sono infatti molte le opere cinematografiche che ci hanno parlato in modo così efficace della reale distanza, della mancanza di comprensione che esiste tra Oriente e Occidente, di quanto non vi sia in tutti noi sovente non la volontà di andare oltre queste differenze ma anzi, di sottolinearle, di renderle ancora più evidenti. Questo innegabile dato di fatto ha naturalmente una data di nascita a noi tutti nota: 11 settembre 2001.

Il Fondamentalista Riluttante: la distanza tra Oriente e Occidente

Possiamo anche negarlo, ma è indubbio che da quel giorno, complici gli sviluppi geopolitici a tutti tristemente noti, il concetto di melting pot è stato visto da sempre più persone come una chimera, se non come un pericolo, un insulto quasi. Da questo punto di vista Il Fondamentalista Riluttante è l’apogeo della filmografia di una regista che come poche altre si è concentrata sulle tematiche del razzismo, dell’intolleranza, dell’ipocrisia, della distanza culturale.

In particolare Nari si è sempre focalizzata nel suo percorso artistico sui problemi delle “seconde generazioni”, i figli degli stranieri nati in paesi occidentali ma divisi nella loro identità tra il sistema culturale della comunità di origine e quello del paese in cui crescono.

Per chi se li fosse persi vi consigliamo Mississipi Masala, The Perez Family e Words with Gods, che sono fortemente collegati a Il Fondamentalista Riluttante.

Il film ha come protagonista l’ex analista finanziario Changez Khan (Riz Ahmed), che ora è professore a Lahore, nel suo Pakistan, dove incoraggia gli studenti universitari a protestare per la mancanza di diritti. Khan incontra il giornalista (e agente CIA sotto copertura) Bobby Lincoln (Liev Schreiber) che vuole intervistarlo, per cercare di capire quanto sia coinvolto nel recente rapimento di un altro professore a Lahore, Anse Rainer (Gary Richardson). I rapitori hanno infatti pubblicato un video nel quale chiedono il rilascio di 690 detenuti da un campo di prigionia e il pagamento di 700000 dollari, da destinare ai bambini del Waziristan. Se le loro richieste non verranno esaudite, i rapitori minacciano di uccide Rainer.

Fin dall’inizio dell’intervista, Khan stupisce Lincoln, dichiarando la propria ammirazione per il sistema formativo americano e per l’eguaglianza insita nella cultura della libertà americana, narrando al suo ospite di quanto rimpianga i tempi dell’Università a Princeton, quando era circondato da giovani di nazioni e culture diverse.

Lincoln lo sente rievocare la sua passata vita negli States, il successo economico e professionale all’interno di una azienda di consulenza finanziaria di fama mondiale: la Underwood Samson. Qui diventa in poco tempo il braccio destro del suo manager, il perfezionista, determinato e carismatico Jim Cross (Kiefer Sutherland).

Di pari passo con la sua carriera, anche la sua vita sentimentale va a gonfie vele, infatti incontra la bella fotografa Erica (Kate Hudson), con cui comincia una relazione.

Il Fondamentalista Riluttante: essere fuori posto, né occidentale né orientale, ma una mal riuscita via di mezzo…

A turbare il tutto arriva l’11 settembre, a causa del quale in breve tempo Khan si trova circondato da astio, intolleranza e pregiudizi, tanto nella vita quotidiana che in quella privata. In ufficio i colleghi lo trattano con astio, il fidanzamento con Erica va a monte a causa di incomprensioni e della sensazione che accompagna Khan senza mai lasciarlo: l’essere fuori posto, né occidentale né orientale, ma una mal riuscita via di mezzo.

In breve tempo, quasi in reazione a tutte le ingiustificate angherie sofferte, Khan (anche grazie alla famiglia) si riavvicina alla cultura del suo paese, ne diventa orgoglioso e decide di allontanarsi dal materialistico e cinico mondo dove ha vissuto e lavorato fino a quel momento. Non vuole più essere complice dell’ipocrisia degli americani, della loro mancanza di umanità, ma allo stesso tempo rigetta le offerte a diventare un crociato del fondamentalismo. Dal suo punto di vista entrambe le posizioni sono radicali, orrende e disumane.

In un finale rocambolesco, Lincoln scoprirà quanto la chiusura mentale, la mancanza di indipendenza nel giudizio e di spirito critico, siano i veri nemici di quell’America che non è così innocente come vuole far credere.

Pochi film hanno reso così efficacemente il concetto di emarginazione avvenuta in America immediatamente dopo gli attacchi dell’11 settembre e ciò fa de ll Fondamentalista Riluttante una delle opere più innovative, genuine e originali in materia.

Il film sviluppa in modo perfetto tutte le tematiche presenti nel libro di Hamid, donandoci la visione di cosa abbia voluto dire vivere nella società americana prima e dopo gli eventi di New York, vedendo i propri amici, conoscenti e colleghi cambiare nel giro di pochissimo tempo atteggiamento e comportamento.

Riz Ahmed, rapper ed attore di grande talento, è semplicemente perfetto nella parte del protagonista, riuscendo ad essere convincente in ogni secondo, donandoci un performance di altissimo livello.

Il suo Khan attraversa un percorso di presa di coscienza e  di superamento delle difficoltà di enorme complessità, e pochi altri attori avrebbero saputo rendere il tutto così verosimile e credibile. La palma di miglior attore se la gioca con uno straordinario Kiefer Sutherland, che con il suo Jim Cross è in tutto e per tutto prima mentore e poi alter ego del protagonista, simbolo di quell’individualismo sfrenato all american che a un tempo ci disgusta e ci affascina. Kate Hudson, quando non recita nelle solite commedie romantiche da quattro soldi, e si cimenta con ruoli così impegnativi, mostra doti e qualità di grande raffinatezza.

La sua Erica è forse il personaggio più originale del film, dal momento che è il simbolo di quella parte di società occidentale che si autodefinisce “aperta” e “tollerante” salvo poi rivelarsi totalmente autoreferenziale ed incapace di una reale empatia con una cultura differente.

Chi invece delude è Schreiber, penalizzato da una sceneggiatura che fa del suo personaggio un semplice spettatore e non quella controparte furiosa, chiusa, spaventata e priva di raziocinio che forse avrebbe avuto una maggiori incisività. Ottima invece la prova di Om Puri nei panni del padre di Khan, così come di Shabana Azmi in quelli della madre.

Bellissima è sicuramente la fotografia di Declan Quinn, lo stesso di Via da Las Vegas, Breakfast on Pluto e Being Flynn.

Anche in Il Fondamentalista Riluttante Quinn si dimostra abilissimo nel guidare il nostro cammino dentro un complesso sistema di luci, ombre, alternando le tonalità calde e dorate che sublimano le ambientazioni pakistane (sia interne che esterne) o quelle più connesse ad atmosfere informali e affettive. Viceversa le tonalità più fredde e oscure sono utilizzate per connettere lo spettatore con gli ambienti lavorativi e con i momenti più inquietanti o gravi del film.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.7