Il discorso perfetto: recensione del film di Laurent Tirard
Una commedia profonda e divertente che vede il protagonista Adrien alle prese con una pausa di riflessione, una cena a casa dei genitori e un discorso da preparare che lo spinge a riflettere sulla sua esistenza.
Non abbiamo nessun controllo sulla nostra vita, come quel musicista rock che si suicida per rimanere nella leggenda lo stesso giorno dell’assassinio di John Lennon… ça va sans dire… Inizia con questa eloquente immagine Il discorso perfetto di Adrien (Benjamin Lavernhe) protagonista del film di Laurent Tirard, in uscita il 10 febbraio 2022 distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection.
Come è capitato a molti di noi il controllo sulla nostra vita lo abbiamo perso quando la nostra presunta dolce metà ci ha chiesto una pausa e anche Adrien si sente dire questa temibile, inascoltabile piccola parola dalla sua fidanzata Sonia (Sara Giraudeau) che non gli dà troppe spiegazioni. Dopo 38 giorni di alternanza di depressione, rabbia, speranza e disperazione Adrien decide di fare il primo passo e di mandarle un messaggio la stessa sera di una noiosa cena a casa dei suoi genitori (Francois Morel, Guilaine Londez) con la sorella Sophie (Julia Piaton) e il cognato (Kyan Khojandi). Qui gli viene chiesto di fare un discorso all’imminente matrimonio della sorella, una proposta che getta Adrien nel panico ma che lo spinge a riflettere sulla sua vita, sul rapporto con i suoi cari e su quello con Sonia che tarda a rispondere al suo messaggio.
Il discorso perfetto – Una commedia brillante che analizza la vita e l’amore
In Il discorso perfetto Laurent Tirard ci dice chiaramente che non sono solo le donne a farsi mille viaggi mentali quando sono innamorate, come spesso è stato mostrato in tante commedie romantiche, e lo fa in una maniera brillante e divertente, abbattendo la quarta parete e lasciando che Adrien si sfoghi con il pubblico come farebbe con degli amici: si illude che Sonia non risponda solo per degli improbabili e comici impedimenti, e giustifica sé stesso se nel frattempo le manda un altro paio di messaggi. La speranza lascia presto il posto alla disillusione e alla convinzione che Sonia sia in quel momento con un altro, un certo Romain, il cliché del musicista tenebroso e irresistibile per qualsiasi donna. Tra scenari probabili e surreali, tra sketch e situazioni grottesche, Adrien viviseziona la sua storia d’amore e la sua esistenza analizzando i momenti cruciali della sua infanzia, le manie e le idiosincrasie sue e della sua famiglia, i traumi incancellabili.
In digressioni accattivanti, “figlie” del cult Il favoloso mondo di Amélie, e tanti fermoimmagine nei quali Adrien si muove libero e finalmente senza filtri mentre gli altri sono immobili, il protagonista dà sfogo alle sue considerazioni, a quello che non riesce a confessare da sempre a sua sorella o ai suoi genitori, dando spazio non solo al cinico sarcasmo e all’autoironia che lo caratterizza ma anche a momenti di profonda riflessione e di commozione che riguardano soprattutto il rapporto con la sorella, e a quelli più teneri, felici e folli con Sonia.
Un flusso di coscienza che parla a tutti noi
Un flusso di coscienza trascinante che parla ad ognuno di noi, alle nostre paure e paranoie, alle nostre fragilità. Alla ricerca del discorso perfetto Adrien, il prototipo dell’uomo imbranato, ansioso, ipocondriaco, spaventato dal pensiero di non avere il controllo sulla sua vita e sulla storia d’amore (paure che caratterizzano un po’ tutti), fa una profonda autoanalisi con un monologo che minuto dopo minuto assomiglia sempre di più a una seduta di psicoterapia dalla quale in ogni caso si può solo uscire migliorati sia per Adrien che per il pubblico.