I Figli del Mare: recensione dell’anime di Ayumu Watanabe

Tra le opere cinematografiche più suggestive degli ultimi anni, I Figli del Mare è un dipinto che prende vita davanti i nostri occhi. Un'esperienza davvero memorabile e per certi versi spiazzante.

I Figli del Mare, scritto e diretto da Ayumu Watanabe e tratto dall’omonimo manga di Daisuke Igarashi, non gode di una narrazione lineare e chiara per lunghi tratti di durata. Una premessa fondamentale per avvertirvi di quanto il titolo sia una visione impegnativa e distante dagli standard a cui siamo abituati. Molti pezzi del puzzle si scompongono in fase di sviluppo senza mai ritrovarsi: un’operazione voluta per disorientare lo spettatore e metterlo in condizioni critiche. Il viaggio intrapreso dal personaggio principale è il cuore dell’intera produzione, una linea guida a cui serve aggrapparsi per stabilire un ordine e un senso a cosa si sta visionando. Distribuito da Nexo Digital e Dynit s.r.l, I Figli del Mare verrà proiettato dal 2 al 4 Dicembre nelle nostre sale grazie a Nexo Digital. Un’occasione davvero imperdibile per scoprire un lungometraggio animato fuori dal comune.

I Figli del Mare: un’ improvvisa crescita della protagonista nel film di Ayumu Watanabe

i figli del mare cinematographe.it

Ruka, una liceale ribelle, non si attiene alle regole della scuola che frequenta. Per l’intera durata delle vacanze estive viene esclusa dalle attività principali dell’istituto e la noia prende il sopravvento. Improvvisamente farà uno strano incontro con Umi e Sora, due ragazzi dalle sembianze apparentemente umane ma cresciuti in segreto da studiosi e ricercatori marini. Ruka e gli adulti che seguono questo caso straordinario si troveranno, loro malgrado, a far parte di un complesso ingranaggio più grande di loro. Nel frattempo, un’anomalia mai vista prima sconvolgerà gli equilibri dell’universo che siamo abituati a conoscere.

Viene presentata una trama che non segue nessuno schema predefinito: coloro che visionano l’opera di Watanabe vengono immersi in un mondo totalmente distante da teorie appurate e formule scientifiche approvate. Un richiamo nelle profondità marine attirerà l’attenzione di tutti i pesci e dei ragazzi protagonisti, un avvertimento da seguire nell’istante in cui viene azionato un meccanismo fuori scala, imponente e degno di essere trasposto al cinema. Ruka, Umi e Sora non saranno in grado di prendere il controllo di un evento mai avvenuto prima.

I Figli del Mare: il mare al centro della nostra esistenza nel film di Ayumu Watanabe

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Il mare viene considerato come assoluto protagonista della trama esposta: una forza inarrestabile che modifica e sconvolge lo spazio e il tempo del nostro piano terreno. Una prima parte ricolma di interrogativi viene risolta con un biglietto di sola andata per un viaggio introspettivo allucinato, colorato, dalla quale fuoriescono simboli che richiamano all’unione fra carne e paesaggi celestiali. Una fecondazione assistita con dei passaggi chiave e da rispettare alla lettera; questo è il culmine di una storia sensazionale, mai chiara negli intenti ma totalmente libera da costrizioni, imposizioni e tagli netti in fase di montaggio.

Un progetto affidato allo Studio 4C della trilogia di Berserk e musicato dall’illustre compositore Joe Hisaishi (La Principessa Mononoke, Si Alza il Vento, La Storia della Principessa Splendente), I Figli Del Mare si affida ad un sodalizio perfettamente ricreato fra note leggiadre e apparato visivo di struggente bellezza. La sceneggiatura lascia spazi vuoti e liberamente interpretabili, ma al suo posto prende posizione una mano sicura e coadiuvata da un team di specialisti, dediti alla creazione di un intero universo sotto il livello del mare. La grafica risulta maestosa, affiancata da effetti speciali 3D ottimamente integrati nei fondali, a tal punto da non riconoscere cosa è effettivamente disegnato e cosa invece è stato partorito dal computer.

I Figli del Mare: una conclusione degna del cinema di Stanley Kubrick nel film di Ayumu Watanabe

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La grandiosità del film sta in una chiave interpretativa non definita, ma focalizzata sulla crescita spirituale di Ruka. Con in mano il destino del mondo ed esplorando i fondali marini, la giovane protagonista verrà inghiottita in un trip estraneo ad una visione obiettiva della realtà così come la conosciamo: pesci utilizzati come messaggeri di una morale contenuta in un elemento purificatore, l’acqua che rischiara lo spirito, ragazzi pronti a sacrificarsi per servire l’abisso. La chiarezza d’esposizione non è contemplata; il regista Ayumu Watanabe conduce l’uomo in una dimensione magica, un punto di congiunzione fra mare e spazio profondo. I Figli del Mare può certamente essere definito come un’estensione di 2001: Odissea Nello Spazio di kubrickiana memoria.

Una prima visione non può bastare, nella maniera più assoluta. La richiesta stabilita dal team artistico e tecnico è quella di immedesimarsi completamente con la protagonista Ruka e col cammino intrapreso per ampliare gli orizzonti, scavalcare i confini che separano la terra e il cielo. La scelta di confondere e lasciare sbigottiti la maggior parte del pubblico sembra voluta e non bisogna stupirsi se verso la fine del film non vi è una possibilità concreta di definire gli atti e lo svolgimento disteso lungo la narrazione. Rimane solo una sensazione molto forte e percepibile: quella di aver assistito ad una delle pellicole più dense di significati e complicate degli ultimi anni, nonché graficamente tra le più eccelse e creative di sempre.

Regia - 5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 5
Recitazione - 4
Sonoro - 5
Emozione - 5

4.8