Home Education – Le regole del male: recensione dell’esordio di Andrea Niada

Il film, scritto e diretto dall'esordiente Andrea Niada, è un horror fortemente derivativo che gioca in maniera irresistibile sull'ambiguità.

Home Education – Le regole del male è il film scritto e diretto da Andrea Niada che esordisce sul grande schermo dopo la realizzazione di tre cortometraggi. Non a caso proprio questo film, prodotto da BlackBox Multimedia, Indiana Production e Warner Bros. Entertainment e al cinema dal 30 novembre 2023, rappresenta un’espansione del cortometraggio di laurea dell’autore, già ampiamente apprezzato e mostrato in diversi festival internazionali.

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Home Education – Le regole del male è un racconto che gioca sottilmente tra realtà e finzione, partendo da una tematica forte e attuale che è quella dell’educazione familiare. Un film che non nasconde le sue influenze (che vanno inevitabilmente a soffocare la sua originalità) e che, soprattutto nella parte finale, rivela il suo animo più derivativo.

Home Education – Le regole del male: distorcere la quotidianità

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Fin dalle prime battute di Home Education – Le regole del male, lo spettatore viene portato a conoscere la folle e instabile famiglia protagonista: la giovane Rachel (Lydia Page) viene educata a casa dalla severa e inflessibile madre, Carol (Julia Ormond), mentre il padre è morto (probabilmente per via di una malattia) e giace nella sua stanza da letto, in attesa di un possibile risveglio. Tale aspetto macabro, rivelato quasi subito nella storia – e che magari poteva diventare un colpo di scena più tardivo – è inquietante non tanto per quello che rappresenta a livello scenico, ma per quello che incarna a livello profondo. La possibile resurrezione del padre è considerata come una possibilità fattibile e quasi certa, trasformando tutto il contorno filmico in un quadro quotidiano che mette i brividi.

Nel distorcere completamente un contesto normale, Niada coinvolge a più riprese lo spettatore, immergendolo in una storia lineare che però vive di ripetizioni, suggestioni e conflittualità narrative. Se però la quotidianità, la famiglia e l’educazione sono apparentemente i perni fondanti della trama, c’è tutt’altro scenario che si dipana sottilmente all’interno del film che però è giostrato in maniera diversa, perché frutto di continue e incessanti ambiguità. Ci riferiamo, chiaramente, al tema dell’aldilà che è approfondito più volte nel corso del lungometraggio e che inserisce il progetto nella dimensione orrorifica. La particolarità, però, risiede nell’enigmatica veicolazione di questo argomento che in alcuni passaggi sfiora la realtà, mentre in altri oltrepassa i confini, finendo nel territorio inesplorato del soprannaturale.

Home Education – Le regole del male, nonostante prova in tutti i modi a differenziarsi, cercando di sviscerare le varie tematiche in maniera alternativa rispetto al solito, inevitabilmente ricade, più di una volta, in alcuni automatismi e riferimenti fin troppo espliciti ad altri prodotti del medesimo genere. Se ad esempio la citazione d’apertura a Shining di Stanley Kubrick è apprezzabile e anche ben contestualizzata, altri passaggi della pellicola sembra essere semplicemente il risultato di troppe suggestioni cinematografiche che sono state prese di peso anche senza rielaborazione. Proprio per tale motivo, il film non riesce sempre a mantenersi originale sul piano artistico e creativo, oscillando tra il già visto e qualche spunto narrativo e di background che invece cattura l’attenzione, trascinando con forza la sceneggiatura.

A livello registico, Andrea Niada confeziona un buon bilanciamento tra sequenze estremamente enigmatiche e criptiche (riconducibili ad un horror psicologico) ed altre più esplicite che invece ricadono nel filone degli slasher più tradizionali. Proprio quest’ultimo aspetto della regia è forse il più debole perché sopraggiunge nella parte finale in maniera decisamente affrettata, con un’accelerazione improvvisa di ritmo che sembra non appartenere al progetto. Fino a quel momento, infatti, la costruzione del background soprannaturale prosegue in modo compassato e dilatato e un cambio così repentino, per quanto necessario, altera per certi versi il potere della scoperta e dell’ignoto.

Home Education – Le regole del male: una mitologia semplice ed efficace che rimane troppo distante

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Nonostante questo, la regia, all’interno di Home Education – Le regole del male, trova dei momenti particolarmente ispirati, specialmente quando mette in risalto l’unica e suggestiva location della storia, ovvero il Parco Nazionale della Sila, in Calabria. Questa oasi naturalistica di rara bellezza, con i suoi boschi incontaminati e la sua natura selvaggia e brulla rappresenta il luogo perfetto dove ambientare un racconto così visceralmente legata da un lato al mistero, dall’altro alla solitudine. La camera insiste più volte nel tratteggiare, con lunghe panoramiche, la vastità e l’oscurità della foresta, sfruttando, al contrario, anche inquadrature più strette e claustrofobiche per evocare, invece, il senso di isolamento derivato dall’abitazione in cui vivono Rachel e Carol.

Tornando invece al tema soprannaturale, è importante descriverlo anche sul piano registico. Ebbene, anche se ci sono dei passaggi della cinepresa volutamente fuori fuoco che portano su schermo scenari di un altro mondo, sembra che questa componente metafisica non riesca a prendere piede nel modo giusto per via di un gestione troppo ermetica dell’argomento. Per quanto l’ambiguità di cui vi parlavamo prima è sempre ben accetta, specialmente perché implicitamente genera un interessante dibattitto tra gli spettatori, crea ancora più confusione nel momento in cui la mitologia del lungometraggio rimane troppo evanescente.

Detto questo, va sicuramente sottolineato che, nonostante qualche scivolone, Home Education – Le regole del male riesce perfettamente a tenere alta la tensione, anche grazie alla costruzione di un’atmosfera spaventosa e opprimente, nonostante la presenza di jump scare sia veramente ridotta all’osso. A giocare un ruolo fondamentale, in questo caso, ci pensa la colonna sonora, che alterna attimi di silenzio con distorsioni fastidiose ed inquietanti. I momenti di vuoto, però, sono riempiti da un suono tombale che è quello del particolare flauto d’osso che suona la protagonista: in quello stridore infernale è racchiusa tutta la potenza ansiogena del film.

In ultima istanza, inoltre, è importante riconoscere anche l’ottimo lavoro del cast della pellicola con due nomi in particolare che spiccano, ovvero quelli di Lydia Page (Blue Jean, The Larkins) e Rocco Fasano (Noi anni luce, Paese che vai), rispettivamente nei panni di Rachel e Dan. Se la prima riesce efficacemente a costruire un personaggio al limite che si lascia influenzare pesantemente dagli altri ma che rivela delle doti nascoste l’altro, nonostante si veda poco sullo schermo, riempie la scena con una performance diretta e significativa, nonostante il contorno di Dan sia forse un pochino troppo stereotipato.

Home Education – Le regole del male: valutazione e conclusione

Lydia Page e Rocco Fasano - Cinematographe

Una regia citazionista che valorizza l’ambientazione, una sceneggiatura lineare che approfondisce poco la tematica soprannaturale, una fotografia spenta, una recitazione di buon livello, un sonoro che punta alla suggestione tramite suoni naturali, un’ambiguità continua che spinge gli spettatori ad andare avanti. In conclusione un esordio sicuramente dignitoso che però soffre di troppe ispirazioni e poca originalità.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.1