Ho visto un re: recensione del film di Giorgia Farina

Non è un film perfetto, ma risulta godibile per tutta la famiglia!

Ho visto un re, quarto film di Giorgia Farina, dopo Amiche da morire, Ho ucciso Napoleone e Guida romantica a posti perduti, è una favola storica ambientata in Italia negli anni ’30. Con protagonista il giovanissimo esordiente Marco Fiore, Ho visto un re è la potenza dell’immaginazione che può sovvertire la realtà, un film che racconta di rapporti inaspettati, degli anni che precedono la Seconda Guerra Mondiale e che racchiude tutte le tematiche nelle diverse figure che vivono in una piccola comunità del Lazio e che sono ognuno, differentemente, serve del regime. Tutti meno il piccolo Emilio. Con nel cast anche Edoardo Pesce, Sara Serraiocco, Gabriel Gougsa, Blu Yoshimi, Lino Musella, Gaetano Bruno, insieme a molti altri, il film è prodotto dalla Stemal Entertainment con Rai Cinema, in collaborazione con Les Films d’Ici e basato su una storia vera. Ho visto un re arriva in sala il 30 aprile 2025.

Ho visto un re e quel piccolo mondo dove si può vivere solo da bambini

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Nell’Italia fascista del 1936, nella località di Roccasecca, in provincia di Frosinone, vive il piccolo Emilio con la sua famiglia, il padre, Podestà, la madre, aspirante pittrice e lo zio Gabriel, che sembra avere idee anti-fasciste e che incoraggia la mente fantasiosa di Emilio. Il bambino è appassionato dai racconti di Sandokan che nella fitta foresta pluviale della Malesia combatte contro il colonialismo britannico. Parallelismo con la guerra in Etiopia e la campagna coloniale intrapresa nel ’35 dal regime. Per la fervida immaginazione di Emilio, che ama creare e vivere nel suo mondo irreale che arricchisce con inventiva e ingegno, Sandokan è l’eroe per eccellenza, incrollabile, deciso, puro e privo di dubbi. Proprio come appare Abraham Imirrù, principe africano confinato nella voliera del giardino di casa di Emilio. Razzismo, xenofobia, ostilità e smania di violenza dilagano non solo nelle menti e nelle intenzioni dei cittadini, ma soprattutto nei compagni di scuola di Emilio, nel padre e nella sua insegnante, tutti oppressi e accecati dall’ideologia e dalla propaganda fascista.

A contrapporsi a un odio verso il “diverso”, verso l’altro e alle imposizioni del regime l’innocenza dell’infanzia. Non ancora corrotta da pregiudizi che oltre che dell’età adulta, in Ho visto un re fanno anche parte del governo dittatoriale di quel periodo. Per Emilio Imirrù è la raffigurazione di Sandokan, il ritratto di un re, di un combattente valoroso, del suo eroe. La relazione tra i due personaggi funge da dispositivo narrativo per parlare di discriminazione razziale, nazionalismo e intolleranza verso tutto ciò che non si comprende. Ho visto un re è una favola moderna e politica che costruisce con verosimiglianza tutti i personaggi che nel corso del film scopriranno in Imirrù una persona da salvare e non un nemico e che cominceranno a dubitare di tutte quelle norme e quegli obblighi del regime. Mentre tutti i fedeli seguaci del fascismo appaiono ridicoli, caricaturali e grotteschi, veicoli di ilarità e di un’amara ironia storica. Ho visto un re riesce così a far sorridere, ma alla fluidità di alcuni momenti, ogni tanto si avvertono dei cali di ritmo.

Qualche imperfezione che non influenza eccessivamente la riuscita di un film per tutta la famiglia

Ho visto un re

Giorgia Farina affronta comunque con leggerezza e sensibilità temi delicati come quelli del colonialismo, dell’identità, dell’odio razziale e della forza ammaliatrice e persuasiva del fascismo, senza mai dimenticare la linea di racconto. Evita di enfatizzare su un messaggio di denuncia, su un resoconto storico e su un politicamente corretto che forse ogni tanto si evince come assente. E questo si apprezza. Ben inserite le incursioni animate che disegnano il mondo di Emilio, ciò che accade nella sua personalità sognatrice, nell’inclinazione per evadere da tutto ciò che non gli appartiene. Per distorcere una realtà che neanche si chiede se condivide o no, ma per il quale è innegabile il suo disinteresse, la sua lontananza e il suo disaccordo. Tematiche dure e crude descritte ed esposte con un’atmosfera surreale, favolistica e che evoca tutto lo stupore, la meraviglia, l’ingenuità e la spontaneità propria dell’infanzia. L’effetto emotivo non arriva forse al cuore, ma il film intrattiene e trasmette tutto ciò che intendeva raccontare, dando alla storia una doppia anima: un contrasto che abbraccia anche la tecnica espressiva. 

Ho visto un re: valutazione e conclusione

Ho visto un re

Con una messa in scena semplice ed essenziale, credibile e opportuna più nelle ambientazioni naturalistiche, delle campagna laziali e meno negli interni, negli edifici, e nell’assetto urbano del tempo, Giorgia Farina racconta, con chiarezza e genuinità narrativa, la crescita di un bambino nell’era fascista, dove lui è, in contraddizione ad essa, tramite e simbolo del concetto di umanità, condivisione e desiderio di conoscenza. Le tinte calde e dorate, date dalla vena artistica di alcune figure: l’interesse per l’arte della madre e per la musica dello zio, dimostrano come tutta la vicenda e qualsiasi brutalità presente sia sempre vista dagli occhi di Emilio, un bambino che non conosce il male, mosso dalla curiosità e da tutto ciò che è inconsueto e insolito, e non da ciò che gli vorrebbero insegnare a essere. Ho visto un re è un film godibile, non perfetto né sempre accurato nella scrittura e con una recitazione che preferisce il tono stravagante per le figure negative, alle quali vengono aggiunte pennellate di attinenza alla realtà e credibilità man mano che sviluppano una propria coscienza, un proprio modo di pensare, distaccandosi da quello più comune, che è ordinato e comandato.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.8