Heart of the Sea – Le Origini di Moby Dick: recensione

Nessuno nel 1820 avrebbe immaginato che un giovane dalla promettente penna di nome Herman Melville sarebbe arrivato a scrivere quella che Nathaniel Hawthorne definì  “un’opera dalla grandezza simile a quella di Omero”. Parliamo di Moby Dick, il romanzo pubblicato dallo stesso Melville nel 1851 contenente la più grande storia del mare che si possa ricordare all’interno di tutta la letteratura americana, un’opera dal carattere forte e maturo, dove la vita e la sopravvivenza degli uomini è messa contro la furia vendicativa degli abissi aventi il volto di un’elefantiaca balena bianca. Nel suo tempo l’opera fu accolta molto freddamente e Melville sottolineò in una lettera all’amico Hawthorne che il protagonista del romanzo era il male, ossia la bramosia e la cupidigia umana nella continua sopraffazione contro madre natura.

Il racconto di Melville non è semplicemente un romanzo d’avventura, è una storia, una digressione sul bene e sul male, vuole essere qualcosa davvero fuori dagli schemi tradizionali narrativi: il contenuto enciclopedico e allo stesso tempo fortemente digressivo richiede una lettura accompagnata dall’interpretazione, in quanto l’autore utilizza un gran numero di citazioni tratte da storie epiche, shakespeariane, bibliche, che rendono lo stesso Melville quasi un precursore del modernismo, come quello in particolare di James Joyce.

L’idea in sé di Melville però aveva delle fondamenta ben radicate in una cruda e feroce realtà, quella della caccia alla balena, animale usato per trarne olio, prezioso per l’illuminazione. In questo contesto di assoluta fisicità si inserisce Heart of the Sea – Le Origini di Moby Dick diretto da Ron Howard, in uscita al cinema a partire dal 3 Dicembre, con il cast “capitanato” dal Thor di Avengers: Chris Hemsworth. Il film vuole raccontare non l’epopea del capitano Achab, ma vuole spiegare come Melville sia giunto ad una storia fantastica attraverso un racconto reale e veritiero, fatto di uomini, coraggio e intraprendenza.
Tutto ha inizio con un giovane Melville che bussa alla porta di un anziano signore di nome Thomas Nickerson chiedendogli, quasi implorandolo, di raccontargli una delle più grandi storie del mare di ogni tempo. Nickerson, dapprima diffidente, poi inizia una lunga divagazione, partendo da come il mondo dipendesse in maniera quasi vitale dall’olio di balena e da come la vita di alcune città era scandita dalla partenza di enormi baleniere con sopra uomini e speranze di un tempo ormai passato. La nave baleniera Essex, comandata dal capitano Pollard e dal primo ufficiale Owen Chase, intraprende un lungo viaggio verso l’America Meridionale in cerca del prezioso olio, sperando in una fruttuosa mattanza. L’avidità e la bramosia dell’inesperto capitano sottoporrà l’equipaggio a un intenso sforzo per la sopravvivenza, attraverso tempeste e pericoli del mare, fino al palesarsi del mostro. Un’incredibile balena bianca, dall’animo quasi umano, sarà lo spartiacque storico del viaggio dai caratteri catartici. Il naufragio costerà diverse vite e metterà sotto esame ogni singolo uomo, ogni singola situazione. Riuscirà l’equipaggio dell’Essex a sopravvivere al mostro marino e, soprattutto, cosa troverà realmente alla fine del percorso (perché di tale si può parlare)?

Heart of the Sea –  Moby Dick è nientemeno che l’uomo lupo per l’uomo

Heart of the Sea – Le Origini di Moby Dick

Costruito su un’apparato tecnico maestoso fatto di incredibili effetti speciali, il film non si ferma solamente alla fantasticheria e al crudo stupore scenico ma va anche oltre. Se la computer grafica fa miracoli e le riprese, iniziate nel settembre 2013 a Londra e negli Studi Leavesden di Hertfordshire e proseguite alle Canarie sono impressionanti, dall’altro lato della medaglia, al disfarsi di cotanto fasto scenico ecco palesarsi la possanza artistica e culturale di Ron Howard, un regista che ci ha da sempre abituato a film dove l’action potesse essere l’amante perfetto del furor narrativo. Ed è proprio questo furor a muovere le vicende di una storia ricca, nobilmente intarsiata di valori umani e metaforici (Moby Dick è nientemeno che l’uomo lupo per l’uomo) adornata di sapiente vivacità artistica e dove il tema della sopravvivenza soverchia nettamente il carattere avventuroso della trama. Le atrocità alle quali i viaggiatori sono sottoposti hanno il tipico carattere Omerico, una catarsi e un’autentica catabasi dove la natura stessa è carnefice verso i propri figli, dove il tempo non ha più valore, le coordinate perdono significato e la carne dell’uomo è più viscida di quella dei capodogli. Ron Howard ha grandi meriti nel rendere epica una storia leggendaria, ma un appunto va inserito, l’uso alquanto sterile del 3D. Un vero peccato visto la portata tecnica di Heart of the Sea che non può limitarsi al mero effetto “da circo” nell’occhiale dello spettatore. Tralasciata questa postilla va riconosciuta la grandezza di Heart of the Sea, un film dal carattere maturo e spettacolare dove una fotografia luminosa e lucida si fondono con panoramiche spettacolari che si soffermano spesso sulla differenza tra la baleniera e la balena, quasi a voler essere da monito per coloro che volessero tentare nell’impresa di ucciderla.

Heart of the Sea – Le Origini di Moby Dick

I primi piani sull’occhio di Moby Dick mostrano l’enorme umanità dell’animale e quando arriva il momento decisivo, Chase ha l’opportunità di uccidere l’enorme bestia ma proprio lì i due sguardi s’incrociano e la pietà si risolve attraverso un meraviglioso dialogo visivo, dove per la prima volta spunta fuori il senso di commiserazione, tipicamente antitetico nell’essere umano. Howard porta nel suo Heart of the Sea tutta la magnificenza dell’opera di Melville, dipingendo un’opera dai tratti danteschi, dove la salvezza dell’uomo dalla natura passa proprio per le mani sporche di sangue dell’uomo stesso.

Giudizio Cinematographe

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.7

Voto Finale

ABBINAMENTO - Nel film si respira un'aria sapida e salmastra, dove i profumi dell'oceano si uniscono ai legni delle baleniere. Abbiniamo un Cervaro della Sala di Castello della Sala (Umbria), che saprà stupirvi per la sua scia minerale e quella elegante nota finale di boisé, regalata dai 6 mesi in barrique.