Haseen Dillruba: recensione del thriller romantico indiano Netflix

Un matrimonio combinato che non riesce a decollare, ma che si trasforma in una passionale storia d'amore: Haseen Dillruba è un thriller romantico che contiene lo stile Bollywood ma che non riesce ad essere all'altezza delle sue aspettative di partenza.

Commedia grottesca, musicale, dramma o thriller? Haseen Dillruba, thriller romantico made in India approdato su Netflix mescola di tutto un po’, senza riuscire a darsi una chiara identità.

Conserva lo spirito comedy che sorride di abitudini e usanze indiane, aspetto gradevole per tutta la prima parte del film, ma quando l’ evento cruciale deve dare un tocco noir alla commedia e convertirla gradualmente in thriller, si fatica a comprendere il reale spirito della storia che si sta raccontando: senza un perché si passa toni drammatici a inframezzi da commedia musicale, e a personaggi spietati a cui non si è data una scrittura psicologica degna di sostenere una trama credibile da thriller.

Haseen Dillruba: la trama del thriller romantico indiano su Netflix

Dopo essersi brevemente conosciuti in un incontro organizzato dai familiari, Rani (Taapsee Pannu) e Rishu (Vikrant Massey) acconsentano a sposarsi e ad iniziare una vita insieme: così il tempo di una festicciola intima, e Rani va a vivere a casa di Rishu. Non immagina però che la sua vita sta per diventare passionale e drammatica come i romanzi che tanto ama di Dinesh Pandit.

Haseen Dillruba - Cinematographe.it

Qualche mese dopo è in stazione di polizia a dover difendersi dall’accusa di aver ucciso suo marito, morto in una misteriosa esplosione che ne ha lasciato solo un braccio su cui è inciso il nome di Rani. Tutti temono che lei possa essere l’assassina, dal momento che tutta la cittadina di Jwalapur sa che il loro matrimonio era andato incontro per lungo tempo ad alti e bassi. Ma la verità spesso, resta sempre tra quattro mura, custodita e difesa a costo della vita.

Haseen Dillruba: chi ben comincia… e non arriva a metà dell’opera

Haseen Dillruba, diretto da Vinil Mathew, non può essere sintetizzato se non come una piccola delusione, che fa anche rabbia. Perché abbiamo davanti a noi un film che si spoglia delle scenografie mozzafiato stile Bollywood, nel tentativo di raccontare l’amore e i suoi pericolosi equilibri. C’è quindi una trama semplice: un matrimonio combinato, due promessi sposi che cercano di innamorarsi ma ai poli opposti – lei particolarmente seducente e lui un imbranato che deve fare pratica in tutti i sensi -, e la crisi, inevitabile, che metterà alla prova il loro matrimonio nonché la loro unione.

Haseen Dillruba -Cinematographe.it

La prima parte di Haseen Dillruba è scorrevole e divertente, pur se la sceneggiatura inizia a far emergere la sua frettolosità: non è chiaro infatti come Rami alla fine si convinca di voler sposare, e sottolineiamo sposare, un uomo che sembra non convincerla del tutto. E appare quindi ancora più illogico come poi lo sposi definendolo un poveretto che ha trovato l’oro, immaginando poi fuoco e fiamme a letto e una vita movimentata, consapevole di andare a vivere in un paesino che non è la sua Delhi.

Tutto questo senza che vi sia stato alcun obbligo da parte dei genitori, quindi si ha neppure questo tipo di appiglio narrativo per trovare una motivazione valida. Se omettiamo questo particolare per un attimo, e ci concentriamo sul ritmo del film, possiamo dire che nella prima parte, dove si alternano flashback che raccontano il loro incontro e Rami in stazione di polizia intenta a difendersi dall’accusa dell’omicidio del marito – momenti colorati anche dai siparietti del commissariato -, riusciamo a farci catturare dal noir che incalza. Fino ad allora infatti non sappiamo se Rami è davvero innocente.

Haseen Dillruba -Cinematographe.it

Se possiamo quindi provare a salvare una gradevole prima parte non possiamo dire lo stesso della seconda, evidentemente portata troppo per le lunghe, dal momento che manca l’elemento principale che rende un thriller tale: l’approfondimento dei personaggi, delle loro azioni e della loro reale natura. Diventa difficile quindi anche comprenderli, empatizzare con loro dal momento che senza alcuna motivazione accettano di vivere una vita infelice avvalorando poi la frase che un’amore per essere eterno e per definirsi vero deve essere ricco di sofferenze perché l’ha scritto sempre lui, Dinesh Pandit, che scopriamo improvvisamente essere il guru delle azioni di ogni personaggio.

Ecco, ci auguriamo almeno che i romanzi di Pandit sappiano essere più credibili di Haseen Dillruba che mette tanta carne a cuocere, e che a differenza di Rishu con la sua Rami, e tanto ce ne è voluto – quasi un’ora e mezza di film – non riesce proprio a concludere.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.2

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