Goksung- la presenza del diavolo: recensione del film di Na Hong-jin

Un'insolita struttura narrativa e una commistione di molti generi cinematografici intervengono per elevare il materiale diretto da Na Hong-jin, con risultati sorprendenti.

Goksung- la presenza del diavolo è un film del 2016, nato da un soggetto sviluppato da Na Hong-jin, che ricopre anche il ruolo di regista. Veniamo confinati in un villaggio sperduto a Goksung, in Corea del Sud, e si stanno verificando alcuni casi di omicidio molto violenti. Gli abitanti del luogo sono convinti che il responsabile sia un uomo giapponese da poco arrivato in paese, dotato di poteri sovrannaturali. Ad occuparsi delle indagini da condurre nei riguardi della misteriosa figura, troviamo Jong-goo (Kwak Do-won), un ufficiale della polizia locale. Un caso delicato, con un potenziale serial killer in circolazione, assumerà nuove forme più agghiaccianti, per evolversi in una maledizione da contrastare, in grado di scuotere le fondamenta del villaggio con una serie inarrestabili di possessioni demoniache. Il film è attualmente disponibile su Amazon Prime Video.

Goskung- la presenza del diavolo: un thriller sotto osservazione, con la presenza del male in incognita

goksung la presenza del diavolo recensione film cinematographe.it

Goskung ha un pregio di fondamentale importanza: l’estensione di spazi sconfinati, in netto contrasto con le vicende che si consumano all’interno di un villaggio decadente, spoglio, quasi senza vita. Il personaggio principale di Jong-goo, che cerca di stabilire un contatto con lo spettatore già dai primi minuti, viene rimodellato a seconda dell’andamento discontinuo della pellicola. Si assiste ad una sistematica discesa verso una dimensione aliena, estranea a qualsiasi forma di comprensione, che ci regala uno sguardo verso le porte di una pazzia incontrollabile e colma di un orrore sottile, che si fa via via sempre più evidente ed estremo. Una sinistra e scomoda presenza, limitata a vagare sullo sfondo, viene collocata tra le righe di una trama in continua trasformazione. Oltre al poliziotto in carica per le indagini, avvertiamo un’influenza invadente che si manifesta attraverso un comprimario deriso, messo in disparte, un elemento fuori posto che tenta in tutti i modi di modificare gli assetti narrativi. Il giapponese, sotto gli occhi distratti di accusatori pronti a deriderlo, agisce per sottrazione e a lui viene riservato un numero contenuto di battute.

Jun Kunimura, in un ruolo indefinito e avvolto nel mistero, rappresenta una affascinante distrazione dalla realtà familiare di Jong-goo e dallo stile di vita condotto nel villaggio. Il suo inserimento stimola il regista a confrontarsi con le regole dell’horror contemporaneo, per impossessarsi delle meccaniche più sfruttate e rielaborarle con spiccata inventiva. La resa complessiva è impeccabile: pochi risvolti assestati e tanta atmosfera da percepire a piccole dosi, con una presenza malefica che occupa gran parte del girato. Le supposizioni avanzano senza sosta, in un confronto aperto fra comunità e abitanti dell’aldilà, impazienti di demolire ogni genere di equilibrio strutturale. Il sottofondo musicale va ad affievolirsi, come per indicare una sottrazione voluta e comandata da una forza inespugnabile; il film vuole trascinarci in una programmata serie di situazioni destabilizzanti, senza ottenere risposte concrete da vittime e carnefici.

Goksung – la presenza del diavolo: ogni personaggio convive con un fardello troppo ingombrante agli occhi del pubblico

goksung la presenza del diavolo recensione film cinematographe.it

La pellicola è un grande salto nel vuoto dell’anima: ogni interprete è essenziale per formare un cast d’insieme disfatto, scosso internamente, che avanza per inerzia verso gli inevitabili cambi di rotta: le indagini lasciano il posto alle possessioni, agli esorcismi, ai rituali preparati con precise coreografie. La fascinazione per il male è parte fondante di una sceneggiatura apparentemente semplice, che abbraccia appieno i turbamenti e le tensioni di un villaggio corrotto. Un poliziotto sbadato, noncurante delle scene del crimine da non contaminare, è al centro di una tragedia personale che andrà a sconvolgere i rapporti con sua figlia, la piccola Hyo-jin (Kim Hwan-hee in una performance straordinaria): alimentati entrambi da un’oscurità che vuole posarsi sull’intera ambientazione a disposizione del regista, i personaggi positivi di un’opera annichilita possono solo convivere con il dolore e il peso di un’incognita che non si potrà mai definire a occhio nudo.

Ogni sospetto, supposizione e dubbio viene esposto senza filtri in una girandola di corpi segnati e menti flebili e incostanti. Goksung punta ad essere schietto nella forma, ma incredibilmente elegante nella gestione del ritmo. Hong-jin Na elabora un racconto epico incentrato sulla remissività e sulla arrendevolezza: il percorso è gia stato stabilito in corso di scrittura, ma i protagonisti sono costretti a sottostare ad un’idea di paura suggerita, sussurrata, che assume una posizione più chiara solo se decidono di cedere alle loro più recondite paure. Il film richiama lo stile di Bong Joon-ho, mescolandosi abilmente con l’ottica viscerale e sinuosa di William Friedkin: questa volta l’Esorcista cambia location, con una cittadina rurale ricca di punti deboli che è pronta ad accogliere il male nella sua definitiva evoluzione.

Regia - 0
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 0
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

2.6