Go with me: recensione del thriller con Anthony Hopkins

Go with me è il nuovo thriller diretto da Daniel Alfredson con il premio oscar Anthony Hopkins, Julia Stiles e Alexander Ludwig. La trama è molto semplice, forse anche scontata: una giovane donna ritorna a vivere nella sua città natale a seguito della morte di sua madre. Ciò che le rimane è una casa ai limiti della foresta, vicino alla comunità di taglialegna, e un gatto. Presto si scopre che la donna viene perseguitata da un uomo della comunità, dopo un invito non ricambiato dell’uomo nel luogo di lavoro di Lillian. La donna, sconvolta e scocciata dalla presenza dell’uomo nei pressi di casa sua, decide di raccontare tutto allo sceriffo.

Ciò che scopre è sconcertante: lo sceriffo della comunità le intima di andarsene da quel posto e continuare a vivere altrove, lontano da Blackway, l’uomo che la segue ossessivamente. Lillian non ne vuole sapere. Perché la donna dovrebbe cambiare stile di vita abbandonando la casa in cui è cresciuta da piccola? Perché fare il gioco dell’uomo che la perseguita? La giustizia dovrebbe essere dalla sua parte. Dovrebbe. Infatti Blackway è un ex poliziotto diventato un potete criminale, libero di spadroneggiare come meglio crede. Non resta che farsi giustizia da soli.

Quando la legge non può nulla, devi farti giustizia da solo.

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Lillian, sotto consiglio dello sceriffo, decide di chiedere aiuto a degli uomini della comunità per riuscire a contrastare Blackway.

Fino a qui sembra che Go with me possa evolversi nel migliore dei modi, riuscendo a catturare l’attenzione dello spettatore fino alla fine. Ma non è così. La ricerca di qualcuno che possa aiutare Lillian è lenta e anche quando la protagonista riesce finalmente a trovare qualcuno, tutto il film è basato su una nuova sterile ricerca, quella di Blackway. Inutile la colonna sonora pronta a fare da collante tra una viaggio in pick up e l’altro, perché quando il ritmo non c’è, la colonna sonora può fare poco se non sottolineare ancora una volta la differenza tra ciò che si vede sul grande schermo e ciò che si vorrebbe vedere.

Go with me: recensione del film di Daniel Alfredson

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Anthony Hopkins nei panni di Lester in una scena del film Go with me

I colori grigi e freddi del paesaggio, il freddo e l’isolamento dei protagonisti non riescono ad evolversi a quinto protagonista di Go with me, che risulta essere un film privo di moto. Anche i dialoghi non convincono e questo è un peccato, soprattutto avendo a disposizione del film un attore come Anthony Hopkins. Il suo personaggio è malinconico, legato ad un passato doloroso, ma non viene mai approfondito con la giusta intensità. Tutto rimane in superficie, come la ricerca dei cattivi e l’inevitabile scontro finale. Queste sono le parole del regista:

Ritengo che Go with me sia simile a un western classico. In effetti ha tutti gli elementi di questo genere. Persone buone e cattive. Un momento che rappresenta un punto di non ritorno per tutti i protagonisti. E non ci sono situazione concilianti. Sono sempre stato un grande ammiratore di Cuore di tenebra di Joseph Conrad. Per come la vedo io, i nostri eroi si trovano vicini all’oscurità più totale. Ed è per questo che ho deciso di fare il film.

Go with me esce nelle sale cinematografiche italiane giovedì 13 ottobre, distribuito da Microcinema in collaborazione con Minerva Pictures.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 1.5

2.7