TSFF 2023 – From the End of the World: recensione del film di Kazuaki Kiriya

From the End of the World lavora sulla fantascienza, sulla cospirazione politica, sull'azione, sul soprannaturale, sull'horror e sul passaggio dall'infanzia all'età adulta.

From the End of the World è ambientato in un Giappone del prossimo futuro, dove l’orfana diciassettenne Hana (Aoi Ito) si ritrova nelle sue mani il destino del pianeta. Questa goffa e insicura liceale ha appena perso la nonna quando riceve la visita di alcuni agenti governativi che sembrano insolitamente interessati ai suoi sogni. From the End of the World, premiere italiana al Trieste Science+Fiction Festival 2023 nella sezione Neon, è, sembrerebbe, l’ultimo film di Kazuaki Kiriya che torna dopo 8 anni di pausa. Il film di Kiriya è una favola apocalittica che mescola il Giappone feudale, presente e futuro e prende in prestito tanto dalla fantascienza quanto dal thriller politico e dal fantasy.

Un’odissea in cui si viaggia tra passato e presente, un discorso su vita e morte

Hana è una ragazzina sola al mondo che sa di dover fare tutto da sola, è giovanissima ma ha responsabilità da donna adulta. Ora che tutta la famiglia è morta, anche la sua amata nonna, come farà a sopravvivere? Si divide tra la scuola, il lavoro, la sua piccola solitudine con cui fa i conti da molto, e poi ci sono i suoi sogni. La fine del mondo è vicina! Lo annuncia un oracolo capace di reincarnarsi e di leggere un libro in cui è già scritto tutto il nostro futuro. Hana, un’orfana di 17 anni, viene designata come la prescelta che può prevenire questa tragedia. Il suo potere? Grazie ai suoi sogni può ritrovarsi nel Giappone feudale e cambiare il destino dell’umanità.

Hana vive in quel mondo onirico sogni sempre più realistici, ambientati nell’era Sengoku e nei quali stringe amicizia con una bambina di nome Yuki (Mio Masuda), anche lei ad un certo punto perde la nonna, anche lei è sola al mondo, l’unico amico che ha è una creatura dalle strane fattezze che è sempre pronto a proteggere e a salvare lei e, ora, anche Hana. Quella di From the End of the World è un’odissea in cui si viaggia tra passato e presente, tra l’oggi e il futuro, tra la vita e la morte (dell’umanità). Hana come una Dorothy del Mago di Oz, perlustra un luogo in cui è straniera – tanto quanto lo è però nella realtà, quando è in classe con i compagni, tranne le bulle che la tormentano, nessuno le presta davvero attenzione, a parte un amico (anche lui emarginato, a causa di un problema alla gambe che lo costringe a girare con il bastone) che per lei prova più di un’amicizia, quando è in casa nessuno si occupa di lei – ma di cui è parte integrante e mentre prova a mettere tutto a posto scopre cose di sé e degli altri che non poteva neppure immaginare.

From the End of the World: un’eroina che cresce attraverso una difficile avventura

Hana salta da un mondo all’altro e tutto si fa sempre più inquietante e sconvolgente, grazie ad un’atmosfera ansiogena, anche lo spettatore sente il peso di ciò che vive l’eroina, dalle giornate a scuola dove viene bullizzata a causa di un dolorosissimo segreto ai suoi sogni, Hana è messa nella condizione di dover crescere e capire. 

Hana è insicura, spaventata, la sua “statura” da emarginata rende il suo percorso, prima di accettazione – di essere prescelta – e poi di eroina a pieno titolo, una sorta di rito di iniziazione per diventare grande e salvare un po’ se stessi e un po’ il mondo intero. Si scontra con il nemico, sia nella veglia sia nel sonno, incontra le bulle e spaventose figure che hanno solo un pensiero, distruggere l’umanità.

La sensazione è di essere in un racconto di Haruki Murakami, per contrasto si percepisce il sentire della protagonista di Sonno che al contrario non riesce a dormire e può così vivere una sorta di esasperato vitalismo, e Hana tra la vita e il mondo onirico sta come se toccasse “con le dita le frange del sonno”, si appisola “in una stanza vicina, separata da mura sottili”, la sua coscienza “che cercava di dormire e una mente che voleva restare sveglia”. Insomma Hana è all’interno della sua ombra. 

C’è lo stesso spaesamento e sbalordimento del signor Katagiri di un altro racconto di Murakami, Ranocchio salva Tokyo. Anche Katagiri, come Hana, si è sacrificato ed è rimasto solo, è sottovalutato dalle persone che ha intorno e, proprio per questo, paradossalmente, viene scelto per salvare il mondo. Lui si chiede. come anche Hana, perché proprio lui, fra i tanti che possono fare la differenza.

From the End of the World: valutazione e conclusione

From the End of the World lavora sulla fantascienza (ad esempio è un po’ Matrix che ha il suo prescelto destinato a perpetuare/rompere un ciclo inevitabile), sulla cospirazione politica (pensiamo ai politici della storia), sull’azione (con sciabole o pistole a seconda delle epoche), sul soprannaturale (poteri telecinetici), sull’horror (l’intreccio tra sogno e realtà) e sul passaggio dall’infanzia all’età adulta (bulle, primi amori e sentirsi emarginati) che vuol dire da una parte perdere qualcosa dall’altra avere responsabilità, prese d’atto, maturazione e crescita. Si alterna Giappone feudale in bianco e nero con un Giappone contemporaneo luminoso ma con luoghi più oscuri. L’opera apocalittica è un film intenso che prende lo spettatore e lo porta in un mondo di inquietudine ed angoscia, in un mondo in cui c’è violenza, molta, dove la pace sembra essere un miraggio lontano. Sembra una favola nerissima da cui è impossibile salvarsi, un film animato con tinte fantascientifiche dove per Hana tutto è molto difficile. Kiriya realizza una storia struggente in cui Hana è eroina che si sacrifica per perdere la sua “normalità” per salvare il mondo e così si riflette sull’umanità, egoista, brutale, dedita al male. La storia di Hana e dei suoi compagni ricorda che l’essere umano per essere tale dovrebbe dimenticarsi del dolore e della sofferenza patite in modo da pensare al bene e all’altro.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8