Freedom Writers: recensione del film con Hilary Swank

La recensione del film con Hilary Swank tratto dalla storia vera dell'insegnante Erin Gruwell e della sua classe di studenti problematici di un liceo californiano.

Freedon Writers vede le sue vicende svolgersi a Long Beach California, nel 1994. Erin Gruwell è una giovane insegnante d’inglese, da poco arrivata all’ istituto superiore Woodrow Wilson, il quale partecipa al programma di integrazione volontaria. Tale iniziativa, sia per l’istituzione, che per gli insegnanti e i direttori, non è altro che soltanto apparente, nessuno crede che i giovani studenti, tutti pressappoco di quattordici e quindici anni, potranno mai scappare dalla vita in cui sono nati, contrassegnata da violenza estrema, paura, rabbia e razzismo. Erin Gruwell è entusiasta e piena di speranze. Purtroppo il suo ottimismo e voglia di cambiare le cose, dovranno ben presto fare i conti con la dura realtà dei suoi studenti. La storia e il motto di vita delle gang viene raccontato allo spettatore al principio del film tramite la figura della studentessa latino Eva Benitez:

“Ci uccidiamo per motivi di razza, orgoglio e rispetto…combattiamo per quello che è nostro”

Nella classe della stanza 203, quella di Gruwell, gli studenti hanno background culturali differenti e per questo c’è astio tra loro, si sentono l’uno il nemico dell’altro. All’inizio Gruwell non riesce a fermare e a placare l’odio dei ragazzi, fino a quando, con metodi di insegnamento nuovi, cerca di far capire loro che, anche se non lo pensano, in realtà parlano la stessa lingua, hanno la stessa storia e  hanno provato la stessa sofferenza. I ragazzi iniziano così ad avvicinarsi gli uni agli altri, ritrovando solo nella stanza 203 una sensazione di casa e di famiglia. Nonostante l’istituto, gli insegnanti e lo stesso marito di Gruwell le remino contro, la donna investe in questi ragazzi, credendo in loro. Così nasce il progetto dei Freedom Writers, ovvero gli scrittori della libertà. Ognuno di loro scriverà una sorta di diario ogni giorno, raccontando quello che provano e sentono.

In Freedom Writers la scrittura diventa un processo catartico che purifica i ragazzi protagonisti dall’inquinamento che pesa sulle loro anime

Grazie a questo processo di catarsi aristotelica, gli studenti potranno sentirsi in qualche modo purificati dal dolore che contraddistingue la loro esistenza, tramite proprio la sofferenza che vivono e rivivono, scrivendo.

Il film racconta la vera storia di Erin Gruwell, che, come nel film, fece davvero pubblicare, all’interno di una raccolta, le varie storie dei ragazzi nel libro The Freedom Writers Diary, pubblicato nel 1999. Erin Gruwell fondò inoltre la The Freedom Writers Foundations nel 1997. La fondazione si prefigge di aiutare studenti con difficili situazioni ad concludere i loro studi ed a potenziare le loro conoscenze.

Il ruolo di Erin Gruwell è interpretato dalla due volte vincitrice di un Premio Oscar, Hilary Swank, in un’interpretazione molto sentita, che rende il personaggio dell’insegnante autentico e convincente, senza essere mai esagerato. Sicuramente non è un film che ambisce ad una perfezione estetica o poetica, essendo contrassegnato da una regia elementare e semplice, così come una fotografia chiara e pulita. Se da una parte questo tipo di regia semplice fa sì che il film non cada in un pathos eccessivo, elemento che potrebbe danneggiare il film, in quanto la storia reale di per sé è carica di sentimenti, dall’altra parte però, fa distaccare troppo lo spettatore. L’effetto che provoca quindi è in un certo modo di distacco, come se la storia non fosse raccontata dai protagonisti stessi (cosa che il film cerca di fare non riuscendoci), ma da un super partes lontano dai fatti. Il senso di dispiacere che il pubblico può provare nei confronti dei protagonisti è mosso più da un senso di humanitas, come la chiamavano gli antichi romani, che da un’ immedesimazione dovuta al racconto stesso.

Freedom Writers è una storia fuori dal comune, ma la sceneggiatura del film non gli rende giustizia

La sceneggiatura quindi dorme sugli allori. La storia ha un grande potenziale, in quanto è sicuramente originale e non accade tutti i giorni. Inoltre questo racconto lancia un messaggio di speranza ed a renderlo ancora più speciale è senza dubbio il fatto che sia una storia vera, per questo già di per sé efficace. La sceneggiatura quindi, partendo come base da una storia che già da sola potrebbe funzionare, è come se si fosse impigrita. Il rapporto di Gruwell con il marito (Patrick Dampsey) è raccontato in maniera fluttuante e veloce. Lo spettatore ancora non ha capito che tipo di rapporto i due davvero abbiano, dato che già si lasciano per complesso di inferiorità maschile da parte di lui. Il marito infatti non riesce a stare dietro all’entusiasmo e al successo della moglie, dai quali si sente minacciato.

Per quanto riguarda i ragazzi, le loro storie personali sono ben dosate, il pubblico impara a conoscere più o meno tutti gli studenti ed a farsi un’idea generale delle dinamiche di gruppo. Il problema più grande del gruppo è il personaggio di Eva Benitez, che fin dall’inizio sembra avere una posizione privilegiata nel racconto e forse nella vita di Gruwell, ma in realtà non è così. Ad esempio, all’inizio della pellicola, una bambina, che scopriremo presto è Eva Benitez, racconta della sua infanzia e delle regole delle gang. Arrivando al presente, il suo personaggio continua a spiegare le varie dinamiche delle gang con un voice over. Nonostante questo, il suo personaggio rimane tristemente superficiale.

Il parallelismo del  rapporto particolare che lega sia Gruwell che Eva ai rispettivi padri non viene né approfondito, né tematizzato.

Sappiamo che Eva ha un legame particolare e stretto con suo padre, il quale si trova in carcere. Questo aspetto è interessante, in quanto anche Gruwell è molto legata a suo padre, il cui parere e giudizio contano molto per lei, proprio come per la ragazza. Le due donne quindi, sembrano avere un punto significante in comune che le rende più vicine di quanto possano immaginare. Questo rapporto particolare che entrambe hanno con i rispettivi padri e che potrebbe avvicinarle, non viene né menzionato, né preso in considerazione. Perché tra tutti i ragazzi viene scelta Eva come narratore, perché il suo personaggio dovrebbe avere un ruolo più significativo rispetto agli altri? Questo purtroppo non viene né sviluppato, né spiegato. Il suo personaggio forse ha più attenzione rispetto ad altri, ma anche questa luce, che gli viene puntata addosso, rimane molto sbrigativa e superficiale.

Freedom Writers vive di luce riflessa, ovvero, essendo una storia fuori dai canoni, accaduta per davvero, funziona comunque proprio per questo, anche se è un peccato, perché il film aveva a disposizione un materiale ricco di potenziale e avrebbe potuto farne qualcosa di speciale. Rimane un film che racconta una bella storia con Happy End, il quale però presenta lacune narrative ed estetiche e sul quale si sarebbe potuto sicuramente fare molto di più. La forza del film non è di certo la potenza visiva o particolarmente artistica, ma è un film che racconta una storia vera con onestà, un film emotivo ma non patetico.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 2.5

2.3