Forte: recensione del film di Katia Lewkowicz

Disponibile dal 20 gennaio su Amazon Prime, Forte è una godibile commedia al femminile che gioca con gli archetipi, la rottura dei modelli di bellezza e la pole dance. Ma nonostante il tono leggero e divertito il film di Katia Lewkowicz mette in campo temi e riflessioni sull'accettazione personale molto più intricati di quello che sembra.

Giunta alla sua quarta direzione dopo l’esordio di Pourquoi tu pleures? con la regista di Amants Nicole Garcia e Tiens-toi droite del 2014, l’ex attrice Katia Lewkowicz torna con una divertente commedia al femminile rimettendo al centro alcuni temi cari alla cineasta franco-israeliana: i corpi in sovrappeso, le modalità di seduzione e le convenzioni sociali. Temi certamente nobili e che naturalmente si prestano e si plasmano ai toni leggeri da commedia. Ma in Forte l’ambizione di parlare di accettazione, rottura dei modelli di bellezza e in ultima istanza di body positivity si risolvono in un film sconclusionato e opaco nonostante il brio e l’anticonformismo della sua protagonista.

Forte è la storia di Nour (Melha Bedia), ventenne in sovrappeso che lavora come contabile in una palestra parigina. Rotonda, sgraziata e poco incline ai centri estetici la giovane ama mangiare nel ristorante gestito dalla madre e giocare a calcetto con i suoi amici maschi che la considerano tutto fuorché una ragazza di cui potersi anche lontanamente invaghire. Dopo essere stata lasciata dal suo primo e unico (pseudo) fidanzato Farib (Oussama Kheddam) Nour inizierà un percorso personale con l’obiettivo di cominciare, finalmente, a sentirsi donna. Con il sostegno degli amici di sempre, la giovane neomamma Axelle (Alison Wheeler) in cerca d’amore e il timido Steph (Bastien Ughetto), ancora incerto sulla sua vera sessualità, la protagonista grazie anche all’aiuto della maestra di pole dance Sissi (interpretata dall’attrice Valérie Lemercier) si addentrerà in un mondo iper femminile che vuole rende accettabili e accettati tutti quei corpi considerati imperfetti.

La pole dance come espediente narrativo per giocare e rilevare la sgangheratezza della protagonista

forte cinematographe.it

Estirpata ormai dalla sua aura viziosa e immorale da night club e fatta rivivere con una nuova versione propositiva e ginnica, la declinazione moderna e socialmente più accettata della vecchia lap dance negli ultimi anni è quella della pole dance, attività sportiva a tutti gli effetti praticata nelle palestre di tutto il mondo. La pole dance si basa sull’esecuzione di alcune pose acrobatiche che richiedono scioltezza e forza muscolare perché eseguite verticalmente su un palo in acciaio. Dopo la danza classica questa nuova attività è considerata tra le più femminili proprio perché legata ad un’innegabile idea di seduzione in cui il corpo diventa centrale perché deve ammaliare, rapire e adescare lo sguardo maschile. Non è un caso dunque che la regista Lewkowicz scelga di addentrare la propria eroina nel mondo della pole dance così diametralmente opposto e “ideologicamente” irraggiungibile dalla connotata e innegabile anti-femminilità della protagonista. Alla scoperta dell’identità della nuova fiamma dell’ex, una ragazza magra, affascinante e condiscendente rispetto al turbolento modo di fare di Nour, la giovane entra in crisi e rimette in discussione la propria femminilità. Ma cosa vuol dire esattamente essere una ragazza? Qual è il percorso di accettazione del proprio corpo? Basta qualche lezione di pole dance e una piega ai capelli per sentirsi finalmente e interamente bella?

Raccontare le diverse modalità dell’essere femminile non è affatto semplice

forte cinematographe.it

Forte è di certo un film molto più intricato di quello che vuole apparire. Raccontare cosa voglia dire oggi “essere femminili”, quali sia la reale portata psicologica sulle giovani donne dei rigidi modelli di bellezza imposti dai media, e soprattutto se vedersi bella possa passare solo e solamente attraverso gli occhi dell’altro non è affatto cosa semplice. La regista nel corso del film lo capisce bene e (soprattutto nel finale) conduce la spinosità del tema verso una scorciatoia troppo semplice e prevedibile e che, solo apparentemente, risolve il malessere di mancata accettazione della sua protagonista. Forte però sa come intrattenere, sapendo raccontare la goffaggine di Nour nel riprodurre le pose della pole dance con divertimento e bonarietà e, soprattutto, facendola apparire comunque vincente, comunque protagonista. Molte infatti sono le sequenze che giocano sull’impacciata riproduzione dei tutorial in rete o quelle nel club di pole dance dove Nour, imitando le movenze delle colleghe più esperte, stuzzica in modo auto-ironico l’ilarità dello spettatore.

Forte mette al centro troppi temi e nonostante l’energia percepita perde quota e risulta troppo opaca

forte cinemtographe.it

In pieno stile francese vorticoso ed energetico, e tramite un’attrice protagonista che riesce a rubare la scena per la sua irriverenza e la sua aria da looser bonaria, Forte gioca con gli archetipi e gli equivoci, le allusioni e le confusioni perdendo molte volte rotta e lasciandosi sopraffare dai troppi temi messi in campo e da una volontà di raccontare il cosiddetto body positivity in maniera troppo codificata senza tuttavia addentrarsi troppo. Lampante però è il finale. Che Nour abbia davvero imparato la pole dance o abbia davvero tratto beneficio da essa nello spettatore rimane il dubbio anche dopo quella coreografia finale che la vede tutt’altro che fiera del suo corpo e soprattutto nella volontà di mostrarlo nella sua (bellissima) imperfezione.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.8