Fellini e l’ombra: recensione del documentario di Catherine McGilvray
Un documentario tanto generoso quanto coraggioso.
Fellini nasce a Rimini il 20 gennaio del 1920; Catherine McGilvray, regista e sceneggiatrice laureata in Lettere e diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1993, lo festeggia, dedicandogli un documentario: Fellini e l’ombra.
Distribuito da Luce Cinecittà a partire dal 17 gennaio 2022, il documentario si propone come una ricerca impetuosa nella psiche di Fellini, presentando un viaggio nei meandri di un “io” che agita il Re del cinema, detentore di una mascolinità fatta di dolci e forti debolezze, persuasive angosce frastornate da un’interiorità apparentemente intatta e largamente denudata dinanzi a una fragilità immensa, con l’intenzione di restituire a questa figura la sua dovuta umanità.
A Federico Fellini dobbiamo tanto se non tutto; creativo fino ai minimi termini, immaginario di una realtà futura in una realtà presente, sostenitore di un’esasperata femminilità provocatrice, machiavellico processore di sogni e imposizioni da set, che più reali non sarebbero potuti essere; esecutore di una “macchina di libertà” che opera nella decadenza economica di una Roma post guerra, affranta da una ambientazione troppo pesante per essere messa in scena. Fellini pensa bene di dedicarci leggerezza, una leggerezza sapiente e di profonda cultura; rinnova un lessico italiano, appropriandosene forse, facendoci capire cosa è felliniano e cosa non ci si avvicina nemmeno; semplicemente ci invita a cadere nella “rete dei sogni”, i suoi sogni perfettamente interpretati in una scenografia lucida e chiara, emblema di un cinema unico e inimitabile.
Fellini e l’ombra: un documentario fatto di irrazionalità e scoperta
Il documentario si offre a quanto detto, implicando la scena di un solo protagonista, Federico Fellini.
Una docufiction, presentata alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2021, che si imporrà come un viaggio estremo verso una realtà psichica che anche i grandi han dovuto affrontare e con la quale han dovuto farci i conti.
È interessante come Catherine racconti, con la stessa lentezza di un discorso consumato tra due persone, una delle verità felliniane più nascoste, facendo emergere un segreto, un rapporto essenziale per il regista, una necessità senza tempo, uno sfogo incessante di una mente fin troppo presente, un grande che grande mai si è sentito.
“Tendere l’orecchio e il cuore a qualche cosa che è dimenticato e non vorrei aver dimenticato”, così parlava della vita Fellini.
Claudia De Olivera Texeira (alter ego della regista romana), nel film interpreta Claudia, una documentarista portoghese, ossessionata dal tirar fuori la sofferenza leale di un artista soffocato dal successo; decide di indagare sul suo segreto e di fare un film. Ad aiutarla oltre Gianfranco Angelucci (interprete di se stesso, collaboratore di Fellini), contribuirà il rapporto, inedito per noi ma necessario per lui, con il suo analista di origine ebrea, vissuto nella Germania nazista, Ernst Berhnard, definito dal regista stesso come vero e proprio maestro di vita.
Una psicoanalisi degli anni ‘60, piena di incertezze ma utile verso un mondo ancora troppo ostile e poco consapevole di tutto ciò. Appare per l’ennesima volta un Fellini avanguardista, proiettato in un futuro fin troppo distante anche per chi lo sta vivendo adesso. Interessante sarà riflettere su una personalità generosa, di una immaginazione autentica, predisposta ad una realtà ruvida rappresentata senza alcun filtro. Questo viaggio, paradossalmente dantesco, accompagnerà Claudia nella profonda ricerca alla scoperta della parte più ombrosa del regista che si intreccia in una rete di sogni angoscianti e impetuosi ma fondamentali per la creazione di un “film” che solo Fellini ci ha insegnato a vedere.
Con il documentario veniamo a conoscenza di un aspetto del regista tutt’altro che conosciuto: un Fellini disegnatore di un sogno di notte e realizzatore di un sogno di giorno, approccio infinito tra genialità e fantasia.
Fellini e l’ombra è un documentario costruito con la stessa irrazionalità a cui Fellini ci ha abituati; un intreccio di amici, testimonianze e fatti casuali che hanno portato la nascita di splendidi capolavori come 8 e ½.
La vera sorpresa sarà la scoperta di una tenerezza appartenente a un uomo tutto d’un pezzo, acclamato dalla critica italiana e straniera, eterno pioniere di un cinema paradossale e allo stesso tempo classico.
Insieme di parole, sonorità e percezioni visive alla volta di un raggiungimento esistenziale, che arriva a toccare “l’anima” intesa come figura di una femminilità immensa ed esasperata.
Un documentario tanto generoso quanto coraggioso: chi può parlare di Fellini se non Fellini stesso?
Per tutto il tempo il rispetto viene prima di tutto, pochi colori e dialoghi originali quasi a non voler aggiungere nulla di più, perché non servirebbe, perché ci smentirebbe.
Azzardiamoci a dire che forse la prossima opera sarà una enciclopedia o una raccolta di tutti i suoi maggiori film; per adesso ce lo guardiamo dentro e lo attraversiamo profondamente, nella sua suprema morale e moralità, senza esitare di addentrarci nel suo labirinto di desideri e immagini notturne assillate da un dormiente “inconscio creativo”, come amava dire Georges Simenon. Fellini, un guerriero solitario che conduce incessantemente la sua battaglia accompagnandola con un’angosciante creatività, invadente a volte, ma di necessaria sopravvivenza altre, raccontata ne “Il libro dei sogni”, unico caso di racconto del sé per sé, oggetto, nel documentario, di rigorosa ricerca quasi scientifica e ossessiva.
Affiora, in 64 minuti, il tratto di un uomo istrionico, dall’immediata empatia e freddezza concettuale, un uomo che si è sempre donato a chi lo guardava lavorare per un cinema attento e impegnato, proiezione verso un mondo estremamente stravagante quanto vero. Un uomo dall’interiorità nascosta e pur trasparente.
Al cinema dal 17 gennaio 2022, un documentario per ringraziare ancora una volta Federico Fellini!