Fear Street Parte 3: 1666 – recensione dell’ultimo capitolo Netflix

Ogni nodo viene al pettine e gli sviluppi presentati nei precedenti capitoli si intrecciano nell'ultima parte di Fear Street, tra rivelazioni e salti temporali coraggiosi.

Leigh Janiak, sceneggiatrice e regista della trilogia Netflix di Fear Street, prende di peso i personaggi principali della prima e seconda parte e li reinserisce nell’universo del folk horror, prendendo ispirazione dalle esecuzioni di massa di donne definite streghe in un periodo che va dal 1450 al 1750. La diffusione di una caccia spietata è al centro delle vicende, andando a scavare più a fondo sul profilo psicologico della temibile Sarah Fier, costretta a subire angherie da parte di una comunità di contadini e di fanatici religiosi. Deena Johnson (Kiana Madeira) e Samantha Fraser (Olivia Welch), assieme ai loro amici e a parte del cast coinvolto nel campeggio Nightwing della seconda parte, interpretano ruoli diversi in un ricordo molto vivido di Sarah Fier nel 1666. Si ripercorrono le fasi cruciali che hanno portato Sarah alla pazzia, tra supposizioni e critiche feroci contro il suo orientamento sessuale. Nel tentativo di far luce sul background della strega di Shadyside, Deena e Sam dovrannno unire le loro forze per contrastare una minaccia ancora più subdola e insidiosa nel 1994.

Il film è disponibile sulla piattaforma streaming dal 16 Luglio 2021.

Una degna conclusione dal punto di vista della costruzione dei personaggi

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Fear Street Parte 3: 1666 ha il difficile compito di posizionare nuovamente i suoi protagonisti in una scacchiera ancora più ampia, dove le spiegazioni abbondano e le rivelazioni aumentano di numero. La riuscita dell’intera operazione sta nel catapultarci in un immaginario horror dove il terrore si fa sottile e mai mostrato in maniera plateale: il 1666 è un’annata perfetta per una sceneggiatura che scopre le proprie carte gradualmente, dando più enfasi alle interazioni fra Deena, Sam e la presenza onnisciente di Sarah Fier. Viene rappresentata una strega che assume sembianze umane, con un trascorso fortemente drammatico e un trauma difficile da rimuovere. Nell’esplorare caratteri flebili e delicati, il film riesce nell’intento di selezionare attentamente le crepe, le debolezze, i timori e le domande persistenti di interpreti ben integrati nel racconto.

Come riuscire a mostrarsi fieri e forti? Come si possono contrastare le imposizioni attuate in una cerchia ristretta e farneticante? Quella che poteva essere una base traballante di due capitoli che hanno premuto l’acceleratore sulla giostra di citazioni e sulla carneficina in pieno stile slasher, ora diviene un palcoscenico macchiato di colpe: gli errori di un collettivo risuonano nella rabbia di una presenza inferocita, e la catena di eventi accaduti in Fear Street viene risistemata in un’ora di girato. Sarah Fier rimane il motore trainante della trilogia, assumendo il ruolo di osservatrice attenta e spettatrice non più contrita che non vede l’ora di sbatterci in faccia la verità sul suo conto. In questo modo, Leigh Janiak alla regia eleva il materiale camp a disposizione per sovvertire qualsiasi tipo di aspettative, proponendo un world-building soddisfacente e uno studio misurato di un villain che rischiava di cadere nel macchiettismo.

La padronanza dei mezzi è molto più evidente in Fear Street Parte 3: 1666

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La cinepresa abita le location e i personaggi reinventati: tiene d’occhio gli intrecci narrativi in più epoche, lascia che gli attori esprimano tutto il loro potenziale per impreziosire le svolte che vengono preparate di volta in volta, e si ridefinisce la componente slasher con un regolamento di conti avvincente. La coppia di protagoniste Kiana Madeira e Olivia Welch affermano con decisione le sfumature più intime da rintracciare nel girato, dando più importanza alle relazioni intraprese durante il corso della trilogia. Deena e Sam prendono il controllo della storyline riservata a Sarah Fier, raffigurando una danza sinuosa fra periodi temporali differenti; ogni passo è fondamentale per carpire più informazioni sulla strega di Shadyside, e si vanno ad elaborare una serie di problematiche legate ad una donna intrappolata in un covo di fanatici.

La pellicola Netflix ci riserva un’altra caratteristica vincente: la divisione in due parti all’interno del terzo capitolo. Potrebbe risultare una meccanica lontana dall’impianto cinematografico, ma a conti fatti riesce a creare un interesse crescente per le sorti degli interpreti principali. Ritornando nel 1994 dalla seconda metà di film, si ha modo di riprendere contatto con vite in bilico e dominate da una paura che non è più invadente, con conseguente rilascio di uno sfogo sistematico e utile ad affrontare una volta e per tutte la vera minaccia di Shadyside (evitiamo di imbatterci in spoiler per non rovinare la visione). Il 1666 è la miccia che alimenta l’animo incorruttibile di protagoniste valorose che non temono più ostacoli di carattere sovrannaturale. La città marchiata dal male si trasforma in un campo di battaglia decisivo per il mantenimento della libertà individuale, in una resa dei conti a tratti esaltante ed accompagnata dalle vibranti note di Marco Beltrami, Anna Drubich e Marcus Trumpp alla colonna sonora.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3

Tags: Netflix