Eenie Meanie: recensione del thriller “d’altri tempi” Disney+

Eenie Meanie è un film d'azione che avrebbe funzionato molto bene vent'anni fa, ma nel 2025 lascia l'amaro in bocca.

Ci sono film che, appena iniziano, sembrano provenire da un’altra epoca del cinema. Eenie Meanie, esordio alla regia di Shawn Simmons, appartiene proprio a questa categoria: un thriller d’azione con inserti comici che avrebbe forse avuto un senso nei primi anni 2000 come “uscita estiva di riempimento”, un titolo di medio budget in grado di cavalcare l’onda dei blockbuster senza competere direttamente con loro. Oggi, però, con un mercato profondamente cambiato e con la sala che fatica a ospitare film fuori dalle logiche dei franchise, il progetto trova una collocazione molto più prevedibile: lo streaming. Non a caso, Disney lo ha destinato direttamente a Hulu negli Stati Uniti e a Disney+ nel resto del mondo. È disponibile a partire dal 22 agosto 2025.

Il paradosso è che Eenie Meanie sembra ancora convinto di appartenere a un’altra stagione del cinema. Con i suoi 50 milioni di budget – una cifra superiore a molti titoli recenti usciti al cinema – e un cast pieno di volti noti, vorrebbe apparire come un prodotto di fascia alta. Ma il risultato è disomogeneo: scintillante in superficie, fragile e datato nella sostanza.

Eenie Meanie vede Samara Weaving al volante: un’eroina che non ingrana

La protagonista è Samara Weaving, ormai consolidata regina di un certo cinema di genere (Ready or Not, The Babysitter, Scream VI). Qui veste i panni di Edie, soprannominata “Eenie Meanie”, una pilota addestrata fin da giovane a fare della fuga su quattro ruote la propria arte. Abbandonata la vita criminale per intraprendere un’esistenza più tranquilla, viene suo malgrado risucchiata di nuovo dal passato. Il responsabile è il suo ex fidanzato, interpretato da Karl Glusman: un uomo attraente ma privo di scrupoli e buon senso, definito nel film “l’11 settembre degli esseri umani”.

A completare l’equazione c’è il boss interpretato da Andy Garcia, vecchio mentore che richiama Edie per un colpo ad alto rischio e dalle conseguenze fatali. È il classico topos del “un’ultima volta e poi basta”, fulcro di numerosi film d’azione: un espediente narrativo usurato, che qui non riesce a essere rivitalizzato.

Inseguimenti da urlo, battute senza mordente

Shawn Simmons non è un nome totalmente nuovo: ha firmato la serie Wayne e ha contribuito alla creazione dello spin-off The Continental, legato al mondo di John Wick. Nessuno dei due progetti ha lasciato un’impronta memorabile, ma gli hanno garantito credibilità sufficiente per esordire al cinema. Alla produzione ritroviamo Rhett Reese e Paul Wernick, autori dei Deadpool, ma anche di flop dimenticabili come 6 Underground e Ghosted.

Il loro marchio si intravede: un equilibrio instabile tra azione e umorismo, con personaggi eccentrici e dialoghi pieni di parolacce. Ma se in Deadpool la formula funzionava, qui lo spirito è più spento. I personaggi secondari – affidati a Randall Park, Steve Zahn, Jermaine Fowler e persino a Marshawn Lynch – sembrano comparsate di lusso, e le battute raramente strappano un sorriso.

L’umorismo arranca, ma gli inseguimenti convincono. Simmons dimostra una buona mano nel coreografare l’azione: le sequenze su strada sono dinamiche, piene di energia e per un attimo fanno pensare a un film più grande di quello che realmente è. Sono i momenti in cui Eenie Meanie sembra davvero trovare la sua identità.

Colpi di scena che evaporano

La sceneggiatura – pur capace di qualche sorpresa iniziale – perde presto forza. La scelta di Edie di rischiare tutto per un ex fidanzato che non lo merita mina la credibilità emotiva della storia. Samara Weaving, alle prese con un accento americano un po’ forzato, fatica a dare spessore a un personaggio che rimane incastrato nel cliché della criminale redenta.

Il film tocca il suo apice nelle corse automobilistiche e poi cala bruscamente quando cerca di costruire pathos. Nel finale, Simmons tenta una svolta coraggiosa, ma non riesce a portarla a compimento. Il risultato è un epilogo sentimentale, privo di basi solide, che lascia più perplessità che emozioni.

Eenie Meanie: valutazione e conclusione

Alla fine, Eenie Meanie è esattamente questo: un b-movie di lusso, girato con un budget generoso ma privo di una vera anima. Non è un fallimento totale – diverte a tratti, regala qualche sequenza spettacolare e tiene compagnia senza annoiare del tutto – ma rimane un’occasione sprecata. Corre veloce, sì, ma senza una meta precisa, e alla lunga dà la sensazione di un Tarantino annacquato, privo della sua verve e della sua originalità.

Per chi ama Samara Weaving o ha voglia di un action leggero da guardare a casa, può rappresentare un diversivo più che dignitoso. Ma chi cerca un thriller capace di sorprendere e restare impresso, troverà ben poco a cui aggrapparsi.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.7