Diamanti grezzi: recensione del film Netflix con Adam Sandler

Recensione di Diamanti Grezzi, sorprendente film Netflix diretto dai fratelli Safdie con un grande Adam Sandler

La rivincita di Adam Sandler. Potrebbe essere questo il principale commento a Diamanti Grezzi (Uncut Gems), il nuovo film scritto e diretto dai fratelli Josh e Benny Safdie (tra i loro lavori anche Good Time) e distribuito da Netflix, la cui importanza nel panorama cinematografico è nuovamente confermata con la distribuzione di quest’ulteriore opera di grande spessore. D’altro canto è vero che l’attore di 50 volte il primo bacio e Cambia la tua vita con un click, all’interno di una filmografia fatta in buona parte di comicità spicciola, aveva già dato prova in alcune occasioni di sapersi destreggiare con ruoli drammatici e di maggiore spessore. Sicuramente però quella offerta nel film dei Safdie è la sua performance più intensa e riuscita, tanto da raccogliere elogi anche tra i suoi detrattori e fargli sfiorare una nomination agli Oscar. Ma Diamanti grezzi è molto di più, un film sorprendente, claustrofobico e ansiogeno, ma al contempo misurato e mai fuori posto, che trasporta in una spirale inarrestabile di decadimento dal sapore universale inserita in un contesto e in una confezione contemporanea e d’attualità.

Diamanti grezzi è la storia dell’ambiguo gioielliere Howard Ratner

Diamanti grezzi cinematographe.it

Al centro di Diamanti Grezzi c’è Howard Ratner, gioielliere ebreo di Manhattan con il vizio delle scommesse sportive, indebitato con gli strozzini ed in particolare con il suo spregiudicato cognato Arno, in difficoltà anche dal punto di vista sentimentale e familiare, tra un matrimonio in dissoluzione e un’amante poco fedele che continua a mantenere, oltre a dei figli distanti con cui ha un rapporto altalenante. Howard vive nella continua speranza di riuscire a risollevare le sue sorti, ma contemporaneamente si complica l’esistenza con scelte dissennate, azzardi, bugie e soprattutto continue scommesse che lo trascinano verso il fondo. Ottiene illegalmente un opale nero preziosissimo proveniente dall’Etiopia che vorrebbe vendere all’asta e con il quale ha la convinzione di riuscire a fare un’ingente quantità di soldi che possa risolvere i suoi problemi e dare una svolta alla sua vita. Nel suo negozio, crocevia di personaggi famosi e di rilievo più o meno discutibili, arriva il campione dell’Nba Kevin Garnett (interpretato dal vero Kevin Garnett!) che si convince del fatto che la pietra possa avere un’influenza positiva sulla sua prossima partita, chiedendola così in prestito allo sgangherato gioielliere per una giornata. Da qui si sviluppa un vortice di situazioni che travolgono il maldestro e caotico Howard.

Diamanti grezzi fonde cinema classico e avanguardistico in un viaggio nel caos della vita metropolitana

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Già dalla sequenza iniziale i registi ci fanno capire a cosa si andrà incontro con la visione del film. Il movimento della cinepresa che passa dall’immersione nei colori ammalianti della pietra preziosa all’emersione dal colon del protagonista racchiude l’essenza dell’opera, un viaggio in bilico tra lo psichedelico e il realista che diviene contemporaneamente indagine umana e racconto sociale. Specchio delle dinamiche del capitalismo contemporaneo, ma soprattutto narrazione della difficoltà della vita metropolitana, il lavoro dei Safdie è una lucida rappresentazione del caos dell’esistenza umana realizzato attraverso una costruzione formale che gli dà un aspetto surrealista mentre gioca sul contrasto col realismo insito nella vicenda.

Il ritmo è costantemente sostenuto e incalzante portando lo spettatore in un’immersione totale all’interno dell’intreccio narrativo. Gli avvenimenti che travolgono il gioielliere delineano la vita come un mondo di illusioni e di speranze da rincorrere in un percorso fatto di ostacoli infiniti, dove a ogni scelta corrisponde un’inevitabile conseguenza. Il caos messo in scena non è mai forzato o inopportuno, è costruito con un dinamismo intelligente e avvincente, capace di unire il cinema classico di autori come Martin Scorsese – qui anche produttore esecutivo – e Brian De Palma a quello avanguardistico di Nicholas Winding Refn, che condivide col film lo stesso direttore della fotografia della sua recente serie tv Too old to die young. L’odissea di Howard Ratner ricorda per certi versi quella del Carlito Brigante di Carlito’s way, con un chiaro omaggio e rimando nella parte finale. Il tutto però portato nella contemporaneità e rivisitato con freschezza, in una visione di New York originale e moderna, pervasa da un certo nichilismo mai però autocompiacente.

Diamanti grezzi è una corsa frenetica nella contemporaneità e lo sguardo su un mondo fatto di sopraffazione

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L’opera è una cavalcata martellante dove tutto è controllato, dai dialoghi sovrapposti al lavoro registico, con ogni scambio di battuta e ogni inquadratura o movimento di macchina al servizio della restituzione emozionale, attraverso un utilizzo ragionato della cinepresa a mano, così come del montaggio frenetico. La fotografia inoltre valorizza ambientazioni e azioni, con un pregevole dualismo tra il tono cupo della vicenda e il piacere visivo dell’estetica. L’affascinante colonna sonora composta da Oneohtrix Point Never, dal gusto elettronico e sperimentale, accompagna l’insieme cinematografico contribuendo ad amplificare il contrasto surreale-reale avvolgendoci in un viaggio psichedelico. Il risultato finale è una riuscita metafora dell’uomo moderno, costretto ad oltrepassare i suoi limiti in un sistema che non ha tempo per l’esitazione, la riflessione e l’umanità. Un mondo dove tutto e tutti sono sacrificabili sull’altare del capitale e la sopraffazione diviene elemento della quotidianità. Nell’incessante moto che spinge alla competizione estrema, l’avarizia si erge a valore e l’abilità nel raggirare il prossimo diviene un mezzo per il raggiungimento del fine economico.

Attraverso la miglior interpretazione di Adam Sandler di sempre Il film dei fratelli Safdie ci mostra l’essere umano nella sua complessità

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A farsi carico della potenza del film è un grandissimo Adam Sandler, nella parte più riuscita della sua carriera. La sua capacità nel cimentarsi in ruoli inusuali per i suoi standard la si era già potuta apprezzare in opere come Reign over me e The Meyerowitz stories, ma l’intensità con cui porta sullo schermo il grottesco Howard Ratner brilla di una luce nuova per l’attore americano, complessa e affascinante come quella della pietra al centro della storia. Lo sguardo magnetico che trasmette furbizia e ingenuità allo stesso tempo, l’espressione insieme rassegnata e speranzosa, le movenze inserite perfettamente nel contesto caotico da cui prende vita la sua condizione esistenziale, elevano l’attore su una vetta mai raggiunta prima.

La dicotomia che Sandler esprima è propria della totalità del film. Nell’abisso di Diamanti grezzi c’è spazio anche per la speranza. La solidissima sceneggiatura di John e Benny Safdie è capace di giocare su diversi registri, tratteggia un quadro cupo dei tempi moderni ma non rinuncia all’ironia e affida al suo protagonista un desiderio di riscatto proprio della natura umana, disegnando un personaggio complesso e sfaccettato. A volte respingente per la sua dubbia moralità, a volte meschino, ma pur sempre vittima di un contesto soffocante più grande di lui, nel quale lotta per non affogare con una spinta interiore volta sempre alla redenzione. Howard Ratner diventa così una rappresentazione dell’uomo contemporaneo in cui è impossibile non immedesimarsi almeno per un momento, pieno di difetti, ricorrentemente in errore, sgradevole in alcune scelte, eppure ricco di umanità, sentimenti forti, sogni e speranze. Un diamante grezzo come l’essere umano, come ognuno di noi.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.1

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