Venezia 80 – De l’amour perdu: recensione del cortometraggio di Lorenzo Quagliozzi

Un crocifisso in una mano. Una suora si sveglia d’improvviso come da un incubo, folgorata da un pensiero, spaventata da qualcosa o forse da sé stessa. Parla con il suo Signore, lo implora, lo prega. Inizia così De l’amour perdu (Lost Love) di Lorenzo Quagliozzi, cortometraggio in concorso all’80^ edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nella sezione Settimana Internazionale della Critica

Una piccola e “finita” suora guarda all’insù

De l'amour perdu_Cinematographe.it

Piccola, “finita”, la giovane monaca (Catherine Bertoni De Laet) apre il portone della Chiesa ed è ancora più piccola e finita, di fronte alla grandezza di quella facciata, così gigantesca e imponente. Lo è ancor di più quando fuori dalle finestre dell’edificio vede volare degli aerei militari. De l’amour perdu si apre a poco a poco allo spettatore, svelandosi senza troppa fretta, come uno di quei fiori meravigliosi, petalo dopo petalo. Lo spettatore viene condotto nella Francia occupata dai nazisti, la monaca attende, guarda fuori, si percepisce chiaramente il patimento sul volto della donna. Quagliozzi conduce con uno sguardo elegantissimo, in un mondo fatto di baci e genuflessioni ai piedi del crocefisso, di preghiere, un Padre nostro, preghiera che cheta e placa l’animo in cerca di salvezza, di porte e finestre che formano geometrie e simmetrie di donne che attendono con lo sguardo rivolto verso l’alto.

“Dio è dappertutto”

Nella casa del Signore, dove tutto è compassione, amore e beatitudine, mentre la vita delle sorelle continua nella sua ciclica linearità, c’è l’animo diviso e trafitto di una di loro che sta vivendo una passione tutta umana, una crisi che la scuote e la accompagna in ogni momento. 

De l’amour perdu: il racconto di una donna divisa, segnata dalle lacrime

De l'amour perdu_Cinematographe.it

“Cosa vi ha detto?… Ho visto un uomo avvicinarsi, chi era?”
“Nessuno, un vagabondo”

Ad un certo punto la giovane suora riceve una notizia. Qualcosa che lo spettatore non sente ma comprende chiaramente, lo percepisce. Un’immagine quasi stilizzata, la suora e un uomo, sul verde di un campo, l’erba si muove e, tra loro, qualcosa d’importante sta avvenendo. Quagliozzi mostra il volto femminile, immerso nell’oscurità, rigato da lacrime, che brillano in quel nero oscuro come gli anni da loro vissuti. Il cortometraggio mescola la vita quotidiana di quelle suore, l’attesa di notizie, le immagini che fanno riferimento a quel mondo come per dare l’impressione di quanto sia divisa la protagonista.

C’è un momento che modifica per sempre il corso di questa storia: lei esce e si reca lì dove la notizia ricevuta la porta. La storia, quella con la S maiuscola travolge tutto quanto. SS, torture, prigionieri, queste sono le parole che inondano orecchie, corpo di una lei di solito abituata alla santità, alla luce infusa. La Storia si contrappone a quella intima della protagonista di cui non si conosce il nome ma di cui si conoscono sentimenti e sentire. Proprio intorno a questo si costruisce il cortometraggio.

De l’amour perdu: una notizia dà senso alle cose

“Sono qui”

Una frase che apre un mondo di lacrime, di quell’amore del titolo che implode ed esplode potentissimo mentre il tempo fugge e l’amore vissuto diventa perduto. Nelle parole della giovane suora c’è un discorso profondissimo, una toccante disquisizione su amore (per Dio e quello terreno) e egoismo, bisogno e paure, una richiesta di perdono tutta umana che toglie il fiato. Se nella prima parte De l’amour perdu le scelte di Quagliozzi sono elegantissime per colore, luci e ombre, inquadrature, squisitamente estetiche a tratti, pur sempre relative e utili alla storia, piene di senso e di “materia”, qui invece a parlare sono i volti e i dialoghi, le lacrime e le mani che si intrecciano.

“l’amore ci raccoglie dove la conoscenza ci lascia” 

Dopo questa parentesi, De l’amour perdu torna alle geometrie precedenti ma mai prive di anima, anzi, anche se per pochissimo, per l’ultima immagine su cui si chiude il cortometraggio.

De l’amour perdu: valutazione e conclusione

De l’amour perdu è un cortometraggio potente e molto intenso che con rigore, linee, scenografie spoglie, lacrime e chiaro scuri conduce lo spettatore nella vita dolente di una giovane suora divisa tra Dio e amore. Con un sapiente occhio Quagliozzi gioca con le immagini sacre, con i silenzi e la vita sempre uguale a sé stessa su cui si costruiscono le esistenze delle monache. Come di fronte a dei dipinti si percepisce chiaramente l’attesa che la protagonista vive, quello che ricorda l’estatico sguardo all’insù in realtà è un occhio che grida con tutta la voce che ha in corpo pietà e compassione ad un Dio che sembra sordo di fronte alla sua sofferenza e alla tragedia. La protagonista ha una dimensione eroica, una statura profondamente umana capace di sopportare un dolore talmente profondo da essere ingestibile.  

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.8