Cose Nostre – Malavita: recensione del film di Luc Besson

Cose nostre – Malavita è una pellicola sul cambiamento. Cambi di abitudini, stili di vita, mentalità. Evento doloroso per la psicologia di chiunque soprattutto quando questi si configurano come coercitivi e non di natura fisiologica.

Difatti il film narra con sobrietà la storia di una famiglia americana costretta a trasferirsi nella provincia francese dopo che il capofamiglia mafioso (interpretato dal mito vivente Robert De Niro) decide di collaborare con la giustizia e denunciare i vecchi compari di malefatte. Scelta che comporterà tutte le conseguenze del caso e che andranno a comporre l’incipit del film.

Cose Nostre – Malavita dunque non può che concepirsi come una commedia nostalgica con evidenti sprazzi humor e gangster movie fino a sfociare in un epilogo pulp di buon livello

Un film che esprime tutto il disagio e l’estraneità che provano i nostri protagonisti, il passaggio – sotto l’egida del Programma di protezione Testimoni – da un contesto  dinamico e adrenalinico proprio della metropoli americana a uno placido, agreste – e per questo alieno – contesto della provincia francese.
Riprendendo per un attimo il saggio di Thomas e Znaniecki, la famiglia di Robert De Niro si trova in una condizione traumatica, costretta a perdere un’organizzazione di vita già acquisita e prenderne un’altra, creando una dissonanza culturale che può essere anche socialmente invalidante. E le interpretazioni e la scrittura del film, attraverso situazioni ed episodi di vita quotidiana portati all’estremo, racconta in maniera efficace il disadattamento.

E pur seguendo la naturale e istintiva logica darwinista, il nucleo familiare cercherà – nemmeno con tanto zelo a dir la verità – di adattare il nuovo ambiente alle proprie esigenze, ma con risultati spesso deludenti, spassosi e ai limiti del grottesco.
Il film dunque non può che concepirsi come una commedia nostalgica con evidenti sprazzi humor e gangster movie fino a sfociare in un epilogo pulp di buon livello (e qui l’omaggio a Quei Bravi Ragazzi di Martin Scorsese è evidente).

E qui  notiamo l’esperimento – molto interessante nelle premesse – di Luc Besson, che è anche il regista che firma la pellicola. Quello di voler contaminare due stili cinematografici molto diversi: Il cinema gangster americano, tradizionalmente di ambientazione urbana, con quello della commedia francese. Purtroppo l’ibridazione non è sempre perfetta e accanto a un’idea coraggiosa e stimolante, le singole storie che orbitano intorno a quella principale (la moglie, interpretata da Michelle Pfeiffer, e la sua vendetta contro gli spocchiosi francesi,  quella dei due figli alle prese con scuola e iniziazione alle regole criminali) risultano molto meno convincenti.

Iil film cerca di contaminare due stili cinematografici molto diversi: Il cinema gangster americano, tradizionalmente di ambientazione urbana, con quello della commedia francese

Non manca la violenza, anche se questa è sapientemente occultata e avviene (almeno nella prima parte) sempre off screen, lasciando lavorare l’immaginazione dello spettatore.
Come dicevamo, c’è un tracimante citazionismo a molti film celebri (cosa non nuova nelle pellicole di Besson), che a volte affascina e si configura come un pregio, ma che più spesso si trasforma in un tentativo autoreferenziale di taglio e cucio, senza dire realmente qualcosa di nuovo.

Ebbene, Cose Nostre – Malavita ha proprio nei suoi momenti più alti i suoi stessi limiti. È una storia piacevole, anche raccontata con un certo stile, ma che non riesce a elevarsi dal marasma dei film usa e getta.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

3.2