Come gocce d’acqua: recensione del film di Stefano Chiantini

Come gocce d'acqua è un film puro, sensibile e delicato.

Nono film di Stefano Chiantini, Come gocce d’acqua, inizialmente intitolato Supereroi, con Edoardo Pesce, Barbara Chichiarelli e Sara Silvestro, arriva nei cinema dal 5 giugno 2025. Come gocce d’acqua è la storia di un riavvicinamento, di una riconciliazione e del bisogno di contatto umano. Al centro del film il rapporto tra un padre e una figlia, e tra genitori e figli, quando questi ultimi si ritrovano costretti a prendersi cura degli altri, come accade a Jenny, volto di Sara Silvestro, a seguito di un ictus che colpisce suo padre, interpretato da Edoardo Pesce. Una tragedia che porterà l’intera famiglia a un livello di consapevolezza maggiore, non solo di chi sta loro accanto, ma soprattutto di sé e di cosa per loro è realmente importante nella vita.

Come gocce d’acqua lavora di sottrazione riuscendo a raccontare una storia, e solo la cornice è puramente cinematografica

Come gocce d'acqua - cinematographe.it

Come gocce d’acqua è un film perfetto, che mai cede nella retorica: nei silenzi e nei dialoghi scarni, ridotti all’osso, racconta una famiglia. C’è una verità, una spontaneità e una risolutezza nel racconto, in ciò che si vede nella sua istanza estrinseca e apparente, nelle connotazioni che si basano sull’affetto, che questo sia individuabile per tutti, che sia nelle piccole cose, nei gesti più eclatanti o in un istinto di protezione. Le figure dei genitori, assolutamente non stereotipate, nel film di Chiantini, vere e imperfette, non hanno sempre agito in modo giusto e, come tutti, hanno commesso degli errori. Errori che questa volta si sceglie, senza timore, abbracciando un senso di rinnovamento, di delineare come ferite aperte nell’animo della giovane protagonista. Ma anche sul punto di rimarginarsi, che non fanno della rabbia e dell’ostilità gli unici sentimenti nei confronti di chi per anni è stato assente.

Se si parla appunto di rinnovamento e modernizzazione, Chiantini opera entrambi anche nell’approccio a un tema, come quello del rapporto padre – figlia, tra i preferiti del cinema italiano e internazionale, ma con una modalità differente. La forma di Come gocce d’acqua è infatti diversa: l’esercizio estetico, che non ricerca nel raffinato e nell’artistico la sua efficacia visiva, è fatto di estrema naturalezza, di immediato e genuino, di autentico, fresco e sincero. Anche l’essenzialità delle location, che potrebbe sembrare dapprima casuale, ha questa sua provenienza nella ricerca di una verità. Quella di una famiglia, un nucleo di tre persone che, come tutti, ha dei disagi, delle fragilità e delle problematiche. Ma che al tempo stesso cercano e sanno di esistere ancora, di avere una vita, di essere tutti e tre sia un membro della famiglia sia una persona a se stante, disgiunta da tutto il resto.

Un ponte tra passato e futuro nel diverso modo di intendere il rapporto tra genitori e figli

Come gocce d'acqua

Se per certi versi la dinamica di Come gocce d’acqua ricorda le famiglie di una volta, dove c’era meno ricerca di dialogo e contatto, con una punta di autoconservazione che il film, con dovuta attenzione, non colpevolizza, c’è però una simpatica complicità maggiore tra genitori e figli. Un esprimere i propri sentimenti attraverso sguardi, sospiri e momenti dove, per un attimo, ci si dimentica di tutto. Un reale punto d’incontro tra generazioni lontanissime, i cui legami di parentela vivono e progrediscono comunque, sempre, sulla base dell’amore. Come gocce d’acqua colpisce quindi nel suo essere tanto vero e tanto sentito, capace di arrivare a tutti, di essere lì con i personaggi mentre gli eventi accadono intorno a loro. La Jenny di Sara Silvestro è una giovane che cerca di non perdere mai il sorriso, il padre Alvaro vorrebbe recuperare il tempo perduto prendendosi cura della figlia, ma gli eventi non glielo permettono, e la madre Margherita cerca di continuare a vivere la propria esistenza senza far mancare nulla a nessuno. E un nuovo disagio porta alla luce tutto ciò che l’amore rendeva invisibile.

Come gocce d’acqua: valutazione e conclusione

Come gocce d'acqua

Come gocce d’acqua è un film puro, sensibile e delicato. Tutto è percepibile, ma sottile, tutto è evidente, ma dissimulato, perché nel quotidiano non sempre c’è bisogno di troppe parole. Con una regia che si concentra sugli sguardi e sui primi piani e una recitazione che nella sua essenzialità, attraverso un gesto, un cenno o un espressione riesce a trasmettere tutta la sua emotività e la sua empatia. Il titolo, evocativo e allegorico è l’elemento dell’acqua preponderante: Come gocce d’acqua si muove tra le coste del Lazio e la piscina dove Jenny si allena e vive. L’acqua è un legame tra Jenny e suo padre, è quella che lava le ferite e purifica, che culla, ma la cui corrente a volte bisogna combattere. L’acqua è simbolo di vita, di rinascita, della capacità di adattarsi, con forza e flessibilità, a tutti i mutamenti che può incontrare. Flusso, cambiamento, guarigione e ritualità. E proprio “come gocce d’acqua” Jenny e suo padre sono simili, affini, quasi uguali, ma non identiche.

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Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.6