Cocaine – La Vera Storia di White Boy Rick: recensione del film

Cocaine - La Vera Storia di White Boy Rick, diretto da Yann Demange, è un'opera che racconta, con dissacrante ironia, l'America priva d'istruzione e di speranze.

Detroit, anni ’80, ai tempi della peggior recessione economica mai arrivata nell’ex Capitale dei motori USA. Povertà, miseria, degrado, tensioni razziali, in breve tempo la città simbolo del Michigan diventò quello che è ancora oggi: il simbolo della violenza di strada, del traffico di droga spicciolo e quotidiano, dell’emarginazione rabbiosa e virulenta che poi il grande Eminem avrebbe cantato per tutta la carriera.
In quel crogiolo di droga, soldi facili, morte ancora più facile e miseria, si fece spazio il giovanissimo Richard Wershe Jr., detto White Boy Rick, che da semplice ragazzo di strada sarebbe diventato in breve il più giovane informatore della storia dell’ FBI, nonché uno dei più pericolosi signori della droga di quell’inferno di cemento.
Cocaine – La Vera Storia di White Boy Rick, diretto da Yann Demange, parla della sua storia.

Ad interpretare il giovanissimo “thug” il regista di ’71 ha chiamato l’esordiente Richie Merritt, circondato da un cast a dir poco sensazionale e azzeccatissimo.
Infatti nei panni del debole, vanaglorioso ed insicuro padre Richard Wershe Sr. c’è un Matthew McConaughey in assoluto stato di grazia, un serafico ed incanaglito Bruce Dern è il nonno Ray Wershe, mentre Bel Powley è Dawn, la sorella del protagonista.
Completano il cast Jennifer Jason Leigh, Brian Tyree Henry, Rory Cochrane, Eddie Marsan, Piper Laurie, YG, Danny Brown e RJ Cyler.

Cocaine è un monumento dissacrante nei confronti dell’American Dream

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick cinematographe.it

Cocaine si erge in tutto e per tutto a monumento dissacrante nei confronti non solo dell’American Dream, ma soprattutto dell’epica del fuorilegge, della mistificata ed erronea ascensione al pantheon degli eroi del gangsta, dello spacciatore di strada, dell’eroe del cemento diroccato che con coraggio e audacia diventa Principe del Crimine. Ma anche del poliziotto, dell’agente dello Stato contro il Crimine.

Forse per questo Cocaine non è stato ben accolto in patria da una stampa americana sempre pronta a sperticare lodi su pellicole che incensino e riscattino l’immagine del Meraviglioso Paese, ma molto severa con chi (come Merritt) ne sottolinei la violenza del credo arrivista, l’ignoranza delle basi culturali, i limiti di una società razzista, ignorante e violenta, dove solo il denaro conta, non importa come lo si ottenga.
Addirittura ci si è scagliati contro lo script di Andy Weiss, Logan Miller e Noah Miller, quando è forse uno dei più originali, viscerali, intelligenti del genere gangster e crime mai visti negli ultimi decenni, che sontuosamente viviseziona la realtà della criminalità di strada, il suo retaggio, getta una luce geniale sulla distanza tra quel mondo e il nostro.

Uno sguardo sulla realtà economica di un’America senza istruzione e speranza

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Ma Cocaine fa di più, si erge ad elogio e contemporaneamente dissacrante condanna della famiglia americana, così come della “famiglia” di strada, del concetto di crew, di gang, che tanto è stato sovente abusato, reso mitico tralasciandone volgarità, violenza e codardia.
In tutto e per tutto si ricollega a quel capolavoro che fu la serie The Wire, da noi passata quasi in sordina, altrove (negli States, soprattutto) indicata come la migliore mai fatta sulla realtà oscena dei ghetti americani dell’America che mai si è ripresa da quel feroce e ributtante periodo detto Reaganismo. Di quel momento storico, ancora oggi concepito come “mitico” grazie ad una cinematografia pacchiana fatta di machismo e retorica, fa scempio, eviscera ogni contraddizione, si fa saggiamente beffe del moralismo yuppie, del “Just Say No” con cui la caramellata First Lady Nancy Reagan pensava di convincere migliaia di ragazzi e ragazze, imbruttiti dalla povertà che suo marito ed suoi amici avevan causato, a rinunciare all’unico mezzo di sostentamento che avevano.

Perché, ed è questo il fatto più importante, Cocaine ci mostra la realtà economica, di vita, dell’America degli ultimi, dove non c’è istruzione, speranza, dove se non spacci o delinqui muori letteralmente di fame.
La polizia? Corrotta quando va male, quando va bene invece assolutamente disinteressata alla vita dei cittadini a cui chiede fiducia, di cui è martello di un potere politico, anzi di una società, basata sul singolo che schiaccia la collettività.
L’FBI, la narcotici, la Omicidi, non appaiono umanamente tanto migliori dei criminali a cui danno la caccia, che se non altro cercano (a modo loro) di rispettare un codice, di inseguire un sogno infernale che è l’unico che gli è stato dato.

Cocaine ci guida con dissacrante ironia tra le strade di una Detroit agghiacciante

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick cinematographe.it

White Boy Rick, ragazzino cresciuto senza madre, con un padre inconsistente, tra criminali, in un posto dove regnano morte, droga, armi, omicidi, violenza e dove solo entrare “nel giro” permette di avere una speranza, quale scelta aveva? Nessuna.

Cocaine ci guida con straordinaria e dissacrante ironia tra le strade di una Detroit agghiacciante, fredda, spigolosa, immortalata dalla fotografia sontuosa di Tat Radcliffe, addobbata a triste festa da un’ottima colonna sonora, dove per una volta il cinema ci mostra volti e corpi sformati dal junk food, denti storti o assenti, capelli sporchi, abiti di terza mano e non la fisicità di quella Hollywood che, sotto sotto, ha sempre tessuto le lodi dell’American Dream della strada.
Intenso, intelligente, con un cast sensazionale, che si muove con una precisione millimetrica, Cocaine porta con sé una dose enorme di politica, di condanna verso la società, è un dito puntato di enorme efficacia contro la diseguaglianza sociale.

Cocaine è l’America dimenticata che Hollywood non vuole farci vedere

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick cinematographe.it

Forse che Cocaine è un film contro la cultura hip-hop? Il mito del gangsta che vince la miseria anche per un giorno? No. Ne è la spiegazione sociale e scientifica. Culturale. Ovunque vi sono prede e predatori. Cambia solo che armi usino in America, come si vestano, non ciò che dimora nel loro animo, e soprattutto guai a pensare che in questo paese la legge valga anche per i più ricchi.
Per chi fu trovato (anche grazie a White Boy Rick) con le mani nel sacco e faceva parte della polizia e della politica, la galera non arrivò mai. Non arriva mai. Perché quando hai i soldi in America, il giusto o sbagliato smette di interessarti.
Un film che ci mostra il crimine di strada per quello che è: una conseguenza di politiche sbagliate, dell’economia che non funziona, del vagone deragliato degli ultimi lasciato a sé stesso.
Il bello è che, a tanti anni di distanza, per Detroit o Baltimora non è cambiato niente.

Cocaine è forse il film più politico uscito dagli Stati Uniti negli ultimi anni, il più feroce, il più inclemente, alla faccia di certi cinecomic edulcorati per supposti “meriti culturali” o di film d’autore buonisti e zuccherosi.
Questa è l’America. Quella dimenticata. Quella che Hollywood non vuole mai farci vedere e di cui si vergogna perché non dà lieti fine, perché per ogni 50 Cent, ogni Eminem o Floyd Mayweather ci sono 1000 ragazzi finiti al cimitero o in carcere.
E Cocaine parla di loro.

Cocaine – La Vera Storia di White Boy Rick è in sala dal 7 marzo 2019 con Warner Bros.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.9