Bostik, la bodega de D10S: recensione del docufilm su Napoli e Maradona

Mauro Russo Rouge confeziona un'opera che affronta il rapporto tra la città e il mito del calciatore provando a restituire un punto di vista inedito.

Con Bostik, la bodega de D10S, in uscita al cinema il 26 maggio 2025 con Piano B Distribuzioni, Mauro Russo Rouge confeziona un’opera che affronta il rapporto tra la città di Napoli e il mito di Maradona, provando a restituire un punto di vista inedito.
A Napoli, se chiedete indicazioni per Via Emanuele de Deo, probabilmente vi guarderanno con un po’ di confusione. Penseranno che stiate sbagliando il nome della strada, o forse che si tratti di qualche vicolo sperduto, in uno dei quartieri labirintici della città. Questo perché, oggi, quella via è conosciuta in tutto il mondo come Largo Maradona. È un luogo simbolico, epicentro di un culto che di solito si riserva ai santi. Qui, tra i panni stesi, i motorini in corsa e i profumi del buon cibo, l’immagine di Diego Armando Maradona campeggia su un palazzo come una divinità protettrice, incastonata nel cuore dei Quartieri Spagnoli. Non si tratta soltanto di un omaggio sportivo, ma di una vera e propria geografia dell’anima per una città che ha trovato, nel Pibe de Oro, una forma di riscatto e di orgoglio.

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Bostik, la bodega de D10S – Il murale e la leggenda

bostik Mauro Russo Rouge cinematographe.it

È il 1990 quando il giovane artista Mario Filardi, in corrispondenza dello storico, secondo scudetto del Napoli, realizza l’ormai celeberrimo murale, commissionato dal capo del gruppo ultras “Teste Matte”: Antonio Esposito, detto Bostik. Il dipinto fu completato nel giro di una settimana e, a causa della posizione, non era mai stato in grado di arrivare ai più. Purtroppo, Filardi ci ha lasciati in giovane età e ben prima che la sua eredità potesse ricevere il riconoscimento che meritava, giunto soltanto dopo la morte di Diego Armando Maradona. Ma oggi, 35 anni dopo , il mecenate di quell’opera agiografica è il protagonista di un docufilm che si inscrive nella tradizione di un vero e proprio filone cinematografico dedicato alla figura del calciatore, da Kusturica a Kapadia, passando per Marco Risi e la serie biografica su Prime Video. Ora, con i recenti successi calcistici del Napoli e della nazionale Argentina, tutto questo assume una dimensione ancora più evocativa.

Dentro la “Bodega de D10S”

Mauro Russo Rouge si immerge nei Quartieri Spagnoli, nei pressi di quella “Bodega de D10S” che Bostik gestisce come appendice di un altare del calcio, che è diventato meta di pellegrinaggio di milioni di visitatori, tra tifosi, semplici turisti e veri e propri devoti. La macchina da presa segue il sacerdote di quel tempio infiltrandosi nella sua quotidianità, raccogliendo le testimonianze di familiari e amici che gravitano attorno ad un mondo dagli echi pasoliniani. La realtà popolare la fa da padrona con la rappresentazione di molti momenti informali, dalla festa dei 70 anni di Bostik all’anniversario di matrimonio della figlia, passando per la routine lavorativa. Si percepisce di star vivendo da vicino lo svolgersi delle giornate di una persona che è diventata un punto di riferimento per un intero rione che gli deve tutto, o quasi. Le interviste ai commercianti, che solo grazie al business messo in piedi da Bostik sono riusciti ad aprire un bar o un piccolo negozietto, evidenziano proprio quanta influenza abbia avuto nel cambiare le sorti di tutta la zona. Un semplice tifoso che si è inventato anche imprenditore, offrendo una vera alternativa a chi, fino a poco tempo fa, era costretto dalle contingenze a cercare di arrangiarsi, in modi a volte al confine con la legalità.

L’estetica dei Quartieri Spagnoli nel docufilm di Mauro Russo Rouge

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Il sapiente uso dei grandangoli permette di dare respiro a spazi di per sé abbastanza angusti, spesso affollati e complicatamente ricchi di elementi visivi, restituendo un quadro antropologico all’interno di quello cinematografico. Sbirciando nelle case e nei locali, Russo Rouge ruba immagini di convivialità mediterranea, che riesce anche a strappare il sorriso. Il montaggio, inoltre, riesce ad essere sempre chiaro e a dialogare perfettamente con una colonna sonora elettronica d’impatto. La location privilegiata, chiaramente, è Largo Maradona, con l’infinità di reliquie, omaggi e souvenir costantemente a schermo, riportando alle origini barocche di quella parte della città, e che mettono sempre in primo piano l’immagine di quel “Dios” a cui Napoli e l’Argentina saranno per sempre riconoscenti.

Dal ritratto personale alla ricostruzione storica

Grazie ai diversi inserti di materiale d’archivio, specialmente per i segmenti che fanno riferimento alla festa del terzo scudetto del Napoli, risalente al 2023, la dimensione del documentario si estende in parte dal biografico allo storico. Ne risulta un’opera che riesce a cristallizzare l’identità collettiva di un popolo attraverso il culto del suo idolo massimo. Il Maradona di Bostik è un santo laico, una proiezione mitologica che, pur nella sua assenza fisica, continua ad agire sui corpi e sulle vite delle persone. Russo Rouge non rincorre la retorica né l’estetica della cartolina col Vesuvio, ma cerca di indugiare nella routine di Bostik, costruendo un ritratto vivido e stratificato, capace di far dialogare la spiritualità popolare con la cultura urbana, la fede calcistica con l’arte, l’individuo con la comunità. In questo senso, Bostik, la bodega de D10S è un tassello ulteriore nella costruzione di un immaginario napoletano sempre più vasto, nonostante la proposta sia attualmente tanto ampia da rischiare un po’ di saturazione.

Bostik, la bodega de D10S: valutazione e conclusione

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Nel panorama attuale, è raro che un documentario come questo riesca a vedere la sala, sia per ragioni produttive che per la scelta di trattare collateralmente una figura gigantesca come Maradona attraverso un’altra persona che i più non conoscono. Purtroppo, però, la problematicità di avere al centro del film un personaggio che fatica ad aprirsi e a raccontarsi comporta di non riuscire ad esplorare dettagli altrimenti molto interessanti, come l’ambiente ultras degli anni ‘80 e il passato di Bostik stesso, lasciando la sensazione che manchino dei pezzi ad una storia che poteva raccontare altro ancora. Da questo punto di vista, è un po’ un’occasione persa, che però tradisce le difficoltà di realizzare un’opera del genere. Nonostante questo, merita la visione soprattutto se si è appassionati di un’icona simile, che va oltre lo sport, di cui forse si continuerà a parlare in eterno, anche grazie a discepoli come Bostik.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.5