Blair Witch: recensione del film di Adam Wingard

Era il 1999 quando i registi Eduardo Sanchez e Daniel Myrich producevano uno degli horror più controversi degli ultimi anni The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair. Chiaramente il film ebbe grosse difficoltà a trovare una distribuzione a livello internazionale (c’è chi dice per problemi legati alla produzione originale, chi parla addirittura di pellicola eccessivamente controversa) ma divenne, nel giro di pochissimo tempo un vero e proprio caso cinematografico, catturando l’attenzione di tutti gli amanti del genere e in particolare dell’underground di qualità.

Dopo ben 17 anni è lecito poter parlare di questo film come uno dei capostipiti del genere POV e del found footage, all’epoca ancora lontano dai fasti inflazionati moderni e dalla produzione in serie che ha iniziato lentamente a stancare l’occhio dello spettatore. Già perché alla fine degli anni ’90 quel genere lanciato da The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair  era davvero innovativo, o quanto meno si discostava dagli horror ad alto budget con effetti speciali a volte troppo meccanizzati, una messinscena eccessivamente teatrale e infine una credibilità sempre più discutibile.

Dopo il quasi dimenticato film del 2000 Il libro segreto delle streghe – Blair Witch 2 di Joe Berlinger, il regista della fortunata e apprezzata serie V/H/S ripropone dopo ben 17 anni un sequel purosangue sugli eventi legati al primo indimenticabile film del 1999. Durante il panel Lionsgate al San Diego Comic-Con 2016 il regista Wingard ha svelato che il film intitolato The Woods, fino a quel momento, era in realtà il sequel del film di Eduardo Sanchez e di Daniel Myrich. Il pubblico ha subito captato positivamente la notizia e i fan hanno iniziato un inesorabile conto alla rovescia destinato a scadere il 21 settembre, data d’uscita di Blair Witch in Italia.

Blair Witch

Come ogni sequel che si rispetti deve esserci un quid a scatenare la vicenda. In questo caso il fratello della scomparsa Heather Donahue decide di voler far luce su un caso ormai vecchio di 17 anni, mai rassegnatosi all’incredibile caso della foresta di Black Hills nel Maryland. James Donahue decide di mettersi in cammino insieme a un gruppo di amici all’interno della foresta cercando di scoprire cosa sia davvero accaduto a Heather. Con l’aiuto di due ragazzi che fungono da guida, il gruppo sembra speranzoso di trovare la verità. Al calare delle tenebre le loro certezze iniziano a svanire e la paura li assale nel profondo del cuore, nella foresta c’è qualcosa di maligno che va oltre ogni più terrificante immaginazione. L’incubo è appena iniziato!

Blair Witch

Dopo anni passati a riflettere sulla valenza artistica o meno del primo film di Blair Witch, oggi possiamo dire finalmente quanto segue. Le pellicola di Eduardo Sanchez non solo è stata un veicolo fondamentale per gli horror della new generation, ma ha dato linfa a un genere che sembrava non averne più. La veridicità alla quale le “riprese amatoriali” puntano è straordinaria, sono il punto nevralgico del genere found footage. Adam Wingard nel suo sequel fa tesoro degli insegnamenti del primo film, costruendo una struttura narrativa su basi ampiamente collaudate e filmando un horror moderno dallo sguardo venefico. Già perché di sguardi e di espressioni è modellata l’opera di Wingard, un’espressività molto accentuata da parte del cast per far vivere davvero da vicino le vicende di Blair Witch. L’enfasi artistica con la quale è modellato il film rende ogni singolo sguardo, ogni gesto una comunicazione diretta con lo spettatore.

La foresta è fredda e oscura, più buia de La Casa di Fede Alvarez, più avvolgente di Cabin Fever di Eli Roth

Blair Witch

I movimenti rapidi della camera, il montaggio disgregato in fasi alternate (si alternano fasi confusionarie, luci tremolanti, urla e interferenze tecniche) innescano un processo dissociativo tra realtà e finzione, dove la seconda lascia inesorabilmente spazio alla prima. Il Pov è quanto mai riuscito, non stanca e non annoia la parte introduttiva, anche se i cliché americani sono presenti non sono né invadenti né totalmente fuori luogo come spesso è capitato con altri film del genere (vedasi la degenerazione di Paranormal Activity).

Blair Witch

Sostanzialmente Blair Witch è diviso in due parti, una parte di preparazione, di attesa e una seconda parte più frenetica. Azione e staticità sono sposate perfettamente senza l’una soverchi l’altra, cosa che purtroppo nel primo film è successa. Adam Wingard dirige coscienziosamente un sequel da brividi, dove la paura regna incontrastata e dove gli sguardi dei protagonisti si uniscono ai nostri sbigottiti, in attesa di scoprire cosa si cela nella foresta di Black Hills. Adam Wingard regala a Blair Witch un salto qualitativo netto, realizza quello che il primo film promette e mantiene solo parzialmente. Anche stavolta però è saggio aver paura di ciò che non si vede.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.1