Beau ha paura: recensione del film di Ari Aster con Joaquin Phoenix

Un lungo viaggio surreale nella mente di un uomo tormentato da paure ancestrali raccontato nel suo terzo film da uno tra giovani registi più innovativi della sua generazione

Il premio Oscar Joaquin Phoenix torna a interpretare i tormenti di una mente disturbata nel film del controverso regista Ari Aster (Hereditary – Le radici del male, Midsommar – Il villaggio dei dannati) Beau ha paura, dal 27 aprile al cinema distribuito da I Wonder Pictures. Nel cast Patti LuPone, Amy Ryan, Nathan Lane, Denis Ménochet e Stephen McKinley Henderson.

Beau Wasserman, in cura da tempo da uno psichiatra e oppresso da ansie e ossessioni, sta per mettersi in viaggio per far visita a sua madre, ma alla vigilia della partenza i suoi tormenti esploderanno creando il caos intorno a lui, un caos surreale, inquietante che gli impedirà di raggiungere facilmente la sua destinazione. Il suo viaggio si rivelerà senza una mappa, caratterizzato da paure ancestrali, incubi ad occhi aperti e traumi mai cancellati.

Beau ha paura – Un’odissea delirante e spaventosa

Beau ha paura, cinematographe.it
Joaquin Phoenix

Ari Aster, con i suoi primi due film, Hereditary e Midsommar, che hanno conquistato pubblico e critica, ci ha abituati a dei traumatici viaggi nell’incubo, non dei semplici horror ma le sue personali visioni di drammi familiari, come il lutto che scompagina l’equilibrio mentale di chi rimane a piangere i propri cari. Anche in Beau ha paura, un film concepito ben 10 anni fa, prima dei suoi due lungometraggi di successo, le ossessioni del protagonista derivano dal difficile rapporto con una madre che sin dai primi minuti del film sentiamo quanto sia soffocante e dannosa per il figlio, non la vediamo, ma dal breve dialogo che Beau ha al telefono con lei tutto appare subito chiaro e preoccupante. Inizia così per il personaggio interpretato da Joaquin Phoenix un’odissea personale delirante e dolorosa che trascina il pubblico in un vortice di situazioni irrazionali e spaventose, tra continue metafore e simbolismi, alcuni dei quali difficili da cogliere, così criptici nel lungo flusso di coscienza di Beau che solo un autore come Ari Aster poteva concepire. Tra i giovani registi più apprezzati degli ultimi anni, il trentaseienne statunitense ha recentemente ricevuto “l’endorsement” di Martin Scorsese che lo ha definito “una delle più straordinarie nuove voci nel mondo del cinema”, e parlando del suo terzo lungometraggio ha detto che “è notevole a molti livelli, sono rimasto colpito dal suo linguaggio così unico e così originale”.

Beau ha paura, cinematographe.it
Joaquin Phoenix, Amy Ryan e Nathan Lane

Non è difficile condividere il pensiero del Maestro Scorsese, ma in Beau ha paura Aster sembra aver dato eccessivamente sfogo al suo estro, alle libere associazioni, facendo della sua nuova fatica un film kafkiano senza controllo, e pur mantenendo alcuni elementi cardine della sua filmografia, come l’attenzione ai dettagli, che si rivelano spesso inquietanti e significativi, la tensione costante, situazioni spiazzanti, a tratti comiche, e una regia virtuosa, questa ansiogena avventura (2 ore e 59’ di durata) pone tanti interrogativi e un disorientamento nello spettatore che non permette molta partecipazione durante la visione. Sono tante le chiavi di lettura di un film ostico, al quale ai più temerari consigliamo di approcciarsi accettando tutta la sua schizofrenia, dove trova anche spiraglio una profonda critica di una società dove alberga solitudine e paura, spesso indifferente alla malattia mentale e alle sofferenze altrui, rappresentata metaforicamente dalla scioccante immagine, tra le tante, di un cadavere abbandonato da giorni per strada.

Beau ha paura – In nome della madre

Beau ha paura, cinematographe.it
Joaquin Phoenix

La madre di Beau, Mona (Patti LuPone), è capace di condizionare un’intera vita in un modo che neanche Sigmund Freud avrebbe potuto concepire, il loro rapporto e le conseguenze del comportamento della distopica genitrice sono il fulcro del film, la causa e l’effetto di un incubo ad occhi aperti al quale il protagonista reagisce cercando di scappare, perdendosi, disperandosi, in un inferno psicologico reso magistralmente nella sua follia da Joaquin Phoenix, in un ruolo che non poteva essere che suo.

Troppa carne al fuoco e un non tanto celato compiacimento in Aster fanno di Beau ha paura il passo falso di un regista che ha già dimostrato di aver molto da raccontare, e di sapere entrare come pochi nei meandri delle paure più recondite e ataviche.

Regia: 4

Sceneggiatura: 3

Recitazione: 3

Sonoro: 4

Fotografia: 4

Emozione: 3

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.5