Be My Voice: recensione del film

Una folta chioma di ricci, una lingua tagliente e una voglia di libertà e indipendenza che aveva fin da bambina, è tutto questo Masih Alinejad, giornalista e attivista che dà voce a chi non ce l’ha, anello di congiunzione tra chi è costretto al silenzio e chi è capace di ascoltare. Nahid Persson, regista iraniana naturalizzata svedese, racconta la storia di Alinejad in Be My Voice, film d’inchiesta su una donna coraggiosa. Persson segue Alinejad per alcune settimane, documenta le giornate, il lavoro, la vita (rinnegata dalla famiglia a parte il fratello). Proprio grazie a Masih, che diventa veicolo di altre storie – narrate per mezzo di video e messaggi inviati a lei -, emerge la condizione femminile nei Paesi del Medio Oriente.

Be My Voice: un documentario intenso e potente

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“La mia forza siete voi”

Il racconto di Masih è quello di chi ha provato a cambiare le cose, di chi si ribella, spariglia le carte, cerca di cambiare il verso delle cose. Lo sappiamo bene, dalla letteratura, miti e leggende lo dimostrano, le donne che alzano la testa vengono fatte tacere, maltrattate, umiliate, messo sotto scacco da un uomo che non è loro amico e che deve per forza impedire loro di urlare la propria libertà e indipendenza. Eva, Pandora e molte altre sono casus belli di dolori, tragedie per cui il sangue scorre e, incredibilmente, sembra essere sempre loro la colpa e per questa colpa devono “soffrire” in eterno. L’uomo così scrive una Legge per cui spesso le donne sono deboli, difettose, infragilite fisicamente, psicolocimanente, umanamente, perché “dare un ordine ad una donna eleva lo stato sociale” dell’uomo. Lo dice Masih che quando era piccola, in casa, le era stato insegnato a obbedire ma lei fin da quei tempi ha imparato ad alzare la testa: “ho iniziato la mia rivoluzione dalla cucina”. Così è stata la prima, ad essere cacciata da scuola, a finire in prigione per le sue idee, a divorziare, e non poteva essere che lei la donna capace di incoraggiare le altre ad opporsi alle leggi sul hijab, un chiaro atto di disobbedianza, a scoprirsi i capelli in pubblico. La sua storia è la quella di molte altre donne, una storia di una “libertà un po’ furtiva” che a poco a poco si fa esplicita.

Be My Voice è un documentario intenso e potente che vuole narrare la storia di una donna che si fa esempio, manifesto di emancipazione; è lei che parla a milioni di donne iraniane che si ribellano al velo, il hijab che copre i capelli, simbolo di lussuria e di desiderio. Compie uno degli atti di disobbedienza civile più importanti in Iran che ha mosso molte altre a scoprire i capelli e quindi mostrarsi al mondo; Masih può parlare perché è lontana, in esilio (vive sotto protezione negli Stati Uniti) e proprio per questo può dare voce alla protesta nel suo Paese, a sostegno dei diritti civili, a fianco delle donne.

Sono tante quelle che le scrivono sui social, riceve circa 1500 messaggi al giorno da iraniane che documentano i soprusi di sempre: arresti perché cantano per strada, condanne per aver distribuito fiori nella metropolitana, torture di ogni tipo perché la regola è una sola, seguire il verbo degli uomini in nome della religione. Lei condivide quei messaggi, parla per loro, denuncia, basta poco per creare uno squarcio nell’omertà e nel silenzio, in quello stesso buio, che avrebbe dovuto farle paura, in cui da piccola si “gettava” per scoprire il mondo fuori dalla sua casa. Chiede con voce ferma aiuto, invita le politiche straniere in visita in Iran di non indossare il velo perché dice quella che impogono loro non è la loro cultura, è solo un’imposizione.

Be My Voice: tutto parte dal corpo

“Se tutti piantassimo un seme, il mondo sarebbe pieno di fiori”

Si parla di una guerra, ai danni delle donne che si ribellano al regime iraniano, mascherato da repubblica, una forse per certi versi ancora più pericolosa, fatta di leggi, oppressione, botte e prigionia. Sono molte le donne che seguono Masih, che imparano a non abbassare la testa, a dire la propria attraverso il proprio corpo, manifesto di ritrovata responsabilità verso sé stesse, grazie al quale si possono difendere i propri diritti e il proprio “spazio” sociale e politico per arrivare a dire “Io sono il mio padrone”. Questa è una storia dolorosa, disumana, difficile da comprendere per chi è lontano e crede di sapere e conoscere per quel poco che sa, ma appare evidente che ci sono molte sfumature, molti indici di non si è a conoscenza, e questo film serve proprio per narrare la condizione femminile del Medio Oriente.

Il documentario non è una visione semplice, è complesso descriverlo e spiegarlo, tra le righe c’è l’urgenza di raccontare, la spinta di chi vuole alzare il velo per narrare una storia che non è abbastanza approfondita ed analizzata. Si percepisce il dramma di tutte coloro che non possono fare, dire, essere molte cose, sembra impossibile non essere libere di parlare con un uomo alla pari, cantare in pubblico, mostrare i propri capelli, urlare il proprio dolore. Be My Voice consegna al mondo tutto questo e molto di più, il dolore e l’emanzipazione, la guerra e l’esilio, la richiesta d’aiuto e il donarsi per la causa, è un inno alla vita e un canto compassionevole e rabbioso per chi non c’è più.

“Gente di tutto il mondo perché state in silenzio?”

Una madre grida queste parole dopo che la figlia è stata uccisa perché rifiutava l’obbligo di coprirsi e chi guarda non può che unirsi a queste urla che si stagliano potenti sotto un cielo a tratti davvero disumano. Lo spettatore può solo ascoltare, imparare, conoscere, può solo capire che serve avere coraggio per vivere (soprattutto se si è donne), che a volte è solo questione di longitudine o latitudine e la vita può essere completamente diversa, che esistono donne come Masih che diventano portavoce di tutte, oppresse e libere, quelle che hanno voce ma non la sanno/possono usare, quelle che restano nella propria torre d’avorio perché essere la voce di un altro fa paura. Be My Voice non chiede di parlare, di dire la propria, si apre come un libro e testimonia una storia.

Be My Voice: da una a tutte

Be My Voice è un film puro e profondo, un documentario ben scritto che accompagna nella storia umana di una donna corraggiosa e libera che ha fatto la rivoluzione per sé e per le altre. Questa è un’opera che turba ma che paradossalmente fa tirare un leggerissimo sospiro di sollievo perché ricorda a tutti che c’è sempre qualcuno che può, vuole ribaltare le cose, urlare il proprio dissenso, sussurrare il proprio credo che diventa di tutti, e in nome di questi tutti è capace di attuare una trasfigurazione da sé alle altre.

Be My Voice è al cinema dal 7 marzo 2022 distribuito da Tucker Film in collaborazione con Pordenone Doc Fest – Le Voci del Documentario.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4.1