Audition: recensione e analisi del film cult di Takashi Miike

Il suo nome è quasi leggenda: il regista giapponese Takashi Miike torna sul grande schermo a 24 anni di distanza dal debutto di uno dei suoi capolavori, l’inquietante e contorto Audition. Da rivedere al cinema dal 23 al 25 gennaio 2023.

Nel 1999, quando Audition veniva presentato al pubblico internazionale in occasione di numerosi festival cinematografici, le reazioni della platea non furono di unanime assenso: perché il V-Cinema di Takashi Miike, quel cinema del grottesco, che sguazza nell’onirico e strizza l’occhio al gore, non è certo una produzione facile da digerire, non per deboli di stomaco, potremmo dire (non dimentichiamo, infatti, che addirittura uno spettatore perse i sensi durante la scena “clou” di Audition). 

Audition
Recensione Cinematographe

Ma Audition è un film che fatica a tenersi incollate addosso delle etichette: non è solo un film drammatico e non è propriamente un thriller, non ha i canoni ben limati di un J-Horror e non è solo – ma in parte un po’ lo è – un film alla David Lynch in versione nipponica. Indubbiamente, però, Audition è un film che ha sempre tanto da raccontare, sull’amore – quello più totalizzante e annichilente – e sulla difficoltà delle relazioni individuali, sulla società giapponese e sul cinema stesso (perché un’opera firmata Takashi Miike ha sempre tantissimo da insegnare e molto con cui affascinare in termini registici e stilistici).

Oggi, a 24 anni di distanza dalla sua prima uscita in sala, Audition torna sul grande schermo anche in Italia, per essere visto dalle nuove generazioni, da chi se lo era perso o da chi si vuole di nuovo innamorare di un regista come Miike, un autore “delle anime perdute”.

Audition, la trama del film di Takashi Miike

Tratto da un romanzo omonimo di Murakami, Audition racconta la storia di un produttore televisivo di mezza età – Aoyama – che sette anni dopo la prematura scomparsa della moglie sente di doversi rimettere in gioco in campo sentimentale, su consiglio del figlio adolescente che lo spinge a risposarsi per non dover vivere ulteriormente in solitudine il resto della sua vita. Aoyama decide però di cercare l’anima gemella in un modo inconsueto e un po’ creativo organizzando, con la complicità di un collega, una finta audizione per un prodotto cinematografico: è in questo modo che l’uomo maturo incontra la fresca, bella e fragile Asami. I due personaggi avranno modo di legarsi l’uno all’altra dapprima timidamente e poi in modo coinvolgente, fino a lasciarsi travolgere l’uno dal passato dell’altra, in un turbinio di eventi che si intrecciano con il sogno, ma anche con l’incubo.

“Più grande è l’amore, più aumenta la violenza”: lo sguardo grottesco del cinema dell’eccesso di Miike in Audition

Nella prima ora di girato, Audition vi sembrerà tutto fuorché un film con scene che farete fatica a guardare senza sbattere le palpebre. Una regia accademica (in senso “nazionale”), lenta e strutturata su un crescendo narrativo (che si alternerà poi a squisiti movimenti di camera e sequenze di montaggio rapido) che avrà il suo culmine solo verso la fine della pellicola è ciò che Miike ci mostra per presentarci antefatto e sviluppo della sua storia. 

Audition
Asami
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Una storia d’amore, quella tra un uomo immerso nel dolore e nella solitudine della vedovanza e una ragazza che cela dietro la sua migliore maschera un passato familiare fatto di abusi e una solitudine che non è solo fisica, ma è anche povertà emotiva e aridità interiore che se non implodono, esplodono.

Tra le opere di Miike, Audition è una di quelle che più racconta la sua poetica delle cosiddette “anime perdute”, il suo cinema del dolore e dell’efferatezza che – come in Kitano con Dolls – si sublima più in un’opera del genere, che nel filone della yakuza.
Lo stesso regista ha dichiarato che amore e violenza sono due concetti che vanno a braccetto nel suo modo di intendere le relazioni umane: ma in Audition, certamente, non è solo presente una storia d’amore così intenso da divenire malsano, sadico, possessivo, ma anche una storia di vendetta, quella di una femme fatale (molto simile a quella di Hanyeo di Kim Ki-young) che non è una white lady o una wet girl come J-Horror per antonomasia vuole, ma che allo stesso modo assume una carica distruttiva e una potenza tale da impressionare lo spettatore e indurlo al terrore – specie, nel tal caso, se avete la fobia di aghi e iniezioni

Un finale, diverse chiave di lettura: il substrato narrativo di Miike in Audition 

Audition 
Finale
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Audition tuttavia è tra le produzioni di Miike un film più “guardabile” – nel senso di digeribile – di Visitor Q, ma ugualmente disturbante: è questo l’aggettivo che più spesso si accosta a un regista come Miike, perché un prodotto come Audition ti fa uscire dal buio della sala domandandoti se tu stesso sei stato inghiottito dall’incubo o se hai trovato una chiave di lettura che possa chiudere il cerchio appagando il senso di risposte che si vuole sempre venga soddisfatto alla fine di uno spettacolo. 
I personaggi del film si muovono sotto le luci cangianti di una fotografia che seduce e che nei momenti più concitati del finale si tinge di un giallo pulp, a dir poco tarantiniano (non a caso, lo stesso Tarantino definisce Audition “un capolavoro”).

Il finale di Audition è alquanto lynchiano, non ha una sola interpretazione e non pretende neppure di doverla dare. Miike non deve nulla allo spettatore, se non la messa in scena di una storia che già cruda e intensa lo era sulle pagine di un romanzo e che sullo schermo prende vita con tutta la carnalità dell’interpretazione di un’attrice come Eihi Shiina, capace di regalare sorrisi terrificanti e una quiete del tutto fuorviante durante l’atto di sadismo del suo personaggio e di elevarsi a icona di un film culto, con il grembiule di pelle nera e i capelli sciolti che timidamente tira dietro alle orecchie. 

In Audition ritroviamo le stesse marionette di Kabuki di Kitano, lo stesso sprezzo per i fuori campo (se la violenza c’è, va mostrata nella sua interezza), nonostante in questa pellicola il regista sia molto meno esplicito che nel resto della sua monumentale produzione, ma anche lo stesso amore per la metafora, per l’eccesso iconico e per il metacinema.
Se di recente avete apprezzato la serie tv su Disney+ diretta dallo stesso Miike (Connect) e se non avete sulla lista dei film già guardati questa perla Made in Japan, Audition è nelle sale italiane come evento speciale, il 23-24-25 gennaio 2023 con Wanted Cinema.

Regia - 5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4.4