Anselm: recensione del documentario di Wim Wenders

il concetto artistico di Anselm Kiefer nel documentario di Wim Wenders. Distribuito dalla Lucky Red. Dal 30 aprile al cinema.

Dopo Auschwitz è difficile scrivere poesie, farne arte, desumere qualcosa che possa sciogliere il marciume e sperdersi nell’immaginario di un prato sempre verde. Troppa la retorica della memoria che ha cavalcato tutte le possibilità di servirsi di un dramma nelle sue accezioni più diplomatiche negando la buona morale e producendo un pensiero pigro impregnato di paura. Il documentario Anselm diretto da Wim Wenders, si tesse sullo scritto di Paul Celan, mettendo sotto lo scanner documentaristico l’artista contemporaneo Anselm Kiefer, il quale ha fatto delle sue opere una complessa rappresentazione in lotta con se stessa e preda di una traumatica inquietudine all’interno di una storia di raccapricciante disumanità: installazione che riflettono il dramma più intimo dell’uomo.

In Anselm una drammaturgia atroce e dannata

Anselm;
Cinematographe.it

Anselm Kiefer nasce nel 1945 in Germania, nel luogo della più becera ambiguità umana, nel luogo della più disumanizzante “elevazione” di un potere privo di senso, in una terra prosciugata dagli eccessi di un ego smisurato reso follia senza anima!

Spettatore attonito della pagina più drammatica della Storia fatta da chi ha smarrito il senso della vita, della propria, e per questo “incenerito” quella di milioni di donne e uomini senza colpa alcuna se non quella di esserci in quegli anni di atrocità e dannazione. Nulla di poetico nella consapevolezza di un senso tragico di un dramma cristallizzato in quotidianità ingrigite dal fumo, sostanza schizofrenica che ha sfregiato il “volto” del Mondo.

Anselm Kiefer ha visto tutto ciò e ha creato dentro di sé, quasi in maniera maniacale, un laboratorio che riporta, attraverso una topografica in miniatura, la costruzione dei suoi tormenti interiori, le cause che lo hanno privato della metà della famiglia, assolvendo nella solitudine il suo genio di artista: ciò che osservava disegnava, ciò che disegnava costruiva, bruciava, ossidava fino a dispiegare la sua energia mentale in una logorante e frenetica carriera artistica.

Il documentario di Wim Wenders è un atto cinematografico dei tormenti di un artista

Anselm;
Cinematographe.it

Wim Wenders in Anselm, segue l’artista senza mai dare la sensazione che ci sia altro oltre che Kiefer; l’impressione più profonda di un atto cinematografico come questo è la visione individualistica a cui ci riduce, stancandoci nelle nostre stesse riflessioni che attendono di scrutare l’arte di un dannato dentro il suo stesso inferno.

È così che appare Anselm Kiefer nel mondo delle sue creazioni, un Virgilio che accompagna se stesso dentro vortici di insistenti voci e creature ramificate in un profondo dolore, fino a sentirsi parte di una sua stessa installazione. Anselm Kiefer non è artista è lui stesso la sua arte; è battesimo di crociate infantili estremizzate nelle rocce di una maturità affaticata dal dramma di un’inquietudine permanente.

Siamo fuori tempo, fuori coesistenze limpide, ridimensionati nei lividi della terra, dove il pallore creativo scolpisce avversità illusive dentro tunnel scavati sotto le piaghe di atmosfere tossiche, dentro gironi infernali maleodoranti che puzzano di peccato e morte.

Anselm: valutazione e conclusione

Anselm è una lunga narrazione che prende visione di sé come un documentario solo in una dimensione realistica; la definizione di questo atto cinematografico si poggia sull’orrida potenza dell’azione che proclama bestie chi dispone di tutti i sensi e di tutti i doveri.

Wim Wenders instaura un rapporto di direzione con l’io dell’artista che, effettivamente, non sembra mai essere carne e interlocutore “vivo”. C’è perfezione e distacco, celebrazioni screpolate, modestia, elementi contrastanti che imprigionano lo spettatore dentro un crocevia, luogo di un passato perenne nel presente e in tutti i futuri immaginabili.
Anselm non ha religione, non cede al credo di un Dio, non si abbandona alla disperazione di esigere risposte ma naviga su una zattera nella speranza di non trovare approdo.
La dolcezza del buio è ossimoro e metafora etica e morale di Anselm, documentario diretto da Wim Wenders, al cinema dal 30 aprile 2024.

Regia: 3

Sceneggiatura: 2,5

Fotografia: 3

Sonoro: 2,5

Emozione: 2,5

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