Anna: recensione del film di Luc Besson disponibile su Amazon Prime

Con Anna Luc Besson gioca con le matrioske e nel farlo tiene in pugno le certezze e l’attenzione dello spettatore, in un film che, spogliato di sovrastrutture, narra di libertà e identità al femminile. Dal 4 febbraio su Amazon Prime.

Uno dei tratti distintivi del corpo femminile nei film d’azione è quella di far coesistere, quasi sempre, una certa dualità e contrapposizione di fondo. Dalla Ellen Ripley di Sigourney Weaver (Alien) in poi, le eroine della fantascienza, del western, dell’horror e del poliziesco travalicano i confini di generi cinematografici prima di allora fortemente relegati al maschile e di conseguenza ne assumono caratteristiche e competenze quali l’astuzia, la forza fisica, la determinazione. Al contempo però la donna dell’action mantiene, sul piano strettamente visivo, appeal e sensualità ideologicamente intrinseche al corpo femmineo per tentare così di contenere la dirompente trasgressione di quel superamento di norme e codici di genere. L’utilizzo del corpo di Anna (dal 4 febbraio su Amazon Prime) che fa il regista Luc Besson, nel film è una vera e propria arma a doppio taglio, poiché al suo interno fa coesistere sia il potere puramente seduttivo da femme fatale e sia quello ribelle e folgorante nella capacità della protagonista di utilizzarlo per calciare, colpire, mutilare e uccidere gli altri, in particolare gli uomini.

Anna: La trama (e come funziona)

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Nella Russia degli anni ’90 un agente di moda ingaggia in un mercatino di Mosca la giovane venditrice di matrioske Anna (Sasha Luss) e le offre un lavoro come modella a Parigi. In realtà, la bionda mannequin è in un’infiltrata del KGB inviata in Europa dalla sua protettrice (Hellen Mirren) con il solo scopo di uccidere. Ma quest’importante informazione allo spettatore viene spiegata solo a film inoltrato, quando Besson spiega come funziona il suo narrare e come da lì in poi procederà per il resto del racconto. E cioè attraverso l’intersecarsi di più piani temporali diversi, di flashback ed ellissi, di squarci narrativi non mostrati per poi tornarci indietro e rimostrarli, colmarli, spiegarli. Capiamo quindi che quello della spia russa è stata un’opportunità di rivalsa col destino, di scoperta fortuita per le sue innate capacità. In una missione, Anna verrà obbligata a stipulare un accordo con la CIA e fingersi a sua volta infiltrata nei nemici di Mosca. L’ennesimo vincolo militare per poi finalmente godere della tanto sospirata libertà, per lei da sempre inaccessibile.

Anna ripropone Nikita e ne fa una versione meta

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Ricalcando le stesse dinamiche di vissuto e violenza, di sex-appeal e di spietatezza Besson ripropone la sua indimenticabile Nikita del 1990 e ne fa una versione fashion e aggiornata che sfrutta il fascino della coabitazione del dualismo e dell’opposizione e facendo del corpo della sua bella Anna l’arma più affilata. Besson gioca con il travestimento e le bugie, i sosia e la caduta delle maschere, le identità e le finzioni quasi a volerne fare un meta-film, citando Il gabbiano di Cechov e passi delle opere di Dostoevskij. “Una pièce dentro la pièce” costruito a mo’ di matrioska, inanellando scene d’inseguimenti e action cinetiche e iper coreografate in un continuo andare avanti e indietro di luoghi e azioni, di avanzamento e di retrocessioni. Besson vuole farci guardare come guardano le spie, carpendo il dettaglio, l’invisibile a prima vista, stando sempre all’erta che tutto ciò che sembra non lo è, e tutto ciò che è molto probabilmente è il suo opposto.

Spogliata di sovrastrutture action e maschere c’è la prima, unica, femminile identità

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Affiancando alla giovane modella Sasha Luss un cast di attori già affermati (Hellen Mirren, Cillian Murphy, Luke Evans) Anna di certo non sconvolge il genere spy story ma fa del colpo di scena il suo tenere in pugno le certezze dello spettatore, smontando e rimontando la veridicità di ciò che viene precedentemente mostrato. Plasmando così una storia classica l’attenzione al di qua dello schermo riesce a rimanere sempre alta. Giocando la carta dell’imprevedibilità Besson arriva dunque al nocciolo della questione, alla prima bambolina che regge in piedi la matrioska, alla ricerca d’identità di un personaggio costretto a mutare, a vestirsi, ad aggiungere personalità dopo l’altra per arrivare, finalmente, probabilmente, alla sua vera essenza, libera e spoglia. Anna è soprattutto un film di e sulla liberazione dal potere, dell’indagare svestendosi, del compimento oltre le sovrastrutture.

Ritornando dunque alla premessa inziale, in Anna il corpo è il pass partout che le permette di sopravvivere, di ammaliare e di godere, di sedurre e di difendersi, di adattarsi e di affermarsi. Emblematica la scena del servizio fotografico ribaltato, rovesciato, rivoluzionato in cui è lei modella a sovrastare il fotografo che vorrebbe possederla e renderla oggetto passivo del suo sguardo. In Anna capiamo allora che l’unico accordo possibile, quello davvero liberatorio sarà con una donna (sarà lo spettatore a scopre quale), un ultimo patto finale di scambio di potere che ribalterà per l’ultima volta le leggi del patriarcato.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2