AMY – The girl behind the name: recensione

Documentario del pluripremiato regista Asif Kapadia, AMY – the girl behind the name è la storia della ragazza celata dietro l’artista, con un carattere ipersensibile e intenso. Immagini e video inediti ci raccontano Amy Winehouse nei momenti di felice creatività e nei momenti più difficili, dalle riprese degli amici d’infanzia nella casa vacanze al centro di riabilitazione dove il marito Blake le chiede di cantare Rehab, dalle scene in barca dopo il matrimonio al concerto di Belgrado, in Serbia, che tutti noi conosciamo attraverso i servizi tv.
È un materiale misto, composto da video privati, amatoriali e professionali provenienti da tutto il mondo, che ci permette di entrare nelle mille sfaccettature di una persona che ha cercato amore e non sempre l’ha trovato. “È proprio quest’ultimo il filo conduttore del documentario”, dice il regista, “Spesso quando le persone che le volevano bene cercavano di dimostrarle il loro amore, lei le respingeva. Era una ragazza molto complessa e intelligente. AMY è un film sull’amore”.

Sono molte le persone che hanno collaborato per la realizzazione di questo documentario, a cominciare da Andrew Morris, la guardia del corpo, e da Blake Fielder, l’ex marito. Non mancano amici, produttori musicali e familiari. La particolarità delle interviste è il fatto di non vedere un primo piano di coloro che parlano ma di sentire solo la loro voce attraverso un susseguirsi di immagini e di video. Le loro parole diventano la cornice della storia raccontata da Amy in prima persona attraverso i video girati da lei o dai suoi amici. Non si sente il bisogno di vedere coloro che parlano perché già la loro voce esprime un’emozione unica.

Amy in una foto presente nel documentario

Amy in una foto presente nel documentario

A proposito dei video amatoriali di Amy presenti nel documentario è interessante notare come la maggior parte delle volte la cantante guarda dritto nell’obiettivo, dritto al pubblico. “È un viaggio visivo potentissimo”, dice il regista, “soprattutto se si pensa che lo stesso rapporto con la telecamera è finito per diventare molto aggressivo con i paparazzi”.

Ma questo documentario non verte solo sulla vita di Amy Winehouse ma anche sulla sua scrittura: questi due elementi, infatti, non possono essere considerati l’uno senza l’altro. La scrittura era musicoterapia per Amy, era un elemento catartico, volto ad alleviare la difficoltà di una vita che alla fama e ai premi ha aggiunto tanto dolore. La musica era uno dei pochi elementi sani di cui Amy non poteva fare a meno. A tale proposito, queste sono le parole di Asif Kapadia: “La gente non si rendeva conto di quanto fossero importanti e personali i suoi testi. I testi che scorrono sullo schermo fanno capire alle persone, che magari hanno ballato al ritmo di quel brano, quanto fosse personale il contenuto”.

Amy Winehouse in una delle sue esibizioni

Amy Winehouse in una delle sue esibizioni

AMY – The girl behind the name è un film sincero, potente, commuovente che racchiude con onestà la lotta di Amy per la vita, fortemente consigliato non solo agli amanti della sua musica. Non perdetelo il 15-16-17 settembre, distribuito da Nexo Digital e Good Films.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3.7
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.7
Emozione - 4

3.7