A.I. Intelligenza Artificiale: recensione del film di Steven Spielberg

A.I. Intelligenza Artificiale è l’ultimo progetto incompiuto di Stanley Kubrick, che avrebbe voluto girarlo intorno alla metà degli anni Novanta ma preferì aspettare, pensando di poter utilizzare la tecnologia digitale e realizzare il film in modo migliore aspettando qualche anno. Purtroppo il grande regista ci lasciò nel marzo 1999, dopo aver girato Eyes Wide Shut, e il progetto di A.I. Intelligenza Artificiale passò direttamente nelle mani dell’amico e regista Steven Spielberg. Questo cambiamento forzato alla regia porta una grande svolta per il film, che lascia il cinico razionalismo di Kubrik e si abbandona ad una regia e sceneggiatura contraddistinta dal classico stile melò di Spielberg, che abbiamo già conosciuto con il record di incassi E.T. l’extra-terrestre.
Entriamo meglio all’interno della trama: siamo nell’anno 2125, l’effetto serra e l’innalzamento del livello degli oceani ha creato devastanti conseguenze per il genere umano. Ciò che rimane sono risorse limitate, controllo delle nascite e robot, meglio definiti come mecha. Tra gli ultimi prototipi di mecha, il mondo scientifico è fiero per aver inserito nel mercato una sofisticata macchina con sembianze di un bambino e capace di provare sentimenti. Infatti, dopo un protocollo di imprinting, le macchine riescono addirittura a provare il sentimento supremo, l’amore. Proprio questo imprinting riesce a legare la macchina a Monica, la mamma adottiva, devastata dalla malattia del figlio e portata a compensare il suo dolore prendendosi cura del nuovo mecha bambino, David.

A.I. intelligenza artificiale

il figlio naturale di Monica sbeffeggia David.

Monica sostituisce il bambino biologico con quello che lei sa essere una macchina ma le sembianze di bambino non possono non risvegliare in lei l’istinto materno. Un’ulteriore complicazione nel legame tra Monica e David avviene quando il figlio biologico guarisce e viene riportato a casa: Martin, a differenza della madre, non prova nessun sentimento nei confronti di David e lo utilizza solo come giocattolo per divertirsi. Il bambino si diverte a sfidare la macchina e provocarla, fino a comprometterne la funzionalità (scena degli spinaci). Quando la situazione diventa ingestibile, Monica e il marito decidono di riportare David alla Cybertronics, l’azienda che l’ha prodotto, per distruggerlo. Ma nel suo cuore Monica prova un sentimento tanto contradditorio quanto forte nei confronti del mecha, così decide di abbandonarlo in un bosco con la speranza che possa salvarsi dalla distruzione. Qui finisce la prima parte del film, con uno struggente addio tra Monica e David.

A.I. Intelligenza Artificiale: il forte parallelismo con la favola di Pinocchio

La seconda parte di A.I. Intelligenza Artificiale vede il mecha in balia di un mondo degradato e degradante. David incontra un’altra macchina, un gigolò fuggitivo che lo vuole aiutare a trovare la Fata Turchina. Infatti David, ossessionato dal voler diventare un bambino vero e farsi amare dalla madre, intraprende un viaggio alla ricerca della fata che possa salvarlo dalla sua condizione di macchina, creando un forte parallelismo con la favola di Pinocchio. Infatti David vive in un mondo che non lo accetta: il fratello lo tratta da macchina, la madre lo ha abbandonato, le macchine non lo percepiscono come tale… Ciò che non gli manca è la determinazione, così il mecha gigolò diventa il suo Lucignolo anche se, invece di essere portato nel paese dei balocchi, David arriva al “circo della distruzione” in cui la netta contrapposizione tra uomini e automi è sottolineata da grida che proclamano la distruzione delle macchine. Le serate dell’odio (così le definirebbe Orwell) sono progettate dagli uomini per non permettere alle macchine di sopraffare il genere umano e mantenere una posizione di supremazia sulle loro creazioni.

A.I. Intelligenza Artificiale

Il mecha gigolò che aiuta David nel suo viaggio

In questa seconda parte del film la storia si sviluppa durante la notte, i colori sono freddi e in netto contrasto con la prima parte del film, contraddistinta da colori caldi e lo spazio chiuso e protettivo della casa. Nella parte finale, in cui la narrazione, i colori e la sceneggiatura si può definire un omaggio di Spielberg a Kubrik, il regista riscrive la favola di Pinocchio: siamo nel 4125 e David verrà riattivato da mecha evoluti dall’aspetto alieno e la straziante e dolorosa domanda di David troverà una risposta; il suo sogno di essere amato si avvererà, anche solo per un eterno momento di gioia. Finalmente felice e appagata, la macchina si spegnerà, come la colonna sonora e il motivo ricorrente, tratto da For Always di Lara Fabian, lasciando una nostalgica felicità.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4

4