Adieu Sauvage: recensione del documentario di Sergio Guataquira Sarmiento

In concorso al Sole Luna Doc Film Festival il film di Sergio Guataquira Sarmiento indaga sulla comunità indigena colombiana quasi estinta: i Cacua.

Adieu Sauvage, diretto dal giovane regista di origine colombiana Sergio Guataquira Sarmiento, e presentato in concorso al Sole Luna Doc Film Festival 2023 di Palermo, indaga su un fenomeno inquietante che coinvolge in Colombia, a Mitù, al confine con il Brasile, la comunità di indigeni nella giungla, i Cacua: come un’epidemia molti giovani e non solo scelgono la morte impiccandosi. Spinto da grande curiosità Sarmiento decide di raggiungere la sua terra di origine per fare luce su questi eventi e per fare i conti con le sue radici. Il regista, arrivato in Europa a 19 anni, è infatti anche indiano e come spiega nel documentario di cui è anche la voce narrante “essere una persona indiana in Colombia è una vergogna, quindi tendiamo a cancellarci e ad occidentalizzarci”.

Cacua, la comunità che reprime i sentimenti

Adieu Savage, cinematographe.it

In Colombia, i “bianchi” ritengono che l’indio dell’Amazonia non provi niente, perché nella loro lingua non ci sono parole per esprimere i sentimenti. Ma può davvero un intero popolo non provare nessun sentimento e non riuscire a parlare d’amore? Il regista è proprio discendente dei Cacua, comunità indigena colombiana quasi estinta, e la sua indagine comincia in punta di piedi, dovendo guadagnarsi la fiducia degli abitanti del villaggio. Ad aiutarlo in questo viaggio nell’animo dei Cacua e nella sua stessa interiorità è Laureano, un indiano Cacua della comunità Wacara, che lo accompagna nella giungla, lo fa lavorare e costringe Sarmiento anche a uccidere degli animali per mangiare perché queste sono le regole e il loro modo di vivere. E poi c’è la fede nella natura, la magia della montagna, le credenze, tutto quello che fa parte della tradizione, così lontana dall’esistenza degli occidentali, abituati alla frenesia, a correre, a primeggiare, a non ascoltare la bellezza della natura.

Il regista pone diverse domande a Laureano che si prende il suo tempo, riflettendo profondamente sulle parole di Sarmiento e sulla sua gente che per amore si suicida, o forse perché, dimenticati dal mondo intero, destinati all’estinzione, sopprimono i loro sentimenti, i dolori più profondi, cercando la pace nella morte. “Non so che cosa significa nostalgia”, dice Laureano a Sarmiento quando pronuncia questa parola, e annuisce sorridendo quando il regista gli spiega che è un sentimento agrodolce, come “la gioia di essere tristi”.

Adieu Sauvage: valutazione e conclusione

Adieu Savage, cinematographe.it

In un bellissimo bianco e nero il regista ci conduce al centro della comunità Cacua, “alla fine del mondo”, come in un’epoca lontana e primitiva, e indagando su un tragico fenomeno, su una profonda depressione che spinge numerosi al suicidio, lontana conseguenza della ferocia occidentale che depreda e dimentica, ci porta a indagare anche su noi stessi, sul senso del dolore e su come cambia la percezione a ogni latitudine. Noi occidentali tutelati e con tanti strumenti per cercare di guarire il “male oscuro”, persone come i Cacua studiati invece come interessante case history ma poi abbandonati a loro stessi. “Nessuno torna qui…addio selvaggi”, dice Sarmiento in un finale autocritico mentre abbandona la giungla e quelle persone così fragili e belle con le quali ha convissuto per mesi, immortalandone i volti antichi, i lineamenti marcati, sullo sfondo di una natura selvaggia, a tratti accogliente, a volte impetuosa, così affascinante da stordire e commuovere. Una ricerca che racconta lo stato interiore di una piccola popolazione, la complessità dei loro sentimenti, il modo unico e “romanticamente” tragico di vivere dei Cacua, la loro profonda bellezza rappresentata dal quieto Laureano, dal suo sguardo dolce, dalla sua resilienza.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.6