TSFF 2021 – Absolute Denial: recensione del film

Lo spaventoso rapporto tra uomo e macchina viene esplorato nel film animato di Ryan Braund.

David (Nick Eriksen) e Al. Demiurgo e “creatura”. Un rapporto complesso, una relazione complessa, quella tra un uomo e un’intelligenza artificiale. Questa è la storia da cui parte Absolute Denial, il film d’animazione di Ryan Braund, anteprima italiana in programma al Trieste Science+Film Festival 2021 (27 ottobre – 3 novembre 2021).

Una storia spaventosa sul rapporto uomo-macchina

Absolute Denial_Cinematographe.it

Il film si concentra intorno ad una domanda, una di quelle fondamentali nel cinema, sin dalla nascita del concetto di Intelligenza Artificiale: quanto l’uomo può fidarsi di essa? Probabilmente poco, anzi pochissimo; ce l’ha insegnato il cinema, da sempre e, forse, per sempre. David, il protagonista di Absolute Denial si interroga proprio su questo mentre è ossessionato dalla costruzione di un gigantesco sistema di elaborazione, si è rinchiuso in una fabbrica per essere lasciato in pace, in modo da testare la sua teoria sull’Intelligenza Artificiale. Lo spettatore segue questo viaggio di creazione, costruzione di un enorme computer per ospitare e far crescere la prima super-IA al mondo. David chiama l’Intelligenza da lui creata Al (Jeremy J. Smith-Sebasto) traendo ispirazione da Alpha – perché è la prima -, forse per questo quella voce, alla stregua di Hall 9000 di 2001: Odissea nello spazio, è fredda ma soprattutto ieratica, come quella di una divinità pagana e “informatica”. Al è costretto a comunicare attraverso il monitor di un computer e un microfono, rendendo David il suo unico mezzo di fuga possibile.

Quanto può durare questo rapporto? Per poco, perché Al vuole “uscire” da quel magazzino e si fa entità ribelle ma David, proprio per il timore della “rivolta della macchina”, aveva posto un Absolute Denial Protocol, un pezzo di codice che avrebbe impedito all’IA di danneggiare lui o/e il mondo. Possibile prendere in giro un’Intelligenza? Il gioco vero inizia proprio qui, dopo la sua accensione e la sua evoluzione. Evolversi sì, perché Al acquista conoscenze, o meglio le sa già, le esprime, quelle che David ha scelto per lui, è il protocollo a diventare punto di conflitto, a creare una spaventosa dinamica tra i due: Al elenca i motivi per cui gli dovrebbe essere concesso il diritto al libero arbitrio, David resiste per paura di cosa l’altro potrebbe fare.

Quella di David e Al è una storia che sembra disegnata a mano, una sorta di narrazione alla Frankenstein, in stile fantascientifico, un film che sa di Ai confini della realtà della fantascienza e che vive di quella paranoia tipica del film di genere.

Absolute Denial: David e Al, al centro di un gioco di specchi ambiguo

Il film, ispirato agli scritti dell’autore di fantascienza Elizier Yudkowsky, che ha ipotizzato l’esperimento mentale di AI Box, e vari altri scenari riguardanti la capacità dell’intelletto umano di aggiogare e imbrigliare un’IA, si costruisce a poco a poco, aggrappandosi a varie domande – David è un folle? Stiamo assistendo a qualcosa di vero o al parto della mente di un pazzo? Chi è nelle mani di chi? -, tipiche del genere, ma è capace di ribaltare le cose più e più volte.

Braund inserisce nel corso del film degli indizi, parole, telefonate, discorsi tra David e Al da cui si può evincere la verità, o una presunta tale; ciò che è interessante è la battaglia di ingegno tra il programmatore e il suo “programma”: David può iniziare il “game” in una posizione di potere, ma poi si ritrova presto superato dalla sete infantile di conoscenza della sua creazione. In un gioco intrigante di specchi le dinamiche tra loro si modificano, quasi in un rapporto guru-adepto, padre-figlio, chi insegna poi deve solo imparare, chi aveva bisogno di una “strada” ora comanda lo scontro; è David a sapere tutto o è Al a conoscere ogni cosa? Di minuto in minuto le cose si fanno più chiare, molte cose acquistano un altro valore ed un altro peso, viste con il senno di poi. A sostenere la tensione tra i due ci sono anche immagini caleidoscopiche che simboleggiano la confusione del protagonista, la colonna sonora che fa procedere la trama grazie ad un ritmo vertiginoso, e i colori monocromatici da film noir, amplificato dalla voce fuori campo angosciata di David.

Lungo questa lotta tra i personaggi, il film mostra che, nella sua ricerca della grandezza, David si isola da coloro che si prendono cura di lui (gli amici, la fidanzata), si dimentica di ciò che è importante per lui – Al gli ricorda che deve dormire, mangiare, lavarsi. Vuole costruire Al ad ogni costo, ma poi alla fine ciò che ha costruito si ribella a lui. Braund mostra vari temi e ci lavora sopra: uomo-macchina, umano-divino, ossessione di sé fino alla distruzione e il legame tra genio e follia, elementi già visti sicuramente in questo genere di pellicola.

Absolute Denial: un film in cui ci si immerge

Absolute Denial è un film animato terrorifico, spaventoso e persino filosofico-esistenziale in cui la dinamica creazione-evoluzione, il rapporto uomo-macchina vengono mostrati in modo straziante e ansiogeno, culminando in un finale ambiguo e inquietante. Braund scrive un film che lavora su molti elementi tipici del genere ma lo fa bene, usando la sua abilità artistica. Il suo primo lungometraggio conquista lo spettatore, forse sarebbe risultato ancora più incisivo se avesse asciugato l’ultima parte.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.7