40 secondi: recensione del film di Vincenzo Alfieri da RoFF 2025

Attore, regista e sceneggiatore, è dal 2017 che Vincenzo Alfieri si dimostra un ottimo autore e con 40 secondi realizza uno dei suoi migliori film. A partire proprio dalla direzione degli attori, fino alla struttura e ai movimenti di macchina, 40 secondi, presentato alla 20ª Festa del Cinema di Roma, racconta la tragica morte di Willy Monteiro Duarte, ucciso a Colleferro nel settembre del 2020. Con un cast dove figurano, tra gli altri, anche Francesco Gheghi, Francesco Di Leva, Enrico Borello e Sergio Rubini, 40 secondi arriva al cinema dal 20 novembre 2025.

40 secondi e la tensione costante che si vive prima che quei secondi arrivino davvero

40 secondi - cinematographe.it

Si può definire che, a livello di film italiani, questa 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma era già particolarmente ricca e interessante prima ancora che i film stessi venissero proiettati. La tematica di 40 secondi è già molto forte di per sé. Espressiva di violenza e barbarie, di un’irragionevole rancorosa rabbia che sfocia, inevitabilmente, in colpi che sono aggressivi e fatali. La vicenda di Willy Monteiro Duarte, morto a Colleferro nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 è stato un caso mediatico: una di quelle tragedie che hanno lasciato il segno. A 21 anni Willy è stato picchiato a morte, massacrato nel tentativo di difendere un amico. Una frase che però nel film di Alfieri diventa un fatto raccontato nei minimi dettagli, da più punti di vista, mostrando così l’assurda casualità che ha portato a quella morte atroce, quanto, direttamente o indirettamente, più persone siano state coinvolte.

Non solo Willy si era fatto avanti per aiutare un amico, ma era fermo, immobile, senza alcun segno di attacco o prepotenza quando, dal nulla, i gemelli Gabriele e Marco Bianchi lo hanno attaccato. Nel film chiamati Lorenzo e Federico. In 40 secondi viene raccontato il giorno precedente, si parte da 24 ore prima. Se invece l’adottare la tecnica di narrare una storia da più punti di vista sia qualcosa di già visto, Vincenzo Alfieri va oltre, perché adotta sei diverse prospettive. Si vedono i gemelli, i due ragazzi che furono anche loro condannati per aver in qualche modo aizzato al pestaggio, Michelle, un’amica di Willy, motivo di gelosia tra i due gruppi coinvolti nella rissa, il poliziotto che trovò Willy senza vita e Willy stesso. Ognuna sta trascorrendo una giornata come tante, ognuno non sa che la loro vita cambierà per sempre di lì a poche ore. La tensione, nonostante si sappi cosa succede, fa fremere e palpitare, come se non si sia a conoscenza di quanto stia per accadere.

Un film sensoriale che colpisce come un pugno nello stomaco

40 secondi

I due gemelli vengono presentati come la personificazione di un male e una criminalità nota a tutti, sono temuti e guardati con impaurito rispetto. Mentre qualcun altro è del tutto ignaro, tra serate con le amiche, cuffie nelle orecchie che attutiscono urla e rumori e un’ammirazione da parte di chi crede di avere come unica aspirazione quella di entrare nelle grazie dei due ragazzi che realmente controllano la città. Tutti gli attori, dai principali ai secondari creano un crocevia di vite, situazioni, problematiche e ambizioni che sono ciò di più naturale e vicino ai nostri tempi che mai si è visto in un film. In 40 secondi è tutto così vero, sentito e credibile che non si riesce a non essere coinvolti, a non essere lì, con i protagonisti, di fronte tanto all’orrore quanto all’euforico divertimento che si vive qualche momento prima. Vincenzo Alfieri dirige il suo cast dando vita a una recitazione impeccabile, spontanea, autentica e sincera.

40 secondi è uno dei migliori film italiani degli ultimi anni: si ride, si piange e si soffre, ma soprattuto, si vede. Perché, nel rispetto di quanto accaduto, Alfieri fa vedere, con chiarezza e, forse, anche con audacia, tutto quello che è stato il pestaggio. Niente viene tralasciato, perché tutto vada detto. Perché quella è la verità. Ogni punto di vista viene portato leggermente più avanti e la storia prende forma. Willy si intravede nei racconti degli altri, fin quando poi è su di lui, all’ultimo, che ci si concentra. Il film punta infatti sulle innumerevoli variabili che hanno portato a quell’omicidio. Su quanti piccoli, insignificanti e apparentemente futili elementi si siano combinati per far sì che lì ci fosse Willy, che i due gemelli si accanissero su di lui, che gli amici non riuscissero a fermarli, che nessuno si renda conto che qualcuno stava per morire. Neanche chi istigò e fomentò il pestaggio ne era realmente consapevole.

40 secondi: valutazione e conclusione

40 secondi

Leggi anche Willy Monteiro Duarte: una storia per crescere insieme

La sceneggiatura di Alfieri estrapola così la quotidianità di tutti i suoi personaggi, tra amori finiti, avances eccessive, consigli sbagliati, convinzioni retrograde, amici che sostengono e proteggono e amiche che salvaguardano la complicità degli ultimi anni insieme. Prima che un vasto mondo fuori dai propri confini non richiami tutti come una calamita che prima o poi attira. Ogni battuta di dialogo è così in linea tanto con il territorio quanto con le personalità che man mano si evincono dalle varie storyline. Insieme a dialoghi incastrati, con persone che si parlano sopra, che intervengono in mezzo ad altre conversazioni. Nella confusionaria realtà di giovani che si conoscono da sempre. La regia opera maggiormente sui volti, ma però poi la macchina da presa e con tutto il film culmina in quei 40 secondi che sembrano non finire mai.

Si allarga sempre di più l’inquadratura, arrivando dai primi piani iniziali fino a, gradualmente, a un campo lungo quando si riprende il pestaggio: rappresentato in tutta la sua interezza, con i tempi esatti, il ritmo caotico e disorganico di una rissa dove la brutalità di due sole persone era capace di rendere inermi e indifesi chiunque si trovasse loro bersaglio. C’è un progressivo cambio di ripresa, organizzato per arrivare poi a racchiudere un numeroso gruppo di persone nell’obiettivo di una camera. La vicenda di Willy ha scosso l’opinione pubblica e a, cinque anni di distanza, Vincenzo Alfieri ne fa un film che scuote gli animi e le coscienze dei propri spettatori. Il pestaggio arriva, nel finale, in tutta la sua ferocia. Una sequenza che si prende tutto il tempo per raccontarsi, ben costruita e anche difficile da guardare. Ma è la tragica realtà accaduta quella notte.

Leggi anche Breve storia d’amore: recensione del film con Pilar Fogliati da RoFF 2025

Regia - 3
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Recitazione - 4.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.7