27 Notti: recensione dell’ambizioso film Netflix
27 Notti ci conquista con la figura di Martha, anziana sprint.
Disponibile sulla piattaforma Netflix a partire dal 17 Ottobre 2025, 27 Notti (pellicola diretta da Daniel Hendler) prende spunto da un caso reale, associato allo scrittore/artista argentino Natalia Kohen e al libro di Natalia Zito. Il film racconta la vicenda di Martha Hoffman -interpretata da Marilú Marini-, una donna di 83 anni, eccentrica, libera con i soldi e con la vita, che viene internata in una clinica psichiatrica dalle sue due figlie, persuase ormai del fatto che stia perdendo la ragione. Tocca a un consulente, Leandro Casales (anche Hendler), stabilire se Martha sia davvero malata o semplicemente desideri vivere i suoi anni da donna autodeterminata. La chiave tematica è questa: l’invecchiamento che non toglie il diritto alla libertà di vivere con il piacere di farlo. Questo, nonostante tutta una serie di pressioni sia familiari che istituzionali, che tendono a mettere “a riposo” chi ormai è considerato “anziano”. La pellicola tenta di mescolare dramma, commedia e riflessione sociale. Alla fine, questo mix audace funziona (ma con qualche dettaglio da rivedere).
27 Notti: l’anzianità viene vista come fase attiva della vita

L’elemento che, più di tutti, si percepisce tangibile, reale, è proprio Marilú Marini, il personaggio che “regge” la storia, trasmettendo un bel senso di ironia e vulnerabilità (senza scadere nel caricaturale). Interessante anche la scelta di alternare una grande leggerezza a un senso di sobrietà non indifferente: non si tratta di un dramma cupissimo, ma non cova nemmeno la superficialità di una commedia. Questa ambiguità lo rende in parte affascinante, grazie ad esempio alle scene girate in clinica che mostrano bene le sottigliezze tra libertà individuale e controllo sociale. In questo senso, l’anzianità vista vista come fase attiva della vita, cosa molto rara nel cinema, assieme anche al rapporto con l’eredità, che i figli percepiscono più come un rischio economico che umano.
Inoltre, il contesto visivo e il cast di supporto risultano estremamente coerenti: dove Hendler dirige con mano sicura, la sceneggiatura evita (in larga parte) cliché e il setting argentino-moderno dà un respiro internazionale. Pur con l’ambizione tematica, 27 Notti a volte rimane poco profondo nelle sue svolte, come il fatto che sia spesso affrettato nella parte centrale, dove la clinica diventa una sorta di luogo di transizione. Anche il ritmo non è sempre equilibrato, a causa della parte finale che prova a dar conto di molte traiettorie rischiando però di confondere gli spettatori. Alcune scene sembrano “riempitive” o semplici passaggi obbligati.
27 Notti: valutazione e conclusione

Sebbene in 27 Notti la satira sociale ci sia, non sempre la pellicola osa fino in fondo -resta confinata in un’architettura troppo prevedibile-. Dal punto di vista tecnico, Hendler, che è un uomo di cinema argentino con sensibilità autoriale, sceglie una regia misurata (la camera resta spesso ferma, privilegiando il volto) e anche la fotografia riflette quest’ambizione, tramite l’uso di ambienti spaziosi ma contenuti. Eppure, quando il ritmo rallenta troppo, questa calma inizia a rischiare la staticità. È evidente come la
sceneggiatura stessa si sia permessa di tradurre un romanzo prendendosi varie concessioni più “leggere”.
Il risultato è dignitoso, ma poco utile per chi è in cerca di un film “veritiero” sulle condizioni dell’anzianità. Benché aderisca alla realtà dal punto di vista del conflitto economico tra le figlie (timorose di perdere l’eredità), il che crea l’atmosfera tipica di tutti i temi generazionali, il film non realizza a 360° la figura della protagonista, ma non manca comunque di restituirle dignità umana nel mondo del cinema, dove le donne “oltre” una certa età scompaiono o vengono ridotte a ruoli passivi. In conclusione, 27 Notti non è un capolavoro, ma è un film sicuramente coraggioso proprio perché trova la forza di sollevare un tema poco frequentato