1408: recensione del film Mikael Håfström con John Cusack

Mikael Håfström dirige 1408, il film tratto dall'omonimo racconto di Stephen King con protagonista John Cusack. nei panni di Mike Enslin, uno scrittore che si guadagna da vivere scrivendo libri e visitando luoghi infestati dai fantasmi.

La passione di Stephen King per gli alberghi inquietanti e gli scrittori in crisi è di certo nota. E se in Shining Jack Nicholson doveva vedersela con oscure presenze all’Overlook Hotel, in 1408 l’incubo che dovrà vivere il personaggio interpretato da John Cusack non è certo da meno.

D’altronde si sa, “le camere d’albergo sono inquietanti per definizione“, come afferma Mike Enslin all’inizio della sua esperienza. E quella con cui dovrà fare i conti al Dolphin Hotel di New York non ha davvero nulla a che fare con quelle che lo scrittore ha vissuto nelle sue precedenti ispezioni.

1408: il male gioca con le nostre paure più profonde

1408 Cinematographe.it

Mike Enslin è uno scrittore ormai quasi di serie b. Dopo aver dovuto affrontare una perdita davvero dolorosa, l’uomo infatti ha deciso di dedicarsi alle case infestate da fantasmi e presenze, andando in giro per gli Stati Uniti, indagando nei luoghi ritenuti più spaventosi di tutti. Tra camere d’albergo, case e cimiteri, Mike è sempre più convinto che non esistano presenze soprannaturali e che quindi nessuno dei luoghi da lui visitati sia davvero pericoloso. La mancata presenza di spiriti però significa anche che dopo la morte non esiste paradiso, inferno o qualsiasi altra dimensione: un concetto che Mike ha dovuto imparare a sue spese.

Quando però di ritorno da un ultimo lavoro, Mike riceve un invito da un hotel di New York, le sue convinzioni potrebbero presto sgretolarsi sotto i suoi occhi. Al Dolphin Hotel infatti, un antico hotel in centro, quasi in declino, esiste una stanza che negli anni è stata teatro di numerose e misteriose morti.

Ancora una volta Stephen King decide di raccontare la storia di uno scrittore, un uomo dal passato doloroso e ormai completamente scettico nei confronti di qualsiasi aspetto della vita. L’esperienza nella 1408 sarà la più spaventosa che Mike abbia mai vissuto e non per via di quello che vede o succede, ma perché il male che abita in quella stanza ha un modo tutto particolare di torturare le sue vittime. Perché quello che accade al suo interno può essere definito solo così, una tortura: un vero e proprio martirio che più che essere fisico è profondamente psicologico.

Le paure più grandi, gli incubi peggiori sono quelli che risiedono nella nostra mente. E questo il Male lo sa bene. L’entità che abita la 1408 gioca con le paure più profonde dei suoi ospiti, con i fantasmi del loro passato e i sensi di colpa. L’esperienza di Mike Enslin non sarà meno dura. Il suo è un passato ricco di ricordi dolorosi, sensi di colpa mai superati e perdite inimmaginabili. Tutto questo prende letteralmente forma nella stanza e diventa un ostacolo quasi insuperabile per l’uomo.

Il regista Mikael Håfström riesce a ricostruire perfettamente quell’atmosfera cupa e misteriosa nata dalla penna di King: la manifestazione fisica delle paure e del dolore di Mike riempie lo schermo, costringendo l’uomo a ricredersi e mettendolo davanti ad una di quelle esperienze che aveva sempre ritenuto inesistenti e frutto dell’immaginazione di qualche visitatore facilmente suscettibile.

1408: anche noi nella stanza con Mike Enslin

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Nel ricostruire perfettamente l’esperienza di Mike Enslin, il regista però fa anche un passo ulteriore: portare noi spettatori nella 1408 insieme a lui. Il film infatti è costruito in modo che il pubblico si immerga profondamente nel viaggio che il protagonista è costretto a fare. Noi non conosciamo nulla se non quello che vede o prova Mike, non sappiamo nulla di più e come lui non possiamo fare altro che assistere a quello che accade nella stanza e cercare di darne una spiegazione.

Il punto di forza del film è quello di giocare non solo con le sicurezze del protagonista, ma anche con le nostre: ogni certezza o idea che lo spettatore si fa guardando il film, si sgretola piano piano. Più tempo Mike passa nella stanza, più noi diventiamo come lui, vittime di un male superiore in grado di prendersi gioco con estrema facilità di noi e delle nostre menti. Riesce a farci credere che quello che Mike sta vedendo e vivendo è reale, fino a che non lo ributta in un batter d’occhio nell’incubo della 1408.

Anche il finale del film non è altro che la dimostrazione che la stanza alla fine vince sempre. Tutte le certezze che Mike aveva nei riguardi della vita, di se stesso e dell’aldilà ormai non esistono più. L’uomo ha vissuto l’incubo peggiore che chiunque di noi possa immaginare: essere messo di fronte alle proprie paure, ma soprattutto ai propri errori, quelli che in passato hanno condizionato pesantemente non solo le nostre vite ma anche quelle delle persone che abbiamo amato.

La 1408 ha lasciato in Mike un segno indelebile, un vero e proprio squarcio: da scettico quale era all’inizio, l’uomo si convince alla fine che l’esperienza vissuta nella stanza non è stato un semplice scherzo della sua mente o il frutto della sua immaginazione, suggestionata probabilmente dal misterioso direttore dell’hotel (interpretato da Samuel L. Jackson), ma che si è trattata di un’esperienza reale. Dall’inzio alla fine. Compreso l’incontro con la sua amata figlia.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.9