Valeria: recensione della serie TV spagnola Netflix

Tratta dai libri di Elísabet Benavent, Valeria vuole mostrare la verità su sesso e amore delle donne di oggi, forzando il tutto e risultando, dunque, falso.

Il sesso è un tabù o, almeno, tende ad esserlo ancora in alcune situazioni e ambienti della vita vera. È per questo che film e serie tv ne hanno sdoganato molti dei preconcetti di cui era difficile e a volte quasi impossibile parlare, diventando contenitori per un’educazione sessuale che, spingendosi nell’esplorazione e nelle varie sfumature di uno dei piaceri dell’esistenza, ha scelto di prendere per ogni prodotto letterario o audiovisivo una propria direzione. Tantissimi sono gli aspetti che vanno a comporre la gamma diversificata e sempre in via di indagine della sessualità, con uno sguardo al femminile che una serie cult come Sex and the City ha reso centrale nella descrizione della vita delle sue quattro protagoniste, rendendola fondamentale e parte contributiva del percorso di crescita e affermazione personale delle nuove donne alle soglie del Duemila.

Pioniera di un universo che per alcuni potrebbe ancora rappresentare una realtà anni luce lontana da ciò che si è abituati a conoscere, la serie americana ha dato il via a un dialogo sui desideri femminili che è andato espandendosi nel corso degli anni a venire, sostenuto dalla voglia e dalla creatività di autrici e autori di spingersi sempre leggermente oltre ciò che ci era stato mostrato, non avvalendosi necessariamente della valenza scabrosa che era possibile trarre dati gli argomenti, ma cercando, per l’appunto, di renderla quanto mai reale. È per questo che ad oggi, in pieno 2020, non sembra certo scandaloso, né autentico ciò che va proponendo la nuova serie Valeria, operazione spagnola di Netflix basata sui romanzi di Elísabet Benavent, che concentra quattro libri della scrittrice in una prima stagione composta da otto episodi.

Valeria – L’ostentata freschezza di qualcosa di già vistovaleria, cinematographe

Assumendosi come obiettivo il raccontare la parte veritiera, quello spettro quotidiano e quindi, teoricamente, più rappresentativo dell’attività amorosa e sessuale delle donne di oggi, delle cittadine delle metropoli, delle trentenni in carriera che devono confrontarsi con aspettative di vita coniugali fallite e sogni lavorativi tutti ancora da dover afferrare, Valeria cerca la mescolanza funzionante tra ciò che pensa sia la realtà e ciò che drammaturgicamente deve andare a imbastire. Casualità e confronti, amicizie e potenziali amori cozzano all’interno della serie che ripone troppe aspettative su se stessa, affossandosi pian piano nel corso delle puntate, convinta invece di essere il moderno specchio per una generazione di donne che potranno in questa serie ritrovarsi.

L’ostentazione di una scioltezza e banalizzazione delle pratiche amorose e sessuali inficiano nelle dinamiche di racconto in cui sono coinvolte le protagoniste, altrettanto inadeguate vista la finzione evidente e mascherata che le riveste, rendendole non solo improbabili nel loro sbandierare freschezza e originalità, ma facendo di quelli che dovrebbero essere i loro punti forti proprio ciò che meno le rende apprezzabili. Procedimento che finisce per infierire nella narrazione stessa, che vede Valeria e le sue amiche ridursi a una serie di conflitti forzati e sovraccaricati, nessuno interessante da voler analizzare, dando inoltre l’impressione di starsi antipatiche tra loro piuttosto che condividere il tempo insieme per puro svago – risultato che rimbalza poi, soprattutto, su chi le sta guardando.

Valeria – Quel poco che ha da dirci la serie Netflixvaleria, cinematographe

Una condizione che va coniugandosi nella storia verticale di Valeria, senza dare opportunità di patteggiare veramente per nessuno dei personaggi, tutto dovuto a una consequenzialità di avvenimenti personali, familiari e professionali miserevoli, che non bastano i deboli accenni di riuscita finale a risanare completamente, mettendo lo spettatore davanti a un racconto che vorrebbe mostrarsi quanto mai vero, ma che respinge quest’ultimo elemento per sua medesima natura. E così la pretesa di una serie romantico/erotica sfuma nella convenzionalità, nell’inappagamento della coppia-statuto con annesso tormento emotivo e intrigante amante, nell’essere in un rapporto solamente l’altra donna, nell’omosessualità bisbigliata che si prende poi la propria rivincita o nella novella relazione e tutto ciò che ne diviene.

Come un tempo il lieto fine era l’obbligo imperante per film e serie televisive di questo stampo, è adesso il tormento e l’apertura al dubbio sul futuro che sembra dover ricordarci chi siamo, come siamo. Ma nemmeno noi potremmo mai essere così falsi verso il nostro rapportarci alla vita, per questo Valeria dimostra di avere davvero così poco da poterci raccontare.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.3

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