The Unlikely Murderer: recensione della miniserie svedese Netflix

The Unlikely Murderer racconta la vicenda dell'omicidio irrisolto del primo ministro svedese Olof Palme attraverso una ricostruzione minuziosa ma poco emotiva.

The Unlikely Murdererminiserie svedese in cinque puntate – è arrivata su Netflix il 5 novembre 2021. La sua uscita, però, è passata un po’ in sordina, nonostante il progetto sia ambizioso e aspiri a diventare un nuovo prodotto di punta del genere crime\thriller, attraverso una trama basata su uno dei casi irrisolti più famosi della Svezia: l’omicidio del Primo Ministro Olof Palme, avvenuto la sera del 28 febbraio 1986. L’assassino non fu mai catturato, ma moltissime teorie e congetture sostengono che il colpevole sia Stig Engström,  presente – secondo le sue deposizioni – sul luogo del delitto come testimone oculare e persino come soccorritore. Promotore di questa ipotesi è anche il giornalista Thomas Pettersson, autore di una serie di articoli convogliati in un libro –  Den osannolika mördaren -, traducibile appunto come The Unlikely Murderer. Libro dal quale la miniserie è ispirata e prende le mosse.

The Unlikely Murderer – La scelta del punto di vista

The Unlikely Murderer recensione - Cinematographe.itThe Unlikely Murderer, ovvero “L’assassino improbabile”. E chi, se non un anonimo grafico sulla cinquantina, fuori forma e apparentemente innocuo può essere considerato un assassino improbabile? Il senso della miniserie risiede quindi nel titolo e in questa domanda. La sceneggiatura – curata da Wilhelm Behrman e Niklas Rockström – sposa la teoria secondo cui a commettere l’omicidio sia stato Stig Engström, trasformando il progetto in un approfondimento sulla sua figura e sulla sua vita. La miniserie inizia proprio dando per scontato sia stato lui a commettere il crimine: la sera della tragedia viene ricostruita minuziosamente e scopriamo sin dai primi minuti che il volto dell’assassino – il quale viene ripreso nel momento esatto in cui spara – coincide con quello di Engström. Da quel momento lo spettatore non può far altro che credere a ciò che gli viene mostrato. Ed è qui che sorge il problema di fondo della serie. L’omicidio di Olof Palme è stato in grado di appassionare per decenni l’opinione pubblica locale, la stampa e persino la polizia poiché conteneva in sé un mistero irrisolto, in grado di dar vita a milioni di congetture. Credere che la verità fosse invece così semplice ha impedito la risoluzione del caso. Spiegare sin da subito l’identità dell’assassino – in un prodotto per un pubblico internazionale che molto probabilmente conosce tramite la miniserie la storia per la prima volta – elimina quindi gran parte dell’interesse contenuto nella vicenda iniziale. La narrazione, di conseguenza, si concentra maggiormente sulla storia personale di Stig, sul suo tentativo di depistare la polizia e di rimanere costantemente al centro dell’attenzione.

La trama raccontata contempla anche le indagini, ne segue lo sviluppo e ne ricostruisce le varie tappe significative – dal clamoroso flop della teoria di una congiura politica all’arresto e conseguente rilascio di un innocente, Christer Pettersson. E mette in piedi il racconto poliziesco seguendo i topoi tipici delle serie crime: il detective vicino alla pensione ossessionato dal caso che conduce un’indagine parallela, l’imperizia e la scarsa preparazione delle forze di polizia nei momenti immediatamente successivi all’omicidio, l’ottusità di chi conduce le indagini nel percorrere vicoli ciechi e strane teorie. Questo filone narrativo, però, rimane sullo sfondo, così come quello che segue – ai giorni nostri – Pettersson nella sua ricostruzione postuma del caso. Sceneggiatori e regista (Charlotte Brändström), infatti, non perdono mai di vista l’obiettivo, ovvero avvalorare la teoria da loro scelta – dimostrata anche nel libro – inchiesta -, trasformando Stig nel perfetto ma “improbabile” assassino. Osserviamo quindi la vita di Engström lungo diversi piani temporali e lo vediamo trasformarsi lentamente nel prototipo dell’omicida da serie tv: frustrato, rancoroso, insoddisfatto del proprio lavoro, convinto di valere molto di più di quanto la gente creda. Cerca disperatamente di entrare a far parte di circoli dell’alta società e ad ogni rifiuto o insulto inizia a covare sempre più frustrazione. Razionale e metodico ma al tempo stesso vessato da un passato di abbandono e da manie di persecuzione, uccide Palme perché diviene il perfetto capro espiatorio della sua esistenza. Una tragica fatalità li mette letteralmente sulla stessa strada.

Movente e assassino sono sfuggenti, enigmatici. Nella serie, però, sembra quasi che Stig sia “destinato” a compiere tale gesto. Da lì prende piede una rete di bugie e aneddoti incoerenti che porteranno molti a credere alla sua colpevolezza. Dopo decenni la “verità“, nella sua banalità e casualità, viene accettata anche dalla polizia.

The Unlikely Murderer – Il taglio documentaristico

The Unlikely Murderer recensione - Cinematographe.itLa serie, quindi – nella sua faziosità – taglia fuori moltissimi elementi della storia e crea a sua volta una teoria. Se si prescinde però dalla scelta del punto di vista, il prodotto rimane a suo modo interessante, anche se non perfettamente inquadrato in un genere definito. A cavallo fra il crime e il documentario, l’opera ha nella meticolosa ricostruzione storica uno dei suoi punti di forza. Allo stesso tempo, però, non dimentica mai la sua natura di “congettura” – fondamentale la scelta di non calare troppo la trama all’interno di ciò che è accaduto realmente. Non vengono mostrate le foto dei “veri” protagonisti, né vi sono didascalie a spiegare cosa accadde dopo. La serie, quindi, conserva in ogni aspetto una natura ibrida: da una parte ricrea il periodo storico in maniera dettagliata, dall’altra si mantiene distante dal sovrapporre la sua versione alla vicenda realmente accaduta.

Nonostante ciò, i dettagli vengono riproposti fedelmente. A cominciare dalla somiglianza del cast: su tutti spicca – inevitabilmente – Robert Gustafsson (Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve) nei panni di Stig Engström, in un’interpretazione calibrata e misurata. Questa mascherata sovrapposizione alla storia che racconta contribuisce quindi ad acuire il taglio quasi documentaristico di The Unlikley Murderer. Ciò che manca infatti, risulta essere il fattore emotivo. Ci sono alcuni momenti di tensione ma il racconto quasi cronachistico dei molteplici passaggi delle indagini e della vita di Stig a volte appesantiscono una vicenda già di per sé molto complessa. Lo slittamento della storia su diversi piani temporali spesso risulta ingiustificabile e non condivisibile tanto quanto la scelta del punto di vista. Fondamentale ma non approfondito abbastanza, invece, il filone contemporaneo, con il giornalista Thomas Pettersson che indaga per suo conto, ponendo così fine alle indagini preliminari, chiuse nel momento in cui il procuratore svedese, solamente nel 2020, accetta la possibilità che Engström sia colpevole ma non processabile  – essendosi suicidato nel 2000.

La serie, quindi, in bilico costante fra generi, teorie e ricostruzioni appassiona ma non emoziona. E non riesce nemmeno a convincere sulla reale necessità di raccontare i fatti da un punto di vista che – a lungo andare – risulta anche poco obiettivo. Una perfetta ricostruzione storica, in cui tutti gli elementi sono al posto giusto, nella quale manca però quell’elemento in grado di scardinare il già detto e il già sentito, attraverso la caccia ad un colpevole che, in questo caso, è svelato troppo presto. Il “movente” della serie – esattamente come quello del caso che racconta – resta quindi avvolto nel mistero.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.8

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