The OA – stagione 2: recensione della serie Netflix

Su Netflix ha debuttato la stagione 2 della serie The OA, con Brit Marling e Jason Isaacs. Ecco la nostra recensione della seconda parte dello show

Pensavamo davvero che la stagione 2 di The OA non avrebbe mai visto la luce del sole e invece, in una maniera stramba quanto il contenuto stesso della serie, Netflix (il 22 marzo) ha pubblicato la seconda parte dello show che racconta storie di angeli, dimensioni parallele, reincarnazioni ed esperienze pre-morte.

Di cosa parla The OA?

The OA – che ha debuttato per la prima volta nel dicembre 2016 – è stata ideata da Brit Marling (che ne è anche la protagonista) e Zal Batmanglij che si è occupato della regia dell’intera prima stagione. La premessa non è per niente semplice: Prairie Johnson (Marling) è una ragazza che, dopo essere sparita per 7 anni, torna dai suoi genitori adottivi. Si riferisce a se stessa come PA (in inglese OA), mostra delle evidenti cicatrici sulla schiena e, nonostante prima della sua scomparsa fosse cieca, ora ci vede perfettamente.

Prairie si rifiuta di raccontare all’FBI o ai suoi genitori adottivi quanto le sia successo negli ultimi 7 anni e, invece, riunisce un gruppo di 5 persone della sua cittadina (4 studenti del liceo e un’insegnante), ai quali rivela la sua storia. Scopriamo che è stata tenuta prigioniera insieme ad altre 4 persone (tutti accomunati dalla caratteristica di aver vissuto delle esperienze pre-morte) da un individuo interessato a scoprire i segreti dell’Universo, della reincarnazione e delle diverse dimensioni che compongono la realtà.

Al termine della prima stagione, Prairie aveva chiesto ai suoi 5 nuovi collaboratori di aiutarla a salvare i suoi compagni di prigionia: attraverso una serie di movimenti ripetitivi sarebbero stati in grado di aprire un passaggio verso una nuova dimensione. Un giorno, a scuola, si presenta un ragazzino armato il cui obiettivo è quello di fare una strage. I 5 mettono in pratica i movimenti, ma una pallottola esplosa dall’arma dell’attentatore colpisce Prairie (accorsa per salvarli) in pieno petto.

The OA cinematographe.it

The OA: la stagione 2 della serie Netflix

La seconda stagione non parte immediatamente a raccontare dagli eventi della prima. Si sposta e ci espone alcuni eventi paralleli che coinvolgono la scomparsa improvvisa di una ragazza che, apparentemente, stava giocando a un misterioso gioco online, un rompicapo che premia i suoi giocatori con grosse somme di denaro. L’investigatore privato Karim Washington viene incaricato dalla nonna della ragazza di risolvere il caso. Nel frattempo Prairie è stata colpita dal proiettile e sta per morire.

Il primo impatto con la seconda stagione di The OA, sorprendentemente, porta con sé una vaga impressione di miglioramento. La prima stagione aveva diviso in maniera netta. Una serie del genere non può che scatenare reazioni di questo tipo: The OA è profondamente surreale, astratta e la trama salta – letteralmente – di palo in frasca. Non è mai chiaro di cosa voglia davvero parlare, a chi e per quale motivo, tendenza che rimane abbastanza presente anche nella seconda stagione; eppure pare che Brit Marling e Zal Batmanglij abbiano quasi raddrizzato il tiro.

La serie mantiene la sua forzatissima presenza fantasy e fantascientifica, ma si sforza di cambiare prospettiva inserendo una componente mistery davvero ben riuscita. Il caso di Michelle, la ragazza vietnamita scomparsa all’improvviso, si interseca con la storia principale in maniera parecchio interessante e ci ritroviamo a seguire le indagini di Karim Washington quasi come se fossimo direttamente coinvolti.

The OA: la performance della protagonista, Brit Marling

L’introduzione di una nuova storyline, inoltre, aiuta a smorzare la presenza irritante della protagonista – Brit Marling – che continua a non riuscire in alcun modo a risultare empatica, coinvolgente o anche minimamente avvincente. La sua Prairie viene superata da qualunque altro personaggio sullo schermo, che si tratti del villain di Jason Isaacs o di uno qualunque dei personaggi secondari. Per quanto l’importanza di OA non sia mai messa in dubbio, la sua storia diventa sempre meno interessante ogni minuto che passa. Il contorno, al contrario, non riesce a non attirare la nostra attenzione.

In generale The OA continuerà a dividere. Nonostante la colonna sonora pazzesca di Rostam Batmanglij continui a essere un punto fortissimo, nonostante la storia affronti una parabola ascendente e nonostante, in qualche modo, la serie rappresenti un prodotto innovativo da morire, rimane una serie troppo trascendentale e che si sforza in un modo estremamente evidente di sfidare i limiti del realismo.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3.5
Recitazione - 1.5
Sonoro - 4
Emozione - 1

2.5

Tags: Netflix