The L Word – Generation Q: recensione della serie tv di Sky Atlantic

The L Word torna con una settima stagione ambientata a diversi anni di distanza dai fatti della serie originale, finita nel 2009.

Era il 2004 quando sul canale statunitense Showtime esordiva The L Word, serie tv che avrebbe, negli anni a seguire, segnato in maniera più o meno indelebile la vita di milioni di ragazze e ragazzi nel mondo, specialmente coloro che sapevano già di appartenere alla comunità LGBT ed altri che invece iniziavano solo in quegli anni a guardare più profondamente dentro di sé.

The L Word: Generation Q riporta in tv la serie degli anni duemila con nuove attrici nel cast. I nuovi episodi vengono trasmessi in Italia da Sky Atlantic.

La scoperta della propria omosessualità, per certi versi, è stata supportata e resa meno drammatica anche grazie a serie tv come The L Word e Queer as Folk: la prima si concentrava soprattutto sull’universo femminile, la seconda più su quello maschile ed entrambe, allo stesso modo, hanno guidato i propri spettatori nella conoscenza e nell’approfondimento della propria identità sessuale e la propria sfera emotiva. In Italia, gli spettatori avevano modo di seguire la serie tv ideata da Ilene Chaiken attraverso il canale satellitare Jimmy, quando l’omosessualità era ancora un tabù e le serate di fronte al piccolo schermo trascorrevano con l’ansia che i propri genitori entrassero in stanza proprio mentre sullo schermo c’erano scene di sesso o baci tra donne. Una sensazione di angoscia che le nuove generazioni potrebbero far fatica a comprendere ma, per intenderci, The L Word iniziava negli anni in cui le T.A.T.U. salivano sul palco del Festivalbar e, durante l’esecuzione di All The Things She Said, al momento del loro bacio a stampo la telecamera cambiava immediatamente inquadratura per non far gridare la gente allo scandalo. Una roba che adesso sarebbe totalmente impensabile e il duo russo, a quasi vent’anni di distanza, non avrebbe guadagnato quanto invece fatto venti anni fa.

Una serie tv necessaria negli anni duemila ed ancora utile ai giorni nostri

The L Word Generation Q - Cinematographe.it

Una premessa doverosa poiché The L Word, il fenomeno lesbo degli anni duemila, è tornato venti anni dopo con un sequel prodotto e trasmesso proprio da Showtime. A seguire i nuovi episodi saranno soprattutto quelle ormai ex ragazzine che a metà anni duemila si chiudevano in stanza per vedere di nascosto le avventure di Shane, Alice, Bette, Jenny e compagnia bella. Lo faranno per curiosità e perché in fondo un legame con le protagoniste della serie tv ci sarà sempre, quasi come se fossero state un po’ loro ad infondere il coraggio necessario per affrontare il proprio coming out e viene quindi spontaneo essergli riconoscente, sintonizzandosi con la messa in onda dei nuovi episodi che, per quanto riguarda l’Italia, saranno trasmessi da Sky Atlantic da lunedì 11 maggio 2020. Tutte hanno almeno una volta fantasticato sulle protagoniste della serie tv, scegliendone una da elevare a proprio prototipo di donna da rincorrere negli anni a seguire, con una selezione ponderata così profondamente che neanche quando nel gioco Pokemon dovevi scegliere se iniziare la tua avventura con Charmender, Bulbasaur o Squirtle. Ma se queste ex ragazzine sono ormai diventate donne, hanno esplorato largamente la propria sessualità ed il problema da affrontare non è più il coming out in famiglia ma l’affitto da pagare e qualche ex un po’ troppo ingombrante, sembra invece che per le protagoniste della serie tv il tempo non sia mai trascorso.

Le veterane della serie tv prendono per mano le new entries ma rimangono loro le protagoniste indiscusse dello show

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Direttamente dallo show originale, in The L Word: Generation Q ritroviamo Bette, Shane e Alice, interpretate rispettivamente da Jennifer Beals, Katherine Moenning e Leisha Hailey. La prima rimarrà sempre, nella memoria comune, la Alex di Flashdance e dopo la serie tv ha continuato a recitare in maniera costante nell’universo cinematografico e seriale; la seconda, dopo The L Word, è stata soprattutto Lena Barnum, assistente investigativa di Ray Donovan nell’omonima serie tv, creata sempre per Showtime; la terza, invece, ha proseguito la sua carriera musicale fino al 2011, apparendo in numerose serie tv ma in maniera sporadica e mai da protagonista.

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Insomma, tutte loro hanno proseguito la loro vita e la loro carriera durante questi 11 anni. Il fatto è che, a livello estetico, tutto sembra essersi fermato al 2009, quando andava in onda l’ultimo episodio di The L Word ed il pubblico si ritrovava a salutare le sue protagoniste attraverso quello che nessuno avrebbe immaginato sarebbe stato solo un arrivederci. Lungo oltre un decennio, certo, ma comunque un arrivederci e non un addio come invece tutto lasciava pensare. Il fascino di Bette è rimasto intatto, nessun segno del tempo sul suo volto come potrebbe capitare in qualsiasi revival o sequel che arriva a distanza di così tanti anni. Alice sembra essere sempre l’eterna ragazza iperpositiva e Shane è rimasta identica all’ultima volta che l’avevamo vista (per la gioia di molte).

Nuove storie, più leggerezza ed un occhio strizzato al passato

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In questo The L Word 2.0 si aggiungono al cast numerose new entries ma sin dal primo episodio risulta assai difficile appassionarsi alle loro storie in un modo anche lontanamente paragonabile a quello con cui il pubblico seguiva le relazioni ed i conflitti di Shane e Carmen, Bette e Tina, Alice e Dana o le vicende di Helena mentre veniva diseredata dalla madre dopo essere stata denunciata per molestie da Dylan, la donna di cui si era ingenuamente innamorata.

Nei nuovi episodi, assistiamo ad esempio alla relazione tra Dani e Sophie (Arianne Mandi e Rosanny Zayas), due personalità molto forti che si ritrovano ad affrontare un passo importante come quello del matrimonio. Nonostante sembra avere tutto dalla vita (bellezza, soldi, amore e amicizia), Dani vive portando sul suo volto un costante senso di irrisolto che già dopo i primi episodi della serie tv risulta assai stucchevole, mentre Sophie rappresenta la metà più travolgente ed ottimista della coppia. C’è poi Sarah (Jacqueline Toboni), l’assistente di Alice che, nonostante sia impacciata, insicura e scroccona (e senza doppiaggio abbia una voce insopportabile), riesce comunque a conquistare una delle attrici più affascinanti dello show, salvo poi complicare tutto per questioni irrisolte del suo passato. Nel cast riconosciamo anche Jamie Clayton, nota soprattutto per essere stata Nomi nella serie Sense8 e che in The L Word interpreta il personaggio di Tess.

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Le tre veterane, invece, continuano a vivere le loro rispettive relazioni nella maniera che le ha sempre contraddistinte, con Bette che si complica sempre la vita, Alice che prende l’amore con estrema leggerezza, e Shane che con il suo fare alla James Dean da bella e dannata porta avanti il percorso di autocommiserazione che va avanti dal 2004. Quando, tutte e tre, fanno riferimento al passato, nella mente esplodono un’infinità di ricordi e pensi dentro di te “Io c’ero! So a cosa ti riferisci e quella foto ce l’avevo stampata nella mia cameretta!“. Le loro personalità spiccano tra le altre, forse perché possono contare su un maggior talento interpretativo ma anche su personaggi che conoscono a menadito e che hanno alle spalle una storia già nota e più profonda e quindi più interessante da seguire. Forse è soprattutto questo le porta quasi a surclassare le più giovani colleghe che risultano spesso anonime, salvo alcune rare eccezioni.

L’America sullo sfondo è cambiata, le attrici del cast originale un po’ meno

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Ciò che ha sempre colpito di The L Word è il fatto che le protagoniste siano tutte delle donne in carriera (un po’ come in Sex and the City, per intenderci). Carriera che nel caso di Bette si è evoluta in una candidatura a sindaco di Los Angeles, in quello di Alice in un programma televisivo alla Ellen DeGeneres e, nel caso di Shane, in un patrimonio così elevato da poter acquistare tutto ciò che le passa per la testa. Venti o dieci anni fa fantasticavamo su Los Angeles e ci chiedevamo se davvero esistesse un luogo in cui ogni lettera della sigla LGBTQ+ venisse rappresentata e rispettata al pari di qualsiasi essere umano e che tale persone potessero godere degli stessi diritti dei cittadini eterosessuali (cosa che l’Italia fa ancora fatica a fare, figuriamoci in quegli anni).

Dal punto di vista sentimentale, invece, Bette sembra aver raggiunto quella razionalità e maturità sentimentale rincorsa per anni per tentare in maniera vana di tenere in piedi il suo legame con Tina. Vedendo la loro figlia Angie, frutto di una delle storie d’amore più belle ma anche più travagliate, ci rendiamo conto di quanto tempo sia trascorso (e quanto ci si è invecchiati). Per quanto riguarda Alice, sembra che niente possa farla soffrire ma nessuno può dimenticare la straziante scena in cui Dana moriva e lei, crollata nel corridoio dell’ospedale, urlava disperata mentre il suo pianto si confondeva con le note quasi beffarde di You Are my Sunshine. Shane, invece, sembra aver imparato poco o niente dal passato, rimanendo in parte fedele alla regola delle tre T che tutte le sue fiamme ricollegavano a lei.

Sesso e sentimenti, rimpianti e voglia di riscatto nel segno del glamour e del sogno americano

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The L Word racconta una comunità che sembra essere queer al 100%: dieci anni fa era impensabile una cosa del genere ma adesso non è affatto così impossibile quando lavori in determinati contesti. L’America che fa da sfondo è cambiata, a metà anni duemila c’era quasi unicamente Ellen DeGeneres a rappresentare l’universo lesbo nello show business, adesso ci sono attrici, modelle, conduttrici dichiarate e in un episodio di Generation Q troviamo anche Megan Rapinoe, pupilla della comunità LGBT statunitense. Le dinamiche all’interno del gruppo, invece, sono rimaste le stesse: i tradimenti risultano troppi, basta uno sguardo tra due protagoniste e ti aspetti che da un momento all’altro possano finire a letto insieme. Insomma, se siete rimasti traumatizzati da un paio di corna in una relazione passata, vi conviene stare lontano da questa serie tv. Almeno, però, se negli anni duemila si parlava solo di chi era stata a letto con chi, adesso la serie tv affronta anche argomenti più maturi, come divorzi, matrimoni, discriminazioni sul lavoro ed altro con cui chiunque può identificarsi ad oltre dieci anni di distanza.

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Ma qual è la generazione Q? Secondo una recente definizione del giornalista americano Thomas L. Friedman, si tratta di una generazione che punta a fare la rivoluzione senza troppo suscitare troppo clamore. Q starebbe per Quiet e fa quindi riferimento alla quiete, all’ottimismo e alla positività con cui si guarda al futuro, in barba al terrorismo degli attentati post 11 settembre o alle conseguenze del cambiamento ecologico che incombono all’orizzonte. La generazione Q è quindi pronta per dar vita ad una rivoluzione silenziosa, la stessa che le protagoniste della serie tv faranno all’interno delle proprie vite e la stessa di cui è stato protagonista The L Word in questi anni.

La domanda principale è, infine: ma serviva davvero un revival di The L Word? Se si evitassero troppi paragoni qualitativi con quella che è stata la serie originale, la risposta è assolutamente sì. Perché se è vero che, ad oggi, l’omosessualità è molto più accettata dalla società rispetto a dieci/quindici anni fa, è pur vero che ancora troppe persone, soprattutto adolescenti e soprattutto in determinate zone del mondo, hanno timore di vivere serenamente la propria sessualità. E se guardare le storie di Bette, Alice, Shane e le altre ragazze della serie tv, permettesse anche solo ad una persona di sentirsi un po’ meno “anomala” o sola, allora il revival è da ritenere ampiamente giustificato. Perché se esistono serie tv che raccontano di relazioni, emozioni e tradimenti tra adolescenti o persone più mature e storie nelle quali gli spettatori possono riconoscersi ed immedesimarsi al 100%, sarà sempre giusto raccontare anche il punto di vista delle minoranze, quelle che hanno ancora timore a stringersi la mano per strada o si sentono ancora costrette ad assumere atteggiamenti di convenienza.

Dove vedere gli episodi della nuova stagione di The L Word in Italia?

In Italia, si potranno seguire gli otto episodi che compongono la prima stagione di The L Word attraverso Sky Atlantic e Now TV a partire dall’11 maggio alle ore 21:25. Chi vuole, può rispolverare la memoria e recuperare le precedenti stagioni della serie tv affidandosi a Sky On Demand, più specificatamente alla sezione Box Sets o a Now TV. Ricordiamo che The L Word: Generation Q è stata già rinnovata per una seconda stagione ma, considerata l’attuale pandemia globale, risulta difficile prevedere quando sarà possibile godersi i nuovi episodi della serie anche se tutto lascia pensare che se ne riparlerà nella prima metà del 2021.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.1