Tekken: Bloodline – recensione della serie animata Netflix

La recensione della serie animata scritta da Gavin Hignight e diretta da Yoshikazu Miyao, tratta dal videogame omonimo sviluppato e pubblicato da Namco. Dal 18 agosto 2022 su Netflix.

Correva il 1994 quando Tekken in modalità arcade faceva la sua comparsa nelle sale giochi di mezzo mondo, conquistando milioni di players. Abbastanza per convincere la Sony a acquisirne i diritti dalla casa madre sviluppatrice della Namco, per poi convertirlo un anno dopo in uno dei titoli di punta della PlayStation. Da quel momento, come parte di ogni franchise che si rispetti, ai successivi capitoli della saga videoludica (ad oggi se ne contano otto), il videogame ha allargato i propri confini ben oltre le console per approdare sul piccolo e grande schermo con adattamenti cinematografici e seriali in live action e animati. Un percorso, questo, comune anche ad altri “picchiaduro a incontri” che hanno spopolato tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi dei Novanta come Street Fighter, Mortal Kombat o Dead or Alive.

Tekken: Bloodline recensione cinematographe.it

In tutti i casi, comprese le trasposizioni di Tekken, non ultimo il film con attori in carne ed ossa del 2010 diretto da Dwight H. Little, i risultati hanno sempre lasciato alquanto a desiderare se non in rarissime occasioni. Il motivo sta probabilmente nell’incapacità genetica dei suddetti videogiochi di andare oltre l’aspetto videoludico e nutrire una drammaturgia degna di nota, o quantomeno sufficiente a gettare delle basi solide per una sceneggiatura e per sviluppare le one-lines dei rispettivi personaggi.

Tekken: Bloodline racconta le vicende umane e marziali del personaggio del karateka nipponico Jin Kazama

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La causa dell’incapacità di adattamento alla crossmedialità va dunque ricercata alla radice. Ciò non ha però spinto produzioni, sceneggiatori e registi delle diverse latitudini dal desistere e continuare a sfornare prodotti audiovisivi dai suddetti videogame. La riprova sta nel recente reboot di Mortal Kombat dell’esordiente Simon McQuoid o nella nuova serie animata tratta da Tekken, rilasciata il 18 agosto 2022 su Netflix. Quest’ultima, scritta da Gavin Hignight e diretta da Yoshikazu Miyao, abbozza una parvenza di trama prendendola in prestito dal terzo degli otto capitoli della saga uscito nel 1997. Nasce da lì Tekken: Bloodline, serie in sei episodi da 25 minuti cadauno che porta sugli schermi della piattaforma a stelle e strisce le vicissitudini umane e le gesta marziali di uno dei personaggi più iconici dell’omonimo videogioco, vale a dire il fortissimo karateka nipponico Jin Kazama. È su di lui e sulla sua ricerca di vendetta che gli autori hanno concentrato il plot. La morte della madre per mano di un potentissimo demone lo porterà il ragazzo da prima alla corte del nonno Heihachi Mishima per un durissimo addestramento, poi al prestigioso Iron Fist Tournament per affrontare agguerriti combattenti provenienti da tutto il pianeta, conquistare la cintura di campione e trovare il responsabile della sua dolorosa perdita.

La scrittura offre al fruitore una flebile linea narrativa alla quale aggrapparsi per l’intera durata della serie

Tekken: Bloodline recensione cinematographe.it

Tekken: Bloodline e i suoi spettatori devono dunque accontentarsi di quello che passa il convento, ossia l’ennesimo cammino di vendetta di un lottatore che si consuma incontro dopo incontro all’interno di un torneo di arti marziali, dove si scontrano stili e motivazioni diverse. Niente che i film o le serie sui picchiaduro o i martial arts action cinematografici come Senza esclusione di colpi, La prova o Ong Bak abbiano già raccontato. Motivo per cui anche stavolta non bisogna attendersi altro che il solito plot sacrificato per la causa spettacolare, quella che operazioni come queste sono solite donare alla platea in dosi massicce. Al netto di una storia che cerca con qualche colpo di scena legato all’oscuro passato del protagonista, che verrà a galla in prossimità del giro di boa del terzo episodio, poco prima che prenda ufficialmente il via in un’arena situata da qualche parte Centro America il torneo che vedrà Jin alle prese con altri storici personaggi della saga (la giovane ragazza esperta di arti marziali Xiaoyu, l’assassina Nina Williams, il wrestler King e il combattente americano Paul Phoenix), la scrittura offre al fruitore una flebile linea narrativa alla quale aggrapparsi per l’intera durata della serie.

La serie ricalca fedelmente la natura e le caratteristiche della matrice videoludica a base di fluidità, grafica e match rapidi

Tekken: Bloodline recensione cinematographe.it

Questo per dire che gli stimoli maggiori che giustifichino la visione, lo spettatore deve andarseli a cercare altrove, ossia allo show marziale che la componente cinetica e l’animazione stereoscopica creata da Yoshikazu Miyao e dal suo team sono in grado di garantire dal punto di vista dell’impatto visivo e dell’intrattenimento. Il tutto ricalca fedelmente la natura e le caratteristiche della matrice videoludica a base di fluidità, grafica e match rapidi, che sono diventati ingredienti distintivi del franchise. In tal senso, Tekken: Bloodline è fatto su misura per tutti quei players che vogliono mettere da parte console e joypad, lasciando che sia la serialità animata a portare avanti le ostilità al posto suo.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 2

2.8

Tags: Netflix