Stranger Things 2 : recensione della serie evento Netflix

La recensione della seconda stagione serie evento Netflix tra omaggi anni '80, videogame e un malinconico aspetto vintage.

Nell’ultimo anno trovare qualcuno, appassionato o meno, che non abbia sentito parlare di Stranger Things è praticamente impossibile: amanti degli anni ’80, dell’horror, dello sci-fi, di Netflix o semplicemente della tv in generale hanno trovato nella serie creata dai fratelli Duffer non solo un notevole punto di incontro e dibattito, ma anche un vero e proprio fenomeno di costume e culturale a trecentosessanta gradi; Stranger Things 2 è la perfetta evoluzione di ciò che abbiamo amato.

Stranger Things 2: ancora più grande, ancora più cool

Se c’è una cosa che abbiamo imparato dalla fine degli anni ’90 fino ad ora, è che i sequel hanno una regola ben precisa. Come ci ricorda il personaggio di Rendy da Scream 2, il sequel deve espandersi in ogni direzione, ampliando a dismisura ciò che ha perfettamente funzionato nel suo predecessore, dando l’opportunità al pubblico di divertirsi maggiormente su dei temi che ha già amato.

Stranger Things 2 inizia esattamente un anno dopo (o quasi) la fine degli eventi del primo capitolo, con un Will tornato a casa che si è portato dentro qualche rimasuglio del Sottosopra, Undici è sparita e i ragazzi e tutti i protagonisti della prima stagione sono ancora scossi dagli strani eventi che sono capitati, cercando, per quanto possano, di tornare ad una vita normale.

Ed è qui che parte il concetto di evoluzione e ingrandimento dei temi trattati, a cominciare dai protagonisti: Will, Dustin, Mike e Lucas sono cresciuti, sono nel pieno dell’adolescenza anni ’80 (e del linguaggio sboccato), i videogiochi stanno velocemente prendendo piede (e da lì a poco entreranno anche nelle case degli americani iniziando ad abbandonare le sale giochi), la musica è cambiata e il modo di vestire si sta lentamente trasformando. Il rapporto tra i membri del gruppo si è solidificato rispetto agli eventi della stagione precedente, evoluzione dovuta anche ai terribili eventi che hanno coinvolto i protagonisti e che in qualche modo gli stanno facendo compiere il passo dall’adolescenza all’età adulta (ogni riferimento a IT è puramente casuale).

Undici, come era logico aspettarsi, è la vera superstar di questa seconda stagione, il personaggio che a livello di scrittura compie un viaggio/cambiamento vero e proprio e assolutamente tangibile, merito anche di tutte le risposte che man mano vengono date nei 9 episodi di questa seconda stagione, risposte inerenti al passato della piccola telecineta che sicuramente faranno stringere il cuore a tutti i telespettatori.

Ciò che non funziona in pieno sono le due new entry inserite all’interno del cast: Max e Billy sembrano realmente la macchietta di determinati personaggi apparsi nelle saghe horror dei film anni ’80; nonostante la straordinaria bravura dei due interpreti che rimangono allo stesso livello con gli altri protagonisti, ciò che non si percepisce nella costruzione dei personaggi è se questo aspetto macchiettistico sia voluto oppure sia un errore da attribuire alla scrittura dei personaggi.

Gli adulti di Stranger Things 2 potrebbero invece spaccare il pubblico in due: se Hopper (David Harbour) guadagna punti ricevendo la scrittura di un ruolo a lui più congeniale e non solo macchiettistico (come poteva risultare guardando la prima stagione), Joyce (Winona Ryder) perde invece di punti, risultando a tratti frustrante nei continui piagnucolii e con una recitazione che sembra riciclata dalla precedente stagione in molteplici situazioni.

Stranger Things 2: una serenata d’amore agli anni ’80

Se già la prima stagione di Stranger Things osannava e omaggiava a dismisura gli anni ’80, anche questo aspetto viene ampliato nella seconda stagione, e può essere paragonato ad un’operazione nostalgia che è in tutto e per tutto una vera serenata d’amore a quegli anni che tanto funzionano cinematograficamente in questo ultimo periodo.

I dibattiti e le citazioni su Ghostbusters sono solo una delle trovate geniali per collocare questo capolavoro di intrattenimento in un determinato periodo socio/culturale; non mancano, oltre ai vari poster e action figure sparsi per tutti i 9 episodi, anche riferimenti palesemente cinematografici a livello di fotografia o inquadrature, partendo da Nightmare, Alien (anche se facente parte del decennio precedente), Tremors, fino a chicche palesemente nerd/trash come Toxic Avenger.

A livello registico e fotografico non c’è stato un cambio di registro sostanziale rispetto alla prima stagione, scelta apprezzabile che sottolinea l’intelligenza dei creatori della serie: ampliare determinati elementi ma mantenerne alcuni invariati per non strafare e trasformare il tutto in una accozzaglia di situazioni fittizie e plasticose.

Recensire una serie come Stranger Things 2 non è compito facile, data l’intricata trama ricca di colpi di scena e di situazioni da mascella a terra, principalmente per la paura di incappare in spoiler importanti sparsi qua e la tra i vari episodi. Ciò che funzionava nella prima stagione è rimasto invariato, ciò che il pubblico ha amato è stato ampliato, le domande hanno avuto le loro risposte e il tutto fila via liscio nei 9 episodi di questa seconda stagione a ritmo di pezzi storici anni ’80, di horror ben dosato, di fantascienza, situazione al limite del meta-fumetto e un piacevole effetto nostalgia: serve altro per urlare al capolavoro?

Regia - 5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 5
Recitazione - 4.5
Sonoro - 5
Emozione - 5

4.8