Snowpiercer – Stagione 2: recensione finale della serie TV Netflix

La recensione finale della seconda stagione di Snowpiercer, la serie distopica Netflix con Jennifer Connelly e Sean Bean.

La seconda stagione di Snowpiercer sviluppa il percorso avviato inizialmente ma senza arrivare ad un punto conclusivo, bensì gettando le basi per un ulteriore ampliamento e una possibile altra crescita della serie nella già annunciata terza parte. Netflix ha evidentemente investito in maniera chiara sull’evoluzione del prodotto tratto dal film di Bong Joon-ho e dalla graphic novel Le Transperceneige, dando anche probabilmente maggiore libertà allo showrunner Graeme Manson. Nel corso della seconda stagione viene ampliata la visione della storia, costruendo un atto corale collettivo, che parzialmente si distacca dal procedimento iniziato con la prima parte dello show e che comunque ne va a delineare le caratteristiche in maniera più definita.

Snowpiercer – stagione 2 si incentra sul dualismo tra le visioni del governo di Layton e Wilford

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Dopo le impressioni avute col primo episodio, la vicenda si struttura e disegna meglio il suo cammino. Al centro dell’impianto narrativo della seconda stagione troviamo la contrapposizione per la gestione dello Snowpiercer tra Layton e Mr. Wilford, a seguito del ritorno di quest’ultimo annunciato tramite il cliffhanger di fine prima stagione. La serie intraprende un percorso che si discosta dall’impianto crime degli esordi e che va ad esplorare un’ulteriore strada, superando lo schema della lotta di classe della stagione d’apertura. Le divisioni tra le classi che compongono il treno e la differenza tra loro sono ancora presenti, ma il focus si sposta sul dualismo tra le diverse visioni del governo proprie di Layton e Wilford, andando a tracciare così una sorta di racconto su pregi e complicazioni dell’applicazione della democrazia, contrapposta all’autoritarismo e a certe fascinazioni deviate e fuorvianti nei suoi confronti.

Al centro della morale di questa seconda stagione di Snowpiercer c’è difatti la difficoltà di Layton a instaurare un vero governo democratico, dipingendone gli sforzi e la necessità soffocante di trasporre i suoi ideali egualitari nella reale pratica di governo, fatta di fattori complessi e pulsioni da gestire. Wilford si insinua in questa complessità e nelle crepe che si aprono nel lavoro di Layton, mostrando come lo spettro dell’”uomo forte e carismatico” sia dietro l’angolo, dove una soluzione dispotica basata sull’ordine talvolta può, in maniera ingannevole, sembrar più desiderabile delle proprie libertà. La riflessione viene posta un po’ a discapito dell’analisi sociale, tuttavia – dopo che questa è stata strutturata nella prima stagione – è comprensibile che si sia cercato di esplorare una nuova via. Per altro le differenze tra il fondo e la prima classe sono ancora lì a testimoniare quanto sia complesso appiattirle, ma nel succedersi degli episodi il fulcro dell’intreccio viene ricondotto alla frattura tra democrazia (con la sua complicata attuazione) e dittatura. Al fianco di ciò si aggiungono le introspezioni psicologiche e gli approfondimenti sul lato relazionale e interiore di certi personaggi, portando così a bilanciare la dinamica politica con quella umana.

Snowpiercer 2 amplia gli archi narrativi di diversi personaggi e inserisce un antagonista di spessore

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Azione, violenza e tensione, inserite in una confezione formale sempre ben curata – scenografie in primis – si confermano caratteri emblematici della storia, trattati in un susseguirsi energico, pur non sempre omogeneo. Il ritmo non è infatti costantemente incalzante ed alcuni episodi risultano meno riusciti d’altri, ciò nonostante complessivamente questa seconda stagione tesse una tela coerente e coinvolgente, che inoltre va a delineare meglio alcuni dei personaggi di primaria importanza. Se infatti la prima stagione restava troppo in superficie nel raccontare e definire i suoi protagonisti, questa seconda riesce a dar loro una pennellata diversa e migliorarne le sfaccettature, determinando anche delle notevoli evoluzioni. Certo questo non funziona parimenti per tutti – Layton ad esempio manca ancora in parte di incisività, così come LJ risulta eccessivamente macchiettistica – ma i percorsi di Ruth, Alex, Bess e Melanie ci mostrano una crescita significativa nella strutturazione delle vicende umane alla base di Snowpiercer. Inoltre al loro fianco sono anche altri personaggi secondari a compiere degli archi narrativi interessanti, come nel caso delle lacerazioni interiori di Picca e Audrey.

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Il Wilford di Sean Bean è poi un villain decisamente riuscito e convincente, retto da una recitazione ispirata e forte nel trasmettere il suo delirio di onnipotenza, l’ego smisurato e la sadica genialità volta al controllo di ciò che resta dell’umanità. La sua presenza scenica riesce a riempire anche momenti meno brillanti, con una certa carica magnetica e un carisma che si pone finalmente come un degno contraltare della Melanie di Jennifer Connelly, dopo che quest’ultima aveva portato sulle sue spalle buona parte del peso della prima stagione. Pur meno presente in questa seconda, la Connelly si conferma però elemento imprescindibile della serie – ci chiediamo infatti quale sarà il suo ruolo nella terza  stagione – e il notevole episodio interamente dedicato a lei, con le incursioni nel suo passato e la sua elaborazione di coscienza, ne è la prova. A convincere è anche Alex, interpretata ottimamente dalla giovane Rowan Blanchard, con un’evoluzione credibile e ben strutturata nel corso della vicenda e un’interpretazione sentita e impattante.

La serie Netflix con Jennifer Connelly in questa seconda stagione riesce a crescere e ad affermarsi con convinzione e dinamismo

I fili dei diversi personaggi e il nucleo centrale della storia convergono in una parte finale costruita su di un susseguirsi di momenti di suspense e scene adrenaliniche, oltreché tratti che caricano il lato emozionale, giungendo ad una conclusione che apre ad un nuovo corso e a nuove possibilità da sviluppare nella terza stagione. Se la serie saprà continuare a rinnovarsi e a trovare vie fresche da percorrere – senza strafare e cercando di limare ulteriormente alcune spigolosità – si affermerà definitivamente e lascerà un segno autonomo rispetto al suo predecessore cinematografico. Intanto questa seconda stagione compie un convincente passo avanti rispetto alla prima parte e, nonostante qualche stiracchiatura e qualche passaggio più debole, si impone come un prodotto intrigante e ben strutturato, dando un impulso verso un’ulteriore crescita e verso altre strade inesplorate, lasciandoci al contempo con la curiosità di un potenziale che ha ancora delle buone cartucce da giocarsi. Tra dinamiche socio-politiche, azione sostenuta e intrecci umani, Snowpiercer riesce a rafforzarsi e a rilanciare la corsa del suo treno, intrattenendo e trasportando il pubblico all’interno delle sue carrozze.

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Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.6

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