Sexify 2: recensione della serie polacca Netflix

Ritornano Monika, Natalia e Paulina, le startupper polacche alla ricerca del segreto del piacere. Ora non più solo femminile. 

Con Sexify 2 Netflix aggiunge otto episodi agli otto della prima stagione: l’evoluzione di un progetto drammaturgico a suo modo rivoluzionario. Perché ci aiuta a smontare ogni mitologia sul sesso.

Sexify 2: uomini e donne ugualmente disorientati di fronte alle diverse (forse troppe) vie del piacere sessuale

Sexify 2, recensione - Cinematographe.it
Pop e intelligente: ‘Sexify’ è il must-watch dell’inverno di Netflix.

Vietato ai minori di diciotto anni. Anzi no: che lo guardino tutti, soprattutto i ragazzini. Sexify è uno dei prodotti seriali più interessanti di Netflix proprio per il modo in cui intrattiene educando, ed educa deromanticizzando il sesso, smantellandone le idealizzazioni. Ci mostra che, anche quando c’è un sentimento, anzi spesso soprattutto quando ci si ama, il sesso può diventare un incubo: non per tutti, l’incontro sessuale con il partner è fonte naturale di gioia e appagamento né tantomeno privo di inciampi, deragliamenti, intoppi di ogni genere.

Le tre giovani protagoniste della serie — Monika, la leader, la bad girl carismatica, Natalia, la nerd geniale, e Paulina, l’ex ragazza perbene – hanno appreso l’arte del disincanto e l’hanno fatta fruttare: nella prima stagione, creavano una startup in grado di coprire un buco di mercato e lanciavano un’app che indicasse come ottimizzare le possibilità di raggiungere l’orgasmo. Ora il business è cresciuto, ma le loro capacità di gestione non sono sempre oculate: per convincere un’investitrice a credere nel loro progetto e nella speranza di farlo prosperare, promettono di affiancare a Sexify per donne un’app analoga rivolta agli uomini. Questi ultimi, però, amano sì fare sesso, ma meno parlarne: avere accesso ai loro segreti (e alle loro fragilità) non è impresa facile. 

Quello che gli uomini non dicono (sul sesso)

Maria Sobocinska (Paulina) e Aleksandra Skraba (Natalia), due delle tre protagoniste.

La prima stagione di Sexify contrastava non solo i luoghi comuni, ma anche quelli oscuri intorno alla sessualità femminile, continente nero della psicologia già per uno dei suoi padri fondatori, Sigmund Freud (e, dopo di lui, non è cambiato poi molto). Ora, invece, lo sguardo si allarga a – o meglio torna a posarsi su – un continente maggiormente esplorato, ma ugualmente accidentato: la sessualità maschile confusa non tanto da un’ignoranza sulle modalità di raggiungere il piacere, quanto piuttosto dall’obbligo di raggiungere quel piacere e di darlo.

Se è vero che è difficile disegnare identità femminili singolari e affrancarle dalle molteplici forme d’imbrigliamento del desiderio, è altrettanto vero che anche gli uomini spesso scontano loro prigionie interiori, un machismo radicato nei recessi del pensiero, foriero di un’ansia di rappresentazione, con ricadute significative anche rispetto alla libertà di sperimentare il sesso al di fuori di grammatiche performative e consumistiche. L’appetito bulimico per il sesso, insieme alla moltiplicazione compulsiva delle alternative – di partner, di feticismi, di codificazioni e configurazioni del rapporto -, spesso non facilita l’accesso al proprio desiderio, bensì lo sbarra, talvolta lo copre, lo occulta, lo azzera.

Una serie godibile che non perde smalto, ma a tratti si avvita su se stessa, perdendo compattezza

Sandra Drzymalska nel ruolo di Monika.

Sexify 2 conferma, procedendo in tale direzione, la qualità ideativa mostrata già nella prima stagione: non è frequente imbattersi in una produzione seriale che mantiene, senza mai perderlo, l’equilibrio tra i toni lievi della commedia brillante e la riflessione intelligente, sospesa tra discorso amoroso e sociale. I nuovi episodi continuano un racconto e ne approfondiscono gli argomenti, senza impastoiare con messaggi edificanti la progressione della trama, ma lasciando che lo spettatore tragga da ciò che vede quel che può trarne e riferire alla propria esperienza.

Qualche lungaggine in più, qualche ridondanza – per usare un vocabolo che piacerebbe a Maks, new entry e personaggio tra i più riusciti di questo nuovo capitolo, e ci dispiacerebbe non ritrovarlo in un’eventuale terza stagione – c’è: il plot si avvita a partire dagli episodi centrali e gli intrighi imprenditoriali prendono un po’ troppo il sopravvento sulle vicissitudini relazionali. Gli autori non avrebbero dovuto perdere di vista, e invece a tratti lo fanno, l’intuizione, che si fa lezione, alla base dell’avventura di Sexify, app e azienda: l’algoritmo può dare una mano a massimizzare le possibilità di godimento, ma non può evitare la fatica della sintonizzazione all’altro, della creazione di una lingua di relazione. È più facile godere da soli, ma il piacere autentico si declina solo al plurale, nella forma dell’incastro.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.8