Rudi: recensione della web-serie zombie

Sulla scia di un grande successo festivaliero ecco la recensione della serie web zombie della quale tutti parlano, co-diretta da Calogero Venezia e Piernicola Arena.

Dai primi vagiti sino ad oggi, lo zombie-movie è stato sottoposto a tanti di quegli esperimenti genetici che si fa fatica a risalire al DNA originale. Rielaborato in tutte le salse possibili e immaginabili, il suddetto filone ha dato alla luce nei decenni una miriade di varianti e ibridazioni che hanno reso difficile l’individuazione di uno o più caratteri inediti. Di conseguenza imbattersi in progetti capaci di proporre qualcosa di nuovo laddove si è mostrato e detto tutto, anche una sola virgola in grado di riaccendere l’interesse dei cultori della materia o dei semplici appassionati, è impresa titanica. In tal senso, non si sono registrati passi in avanti nelle ultime stagioni e siamo piuttosto scettici sulla possibilità che ce ne siano da qui alle prossime.

Rudi: la web-serie zombie in tre episodi nata dalla penna di Vincenzo Malara

Non fa eccezione nemmeno Rudi, la web serie co-diretta da Calogero Venezia e Piernicola Arena su script di Vincenzo Malara, che per via del gigantesco archivio di precedenti accumulato in materia non ha potuto suo e nostro malgrado aggiungere qualcosa di veramente significativo alla causa. Limite, questo, assolutamente fisiologico e non imputabile al solo progetto in questione, poiché il livello di saturazione raggiunto dal sotto-genere chiamato in causa impedisce al momento ulteriori importanti passi in avanti in termini di originalità. Ci sentiamo dunque di sollevare la serie web in oggetto dalla responsabilità di dovere smuovere le acque, tenendo ben presente l’alto coefficiente di difficoltà dell’impresa, dovuto in primis all’abbondanza di opere similari in circolazione, poi alla fase di stallo che sta attraversando lo zombie-movie.

Rudi: la ricerca di originalità è  merce rara

Rudi Cinematographe.it

Nello specifico della ricetta di Rudi si possono rintracciare ingredienti narrativi e drammaturgici già utilizzati, che si vanno a sommare di default a quelli ricorrenti e imprescindibili del filone. Per individuarli è sufficiente leggere la sinossi, per poi trovare corrispondenze nella timeline complessiva dei tre episodi (di una ventina di minuti circa cadauno) che vanno a comporre la serie web. Protagonista della storia è Rudi (Christian Terenziani), ex infetto (simile in tutto e per tutto a uno zombie) guarito e liberato dalla sua aggressività e tornato umano. La vicenda si svolge in una Modena reduce da un’epidemia che ne ha decimato la popolazione. Qui decine di ex infetti come Rudi vengono messi davanti a un bivio: andare in esilio per sempre o provare a reinserirsi nella società. Rudi sceglie di tornare a casa ma deve scontrarsi con un mondo che lo guarda con diffidenza, costringendolo ai margini. Ad aiutare il protagonista nella rinascita sarà Camilla, amica speciale, eccentrica quanto lui (Marianna Folli). Intanto, ai confini della città qualcosa di inquietante minaccia di tornare portando con sé un passato terribile.

Per chi ha dimestichezza con prodotti audiovisivi con e sugli zombi, indipendentemente dal formato di appartenenza e dalla destinazione finale, è facile andare a scovare analogie più o meno evidenti con il tv movie Zombies di Paul Hoen (dove il governo crea degli appositi braccialetti per far si che gli zombie controllassero la loro mania di mangiare cervelli), la commedia Fido di Andrew Currie (dove infetti addomesticati e servizievoli, resi mansueti da una collare elettronico, vengono accolti nelle case degli abitanti di un centro urbano), The Girl With All The Gifts dello scozzese Colm McCarthy (in una base militare un gruppo di scienziati fa esperimenti su un gruppo di bambini speciali, bimbetti all’apparenza carini e gentili, anche piuttosto intelligenti, che sono in realtà zombi che si stanno preparando per il reinserimento) o ancora The Cured dell’irlandese David Freyne (dove ex-infetti una volta trovata la cura vengono introdotti nuovamente nella Società, ma vengono ghettizzati e discriminati quel tanto che basta per scatenare una ribellione in una metropoli già di suo instabile e tesa). Insomma, le assonanze con quanto partorito prima a tutte le latitudini sull’argomento non mancano e ce ne sarebbero molte altre. Questo per sottolineare per l’ennesima volta che l’originalità quando si parla di zombi è merce sempre più rara e quindi preziosa.

Rudi: il genere zombie come portatore “sano” di temi delicati e attuali

Rudi Cinematographe.it

Detto questo, Rudi è comunque una coraggiosa e in parte riuscita operazione di ibridazione di toni e colori, che mescola senza soluzione di continuità commedia, dramma e horror. Un mash-up al quale gli autori hanno saputo dare una sostanza nella scrittura e una forma nella messa in quadro. Usare il genere come portatore “sano” e veicolo di temi delicati e in questo caso attuali come l’integrazione, l’accoglienza e la crisi economica, è pratica comune, ma qui si fa senza banalità metafora di “altro”. Un “altro” che fa paura e nel quale nutrire diffidenza, da allontanare e discriminare nel corso del suo cammino di (ri)avvicinamento. In questo, la web-serie emiliana si è dimostrata all’altezza, quel tanto da non prestare mai il fianco a rappresentazioni stereotipate e superficiali che ruotano su e intorno ad argomentazioni già ampiamente dibattute.

La scrittura qui ha il merito di andare al cuore della questione senza futili giri di parole, allargando l’orizzonte drammaturgico anche a temi universali come l’importanza delle relazioni umani e affettive, la seconda chance e la fiducia negli altri. Rudi tratta la materia prima con un tocco leggero che si posa sulle dinamiche e penetra nelle one-lines dei personaggi senza caricarli eccessivamente. Ciò traspare dal primo fotogramma del pilot all’ultimo del terzo e conclusivo episodio di una  stagione inaugurale che si lascia vedere con piacere e alla quale ne auspichiamo una seconda per permetterci di capire quale sarà il futuro del protagonista, di quelli come lui e probabilmente dell’umanità intera che vive oltre le colline modenesi. Nel frattempo, il primo atto ci consegna le chiavi di accesso per entrare nel mondo di Rudi, scoprire quanto dura possa essere per lui la vita in un pianeta inospitale dove trovare barlumi di umanità non è semplice, ma anche quanto difficile sia fuggire dal passato che riemerge prepotentemente. Ne scopriamo strada facendo, tra colloqui di lavoro, opportunità colte e negate, oltre a una linea mistery che regala efficaci colpi di scena che ovviamente non vi sveleremo, un’odissea horror-comedy che al sangue e alle carni lacerate come da tradizione alterna sorrisi colti senza forzature con uno humour intelligente e mai volgare.

Rudi: una horror-comedy che alterna sangue e risate

Rudi Cinematographe.it

Per farlo si passa attraverso una tripletta di episodi che condensa con buoni risultati una struttura narrativa orizzontale nell’insieme ben architettata e dilatata, dove la verticalità dei singoli capitoli partecipa senza intoppi alla composizione del mosaico. Alla scrittura fa seguito una trasposizione di qualità in primis fotografica e di editing, che nelle soluzioni tecniche proposte dalla regia trova una valida spalla. Il lavoro davanti la macchina da presa invece non ha la stessa continuità nella resa, per acquistare una maggiore solidità quando in scena si palesano Giuseppe Sepe (il direttore Martini) e Lino Guaciale (dottore). Nel complesso, Rudi si dimostra un prodotto meritevole di attenzione, capace di bypassare i limiti di budget, ma con qualche défaillance nel comparto effettistica e make-up, ma nulla di così grave da influire sul risultato finale. Lo certifica l’ottimo riscontro in ambito festivaliero sin qui ottenuto e che darà al progetto nuove opportunità di visibilità anche nel 2020, a cominciare dalla proiezione nella prestigiosa vetrina del Simply Indie Film Fest di Oklahoma City.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.4