Reservation Dogs – stagione 2: recensione della serie su Disney+

La seconda stagione di reservation Dogs ci colpisce in viso, commuovendoci episodio dopo episodio

È con gioia che accogliamo la seconda stagione di Reservation Dogs, una serie irriverente ma non per questo meno potente nel dar voce al proprio messaggio. Ideata da Sterlin Harjo e Taika Waititi, la storia ci porta nell’Oklahoma delle riserve dei nativi, dove un gruppo di adolescenti affronta le problematiche del proprio contesto sociale e quelle della loro età. Per fortuna siamo molto lontani dalla becera comicità di Thor: Love and Thunder e i primi episodi sembrano aver alzato l’asticella rispetto la scorsa annata.

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La contestazione sociale è forte e ancora una volta camuffata con battute e satira. Il team composto quasi interamente da nativi americani riesce a dar forma ad un racconto intimo, personale. Alcuni episodi hanno la capacità di trasportarci all’interno della narrazione grazie ad una regia e una recitazione reale e tangibile. I problemi dei protagonisti si fanno qui più complessi e stratificati, come se l’età dell’innocenza lasciasse lentamente il passo a quella della maturità. Eppure, il percorso traumatico del lutto aleggia ancora oscuro sui personaggi. Ognuno di loro deve fare i conti con il passato e i suoi traumi, come dimostrano le storyline di Elora e Bear.

Reservation Dogs 2 - Cinematographe.it

Tuttavia, Reservation Dogs non è solo questo, ma tanto altro. Questo piccolo gioiellino ha il pregio di intraprendere strade differenti senza mai perdere il focus della serie. Alcuni volti ritornano, altri ci lasciano e molti ancora compaiono per la prima volta. La comunità della piccola cittadina dell’Oklahoma acquista anima e corpo, come una mente collettiva che agisce in funzione di una mente collettiva. Lo zio Brownie di Gary Farmer è ormai il comedy relief della serie e noi non possiamo che esserne felici. Intorno a lui ruotano strambi adulti come Bucky e Big, interpretati rispettivamente da Wes Studi e Zahn McClarnon. Reservation Dogs è disponibile su Disney+ dal 4 gennaio.

Reservation Dogs, la seconda stagione alza l’asticella

Rez Dogs 2: recensione - Cinematographe.it

La seconda stagione di Reservation Dogs riprende esattamente da dove avevamo lasciato i personaggi l’anno scorso. Elora è in viaggio verso la California insieme a Jackie (le due erano fuggite insieme), Bear cerca lavoro mentre Willie Jack tenta di spezzare la maledizione lanciata su Jackie. “La cattiva medicina” dell’uomo bianco ha sempre delle ripercussioni, come le lunghe diciture del bugiardino di un farmaco. Lo sanno bene i nativi americani, la cui cultura è stata corrotta e mercificata. “L’indiano” dei film western affronta qui un processo di ribalta, soprattutto nella figura dello spirito di William Knifeman, ma sono gli stessi protagonista a decostruire il mondo che li circonda.

Le figure adulte che li circondano possano solo indirizzarli verso un percorso di scelte, ma soltanto loro potranno dar forma al loro futuro. La stagione li vede inizialmente separati per poi riscoprire il segreto della loro amicizia episodio dopo episodio. Ed è proprio questo il senso più profondo di Reservation Dogs, la forza unificante di un gruppo, il farsi forza a vicenda a prescindere da tutto e tutti, a prescindere da qualsiasi torto subito. In tal senso si può parlare di un amore profondo, dotato del potere di curare anche le ferite più profonde.

Rez Dogs 2  - Cinematographe.it

Sono molti gli episodi che ci hanno strappato non poche lacrime, a partire dalla storyline di Cheesee concludersi poi con il season finale. La serie colpisce direttamente al cuore e alla pancia, fondendo risate e commozione in un equilibrio spiazzante. Anche la cultura nativa torna qui a dar forma ad un mondo ai più sconosciuto, non solo nelle credenze ma nelle routine. Pensiamo agli abiti e ai gioielli delle donne della cittadina, pensiamo ai funerali e all’unione della comunità. È con occhi nuovi che facciamo nostro questo contesto, lasciato per troppo tempo ai margini e disumanizzato dallo stereotipo colonialista. Ed è proprio su quest’ultima tematica che la stagione sembra approcciarsi maggiormente, mostrando anche l’ipocrisia di alcuni nativi. Quest’ultimi fanno capolino nel sesto episodio intitolato Questione di fiducia. Tuttavia, i loro discorsi e metodi sembrano funzionare lo stesso per i protagonisti.

Un racconto intimo che arriva dritto al cuore

Rez Dogs 2 - Cinematographe.it

Reservation Dogs è una di quelle serie che ognuno di noi dovrebbe vedere, non perché esistono prodotti giusti o sbagliati, ma perché in essa viene convogliata una narrazione che va al di là del mero intrattenimento. Disney+ sembra elevarsi a livello contenutistico molto di più di quanto non abbia fatto con la serializzazione Marvel. Se su quel versante sembra aver fallito, dall’altro ha portato sul proprio palinsesto contenuti degni di nota. Basti pensare a The Bear o ad Andor. Tolto lo spin-off di Star Wars, le serie citate non sono produzioni Disney, questo è certo, ma vanno ad impolpare un pacchetto in modo intelligente; almeno qui in Italia.

Come dicevamo, Reservation Dogs punta al cuore ma con naturalezza. Non percorre la via del sentimento in modo forzato, asseconda gentilmente il percorso che i personaggi sembrano aver già scritto per loro. Un coming of age in piena regola, senza fronzoli o merletti a la Netflix. Non abbiamo amori stereotipati, triangoli o indagini, soltanto quattro adolescenti che cercano di ritagliarsi uno spazio nel mondo senza esserne schiacciati. Risiede proprio qui la forza del racconto, nel non assecondare una certa volontà popolare o produttiva a seconda dei casi. Dobbiamo vedere Reservation Dogs come il risultato del lavoro di un artigiano e non di un macchinario dedito alla produzione in serie.

Ogni storyline ha una sua valenza un suo racconto altro rispetto alla trama orizzontale. Guardando il non episodio ritorna il tema delle radici, l’ottavo al rimorso e alla redenzione, il sesto alla nostra umanità. Cheese è l’anima buona, una persona che tenta ogni giorno di essere migliore non per sé stesso ma per gli altri. Ci ricorda come un sorriso e semplici parole gentili possano aiutare chi si ha di fronte. Niente di nuovo, ma che nella messinscena di Reservation Dogs trovano nuova forza e importanza. Ognuno di noi è diverso, come diverse sono le esigenze, lo dimostra Willie Jack con il suo carattere burbero ma dal cuore tenero. La seconda stagione parla anche di decolonizzare, non solo nel linguaggio e nelle figure stereotipate, ma nell’atteggiamento. Che dire, grazie Sterlin Harjo.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 5

4.5