Prisma – Stagione 2: recensione della serie TV Prime Video

Identità fluide, niente confini tra pubblico e privato, affermazione dell'identità nel mondo. Prisma torna con una riuscita seconda stagione, 8 episodi su Prime Video dal 6 giugno 2024. Scrive e dirige Ludovico Bessegato, con Mattia Carrano, Chiara Bordi, Caterina Forza e Lorenzo Zurzolo.

Non era scontato che finisse così. Non era scontato che Prisma tornasse. La seconda stagione è su Prime Video dal 6 giugno 2024, otto episodi, scritta (con Francesca Scialanca) e diretta da Ludovico Bessegato. Non era scontato, il ritorno, perché quello seriale (italiano e non) è un ecosistema competitivo e, molto semplicemente, lo spazio e l’attenzione disponibili non bastano per tutti. Prisma resta, anche nella seconda stagione, una serie che non fa sconti al suo universo e ai personaggi, che non viene a patti con la realtà e va dritta al cuore dei problemi; felicemente complicata. Identità, passioni, desideri, bisogni, fluidità, affermazione; l’archivio delle parole chiave non è cambiato. Ludovico Bessegato presenta il capitolo numero due parlando di “coming out collettivo, nel senso più generale del termine”. Se la prima stagione scorreva nel senso della scoperta e dell’accettazione, stavolta è l’ora dell’affermazione (esteriore) dell’identità. Con Mattia Carrano, Lorenzo Zurzolo, Chiara Bordi, Caterina Forza, LXX Blood, Matteo Scattaretico, Elena Falvella Capodaglio.

Prisma – Stagione 2: sotto il cielo di Latina, quanti desideri, passioni e bisogni

Prisma 2 cinematographe.it recensione

Per capire Prisma, prima e soprattutto seconda stagione, bisogna tornare alle parole del demiurgo, regista e sceneggiatore, Ludovico Bessegato. Guardando alla formula produttiva, l’idea era di rielaborare elementi emersi dal lavoro su una serie affine per temi e prospettive come Skam Italia (da lì viene anche Alice Urciolo, centrale nella prima stagione), per costruire una storia originale nello spirito e italiana, per quanto consapevole del debito di riconoscenza verso le realtà e i modelli che avevano contribuito a definirne l’identità (Skam Italia è la costola di un originale norvegese). E Prisma riusciva, muovendosi sul crinale di una curiosa e vitale ambiguità – originale ma anche derivata – a creare il suo universo di identità malleabili e in continua trasformazione.

Per capire la seconda stagione è opportuno fidarsi di Ludovico Bessegato. Specialmente quando ci ricorda che a esser fluida non è solo l’identità, ma anche lo spazio in cui si manifesta. Il mondo, oggi, Prisma lo racconta bene, non è in grado di esprimere una cesura netta tra pubblico e privato. Seppur con gradazioni, tutto è pubblico; anche l’identità. E ciò che è pubblico, inevitabilmente è anche politico. La posta in gioco della seconda stagione è rendere visibile ciò che fino a questo momento era nascosto. Mattia Carrano ha sempre maggior disinvoltura nel gestire lo sdoppiamento di personalità dei “suoi” Marco e Andrea. Il primo, lontano da Carola (Chiara Bordi), deve capire cosa vuole da se stesso e dalla sua vita. Andrea, lo avevamo lasciato sul finire della prima stagione in autobus con Daniele (Lorenzo Zurzolo), dopo avergli rivelato che c’era lui, non una ragazza, dietro quell’identità social con cui aveva allacciato un dialogo intimo e molto soddisfacente.

Daniele deve fare i conti con una scoperta che rimette in gioco la sua identità dalle fondamenta; letteralmente deve ricostruirsi (se gli andrà, non è così scontato), ora che comincia il dialogo con Andrea alla luce del sole. Contemporaneamente, deve gestire una crisi inaspettata: ripreso in atteggiamenti intimi con Carola, il video è diventato virale, finito nei posti sbagliati, devastando la vita, pubblica e interiore, della ragazza. Lei, subite le conseguenze delle scelte altrui, deve ricostruirsi un equilibrio senza più nascondersi. Al suo fianco l’amica di sempre, Nina (Caterina Forza). Apparentemente è la più equilibrata, la più saggia e matura, quella più in sintonia con la sua identità. Non è così semplice; la posta in gioco del personaggio è una sfida sottile e apparentemente impalpabile che gira intorno alla storia, o al progetto di relazione, con Micol – la interpreta Elena Falvella Capodaglio, che con Matteo Scattaretico e LXX Blood acquisisce sempre più centralità nella storia – che si rivelerà una strada piena di ostacoli, visibili e non. Il filo rosso della serie, nella seconda stagione, è l’affermazione esteriore dell’identità. Latina è ancora una volta Giano bifronte: la madre accogliente, l’ostacolo più grande.

Una seconda stagione con una posta in gioco diversa: l’affermazione esteriore dell’identità

Prisma stagione 2 - Cinematographe.it

Un paradosso interessante dello storytelling, che lo spettatore non è mai tentato di approfondire – vale per il cinema, vale per la serialità, almeno qui tutti i campi si equivalgono – è che non c’è nulla di più radicale e formalmente audace…di ciò che si mostra ai nostri occhi quotidiano, semplice, vero. Prisma è molto di quello che una seconda stagione dovrebbe essere e spesso non è: una storia insieme vecchia e nuova. Esaspera i toni ma non ridiscute l’atmosfera, lavora di fino su temi e idee già rifinite non limitandosi al copia incolla e alla giocata facile, cercando anzi di complicare dove è possibile, mai però in modo incoerente o a spese della leggibilità complessiva.

Prisma torna con una stagione più grezza, cupa e sottilmente aggressiva, modellata su un ritmo, un battito, più uniforme e (deliberatamente) frammentato; il battito della vita, scrupolosamente riprodotto da una narrazione che non cerca lo shock, la scena madre, l’emozione urlata a tutti i costi. Ludovico Bessegato cambia un po’ le carte in tavola, ma non si (e ci) tradisce: se con la prima stagione l’intento era chiarire che l’identità è materia fluida e molto friabile – che insomma, la luna ha un lato luminoso e soprattutto un lato oscuro – dato finalmente per dimostrato l’assunto, l’obiettivo è un altro. Il logico step successivo: illuminare i lati oscuri (perché nascosti) di Marco e Andrea, Carola, Nina e Daniele, mettendone alla prova la tenacia e la volontà di affermarsi, esporsi (alla luce del sole) anche contro il mondo, se necessario. Valutando l’intrinseco potenziale politico dell’identità.

Visibilità è una parola chiave. Per una serie così interessata a prendere di petto i limiti e la sciatteria delle etichette, il rischio è di cadere nella trappola di un diabolico contrappasso. Vero che il pubblico giovane, per temi, inclinazione e affinità generazionale è il target di riferimento di Prisma; è però altrettanto vero che, puntando troppo su questa affinità, si finisce senza volerlo per inibirne il potenziale e l’appeal. Non si tratta, come lo stereotipo potrebbe suggerire, di una serie per soli giovani. Perché l’identità è un fattore complesso, sempre. Perché le trasformazioni che attraversano il corpo e l’interiorità dei protagonisti non si esauriscono con gli anni che passano, ma si fanno solo più sorde e attutite. Perché guardare il mondo dei figli, a maggior ragione quando si fatica a capirli, aiuta a trovare gli strumenti giusti per comunicare. Prisma si sforza, con la seconda stagione, di costringerci a allargare lo sguardo. In tanti modi, alcuni più difficili da cogliere. Forse i più importanti.

Prisma – Stagione 2: conclusione e valutazione

Prisma torna con una seconda stagione più grezza e affilata, più brutalmente realistica della prima. La partita è diversa, la posta in gioco è l’affermazione esteriore, visibile, di un’identità fino a questo momento nascosta o non compresa fino in fondo. Vale per Mattia Carrano e i suoi due gemelli, Marco e Andrea, confusamente definiti (!) negli obiettivi e nel potenziale da sviluppare. Vale per l’apparente solidità di Nina/ Caterina Forza, che oltre il suo apparente equilibrio e la sua maturità ha una grossa sfida davanti. A Chiara Bordi è affidato il compito più delicato, tratteggiare un carattere, quello di Carola, oltraggiato da una gravissima violazione dell’intimità, restituendone il dolore, il senso del trauma, senza cadere nel pietismo e nel ripiegamento su se stessi. Lorenzo Zurzolo è il perfetto anello di congiunzione tra la prima e seconda stagione. Il “suo” Daniele deve imparare a scoprire una parte di se stesso e poi renderla visibile, con tutte le conseguenze del caso. Prisma capitolo due è la stagione delle conseguenze, la partita dell’identità da affermare nel mondo, insieme al mondo o, nei casi più estremi, contro il mondo. In questo caso, il viaggio conta quanto la meta. Sono entrambi interessanti.

Regia: 3,5

Sceneggiatura: 3,5

Fotografia: 3,5

Recitazione: 3,5

Sonoro: 3,5

Emozione: 3,5 Voto: 3,5