Palpito ‒ Stagione 2: recensione della serie tv Netflix

Dal 19 aprile torna con una seconda stagione (e un altro cuore da 'salvare') la serie colombiana Palpito, telenovela dai contorni thriller creata da Ana Piñeres che, a quanto pare, piace ancora tanto al pubblico di Netflix.

Tutto si sperava tranne che al rinnovo per una seconda stagione di Palpito. Non lo si sperava, ma a vedere il numero di spettatori che hanno seguito per settimane tutte le quattordici puntate uscite su Netflix nell’aprile di un anno fa, un po’ c’era da aspettarselo. Dopo una platea di occhi al cielo, soprattutto occhi critici che l’hanno unanimemente decretata come la peggior serie del 2022, dal 19 aprile è disponibile il secondo capitolo della telenovela creata da Ana Piñeres e diretta da Camilo Vega, intenta pedissequamente a reiterare non solo lo stile soap-operistico dell’enfasi struggente e la cornice finto thriller dei buoni vs. cattivi (e dei buoni costretti a diventare cattivi), ma anche e soprattutto la trama cardiochirurgica stessa: anche stavolta c’è un cuore da ‘cacciare’ ed esportare e uno, chiaramente, da trapiantare.

Palpito: batticuori melò nella serie colombiana di Netflix

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Il suddetto organo ‒ che in Palpito prima stagione era stato illegalmente espropriato dal petto sano di Valeria, madre e moglie uccisa perché caduta nella tela della mala locale affiliata al traffico di organi, poi impiantato in quello di Camila (Ana Lucía Domínguez), fotografata malata da tempo in attesa di un donatore ‒ nella seconda, riguarda invece il giovane corpo di Samantha (Valeria Emiliani), figlia maggiore di Simon (Michel Brown), la quale inizia a progressivamente ad indebolirsi dopo aver assunto a sua insaputa dei farmaci pericolosi prescritti dalla sua psicologa, che si scoprirà essere complice dell’impietoso progetto vendicativo del leader dei trafficanti Sarmiento (Juan Fernando Sanchez).

In un bailamme prevedibile di concatenarsi di minacce e ripicche, corruzioni politiche e morti inscenate, fughe a Istanbul e poliziotti talpa, i nuovi episodi puntano tutte sulle conseguenze della gelosia di Zacarias (Sebastián Martínez) nei confronti dell’ex moglie Camila, ormai perdutamente innamorata di Simon forse perché il cuore che ora le batte nel petto ha mantenuto in memoria quel sentimento tanto forte provato da Valeria stessa per il marito quando era ancora in vita, in una sorta di teoria sull’eredità biologico/cellulare che dovrebbe giustificare buona parte dell’intreccio, sfidando ancora la nostra sospensione d’incredulità ormai messa in pausa sin dal primo episodio.

De gustibus

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Ovviamente, questa non è la sola cosa assurda che ci propinano gli autori. Solo il fatto di aver ricorso al bisogno di duplicare la necessità di un nuovo trapianto nel giro di una stagione, e soprattutto all’interno di un nucleo familiare di quattro persone (di cui una morta), evidenza l’illogicità e la limitatezza creativa di un prodotto che ormai ha oltrepassato di molto i confini del trash, tra scene di sesso glamour completamente non necessarie ai fini del racconto, la rappresentazione kitsch che fa dei cattivi, la messa in scena popolaresca e dozzinale dalla scelta dei costumi alla colonna sonora.

Ma sembra che Palpito, di questa sua sguaiatezza, ne vada in fin dei conti fiera. Rimane orgogliosamente ancorato ai suoi aspetti più criticati, anzi ne calca di molto la mano, e ci riconsegna un Sudamerica arcaico, con uomini ossessionati dal potere e dal sesso, e donne vittime della loro pervasività, seguendo lo schema classico delle soap (l’azione che si interrompe spesso per ricapitolare tramite dialoghi ciò che è successo; il voiceover esplicativo della protagonista Camila; gli inserti barocchi simil-onirici della presenza di Valeria che aleggia eterea nel bel mezzo di una scena; frasi a effetto del calibro ‒ lo dicono davvero ‒ “La vergine Maria ed io siamo simili: abbiamo entrambe uno figlio risuscitato”).

Eppure, l’ultima parola come sempre spetta al pubblico sovrano. La serie è in top 10 dei più visti dal giorno della sua uscita, appagando i gusti di una caparbia fetta di abbonati affezionati alle modalità schematiche ed elementari che offre questa stramba produzione. Non c’è nulla di cui stupirsi e nemmeno da storcere il naso: la telenovelas è viva più che mai e non accenna, per nulla, a mollare la presa.  

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 1.5
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.8

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