Outer Banks: recensione della serie TV Netflix

Recensione di Outer Banks, la serie young adult di Netflix tra mistero e teen-drama ambientata nella costa del Carolina del Nord

Che i prodotti a target giovanile siano i prediletti di Netflix non è una novità, emblema ne è il successo di titoli quali Elite e Riverdale. Ora ad arricchire il catalogo del colosso dello streaming arriva la nuova serie creata da Jonas Pate, Josh Pate e Shannon Burke, che ne sono anche i produttori esecutivi, ovvero Outer Banks, il cui nome deriva dalla zona costiera del Carolina del Nord, dove per altro è ambientato lo show. Una serie che richiama molto le produzioni televisive degli anni ’90 e inizio Duemila, rievocando teen drama come The O.C., Dawson’s Creek e One Tree Hill. Alla componente relativa alle tematiche adolescenziali vengono poi aggiunte delle dinamiche più prettamente thriller e un’avventura che fa da filo conduttore della vicenda, mescolando così l’azione al classico coming of age.

Outer Banks unisce mystery e teen drama nel raccontare la caccia al tesoro di John B e i suoi amici, nella faida tra Pogues e Kooks

La storia attorno a cui si sviluppano i dieci episodi di questa prima stagione vede protagonisti un gruppo affiatato di quattro adolescenti, che si fanno chiamare Pogues. John B, JJ, Papa sono giovani di modeste origini e con vari problemi alle spalle, mentre Kiara rifugge la sua famiglia benestante per una scelta di vita alternativa assieme ai suoi amici. A questi si contrappongono i Kooks, ragazzi figli delle famiglie agiate e delle èlite locali, tra di loro anche Sarah, la quale però lega poi un rapporto con John B. Alla base dello sviluppo della vicenda c’è la sparizione del padre di quest’ultimo, ucciso probabilmente in mare aperto da un uragano ma mai ritrovato. John B, che non si da pace, cerca chiarimenti sulla sua scomparsa innescando una serie di avvenimenti a catena, tra atti illegali e avventure impreviste. La ricerca del padre, la caccia ad un tesoro legato ad una nave affondata moltissimi anni prima, le storie d’amore proibite e il crescente conflitto tra i Pogues e i Kooks trasformano l’estate dei protagonisti in qualcosa che cambierà la loro vita e gli equilibri degli Outer Banks.

La serie dei fratelli Pate e Shannon Burke ha luci e ombre, riuscendo a coinvolgere ma non mancando di alcuni difetti

Quello che ci viene offerto è un lavoro che sa di già visto per molti aspetti, ma che tuttavia riesce ad avere un suo trasporto e una sua dimensione. L’andamento della serie è ondivago, con alcuni momenti riusciti ed altri meno, la partenza è in sordina e il tutto stenta ad ingranare adeguatamente nel corso dei primi episodi. Pressoché intorno alla metà però lo show si incanala sul binario giusto e tutto sommato il meccanismo narrativo scorre, riuscendo a coinvolgere e a creare anche una certa tensione in alcuni passaggi. Sicuramente non mancano le banalità e gli stereotipi, quali certi dialoghi melensi e stucchevoli e l’estetica da baywatch dei protagonisti, tutti bellocci con capelli sempre a posto e fisici scultorei, pronti a sfoggiare addominali e forme da modelli. Va inoltre fatto un notevole sforzo per portare al massimo livello la sospensione dell’incredulità viste le molteplici situazioni quanto mai improbabili in cui ci si imbatte e il fatto che i sedicenni al centro della storia sembrino decisamente parecchio più adulti della loro reale età, salvo quando compiono le classiche trasgressioni giovanili e si inseriscono in relazioni amorose dal sapore adolescenziale. Outer Banks poi pecca in un’eccessiva dilatazione che amplia inutilmente in certi tratti le dinamiche e sconta qualche passaggio ripetitivo (vedi scazzottate reiterate). Ciò nonostante la serie riesce ad unire in una maniera tutto sommato godibile mystery e racconto di formazione giovanile.

Outer Banks imbastisce un discorso sulla disparità tra persone provenienti da ceti sociali differenti con qualche stereotipo di troppo

Immerse in un’atmosfera suadente e in un’ambientazione esotica, trame e sotto-trame si dipanano variando i registri stilistici con una discreta disinvoltura che – al netto delle limitazioni già evidenziate – fa scorrere la visione, incuriosendo di volta in volta su come si risolveranno le situazioni venutesi a creare. Pur non dandogli uno spessore completo, si costruisce comunque un discorso sulla contrapposizione tra classi sociali, cercando di affrontarne la complessità attraverso le interazioni giovanili. Così come si crea un quadro delle dinamiche relazionali tra adulti e ragazzi che può certamente appassionare i giovani stessi e farli riconoscere in una determinata dimensione, per quanto i caratteri dei protagonisti e i loro contorni sociali vengano eccessivamente imbrigliati in stereotipi e forme monodimensionali da cui faticano a uscire. L’insieme della serie risulta essere un mix di azione e ricerca della realizzazione personale di John B e degli altri ragazzi al centro del racconto, ma soprattutto nella seconda parte dello sviluppo narrativo avvengono un’immersione nella vicenda e un trasporto effettivo, facendo scaturire un interesse per le sorti dei protagonisti, nonostante la bulimia narrativa che non riesce a sviluppare adeguatamente tutti i fili tesi.

Outer Banks ha uno sviluppo non adeguatamente equilibrato, ma è comunque una serie coinvolgente

Mancano talvolta le giuste focalizzazioni, con da una parte alcune superflue stiracchiature e dall’altra passaggi eccessivamente stringati su alcuni personaggi e ciò che vi gravita attorno, non definendone una sufficiente realizzazione che sfrutti i momenti in cui questi potrebbero essere maggiormente approfonditi. È d’altro canto evidente che la serie sia pensata, come conferma anche il finale aperto, per un’espansione su più stagioni e quindi resta l’auspicio di un futuro migliore equilibrio tra le varie parti dell’impianto del racconto e di un loro sviluppo adeguato. Outer Banks è un prodotto altalenante, con del potenziale evidente – soprattutto se pensato nei confronti del target di riferimento – ma che può essere meglio gestito e modulato. Una serie la cui visione non convince pienamente ma che funziona in vari passaggi e complessivamente appaga nelle sue parti thriller e action, meno in quelle sentimentali e legate alla sfera relazionale, ancora acerbe e manchevoli delle giuste sfumature. In definitiva un lavoro con alcune luci e varie ombre, ma che tutto sommato sa coinvolgere, soprattutto dal momento in cui cambia marcia e dà una consistenza più convincente al ritmo del suo intreccio.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.8

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