Miskina: recensione della serie TV su Prime Video

L'attrice e comica franco-algerina Melha Bedia riafferma l'autoironia e il divertimento del non prendere troppo sul serio sé stessa e il suo corpo, come ha già fatto in Forte, per interpretare, scrivere e dirigere una serie a tratti autobiografica sulla sua vita da 'Miskina' (poverina). Su Prime Video dal 21 ottobre.

Il significato del termine arabo ‘miskina‘, letteralmente ‘poveretta’, detto non nel senso economico ma sgarbatamente commiserevole, lo avevamo imparato già su Netflix, quando nel marzo di quest’anno usciva la comedy olandese La rivincita di Leyla, opera prima della regista franco-israeliana Daria Bukvic. Nel film si raccontava dello stallo sentimentale della protagonista Leyla per l’appunto, una trentenne ansiosa, rimasta single dopo un matrimonio fallito che l’aveva resa un po’ lo zimbello della sua numerosa, impicciona, implacabile famiglia marocchina, e il suo tentativo di emanciparsi dalla stessa, provando per una volta e controcorrente ad imboccare una propria, personale strada alternativa di felicità.

Ma nonostante le premesse anche di arrivo, La rivincita di Leyla risultava una comedy grossolana e fondamentalmente incompiuta, dove a mancare era un vero e proprio arco narrativo, lì solamente accennato e sfuggito ad un gusto annacquato di fiaba romantica non proprio moderna.

Sempre sulla parola ‘miskina’, stavolta chiaramente inserito a chiare lettere nel titolo, la comica e attrice francese Melha Bedia ora ne fa una serie comedy in otto episodi da mezz’ora ciascuno, tutti disponibili su Prime Video a partire dal 21 ottobre. Un’operazione la sua a tutto tondo, perché oltre a recitare contribuisce pienamente nella stesura dello script, concettualmente autobiografico, e nella direzione alla regia assieme a Anthony Marciano.

Fara e la sua vita complicata da ‘miskina

Anche lei, come la suddetta collega di finzione, è la poverina di casa; quella senza marito né fidanzato, né tantomeno ambizioni professionali, che vive ancora in casa con la mamma e la nonna, immobile mentre le altre si muovono, come invece fa da sempre la sorella minore Safia (Shirine Boutella), affermata in carriera e ora novella sposa del neo-musulmano Maxime (Victor Belmondo). In soprappeso e non a proprio agio col mondo che la circonda, Fara per risolvere i problemi (suoi e degli altri) combina casini senza concludere granché, criticata dai parenti per il suo non essere ‘abbastanza come le altre’ e per non essere ‘abbastanza musulmana’. Sarà un viaggio alla scoperta delle proprie radici e una riappacificazione paterna che sembrava impossibile, a dare a Fara la sicurezza sufficiente per rivelare i propri sentimenti, provando a credere un po’ più in sé stessa e divenire così finalmente un’adulta.

Melha Bedia è (ancora) troppo Forte

miskina recensione cinematographe.it

Perfetta nel suo ruolo di loser cinica e sognante che ispira simpatia e ci avvicina all’ empatia, Melha Bedia riprende le (s)comode vesti del suo precedente personaggio visto in Forte, trasferendo quell’inclinazione alla sfortuna e quell’aria sorniona di Nour all’interno un’ambiente stretto e definito, multigenerazionale e multiculturale come quello della grande famiglia franco-algerina al centro della serie. Ritrovando infatti quegli stessi punti infallibili del film di Katia Lewkowicz, quali la mancanza e lo spaesamento, la qui attrice, creatrice e regista non tradisce sé stessa e il suo pubblico affezionato, approfondendo stavolta le intricate dinamiche familiari tessute sulle tradizioni islamiche così fortemente radicate nei numerosi nuclei d’immigrati nella Francia popolata e periferica di oggi.

Il racconto infatti punta moltissimo sul gioco dell’esposizione e dell’ironia degli usi e costumi algerini trasferiti in Europa, dal cibo ai riti di preghiera, dalla superstizione ai versetti del Corano, e di come sia difficile allontanarsene per i più anziani, detentori di saggezza e di folklore, mentre quelli più giovani devono faticosamente imparare a conviverci.

Autoironia e consapevolezza nella serie su Prime Video Miskina

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Un percorso di esplorazione e comprensione del sé lontano dal comfort dei propri affetti che Fara ancora non ha pienamente abbracciato, ma soprattutto che la serie fatica ad ingranare, non sempre restituendocela come protagonista assoluta del suo stesso coming-of-age e sviandolo piuttosto verso una comicità onirica e fumettistica non sempre funzionale al racconto.

Chiuso in un finale cliffhanger che apre già le porte ad una seconda stagione, la prima parte di Miskina forse avrebbe dovuto soffermarsi più sul concetto chiave di ‘poverina’ e sul cosa vuol dire essere il caso disperato di casa, invece che rincorrere la risata sprecando sforzi creativi e minutaggio prezioso. Eppure, bisogna riconoscere che Melha Bedia ha un’autoironia da ammirare, un umorismo sui propri difetti e sulle proprie idiosincrasie sulle quali ha costruito un’intera carriera. Cosa affatto banale in un mondo che rimarca canoni di perfezione e autocompiacimento, soprattutto nelle neo-attrici d’oltreoceano non sempre disposte a rivelarsi nell’errore e nella decostruzione del proprio ideale.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.7